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Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
«Noi egiziani abbiamo creato un problema con l'assassinio», ha esordito Abdel Fatah Al Sisi. E per un momento è sembrata un' apertura o un' ammissione sull' omicidio di Giulio Regeni, ma invece no. Il «problema» sono i media egiziani - ha spiegato il presidente - mentre i servizi di sicurezza sono innocenti.
In un discorso trasmesso in diretta tv dal palazzo presidenziale il raìs ha ripetuto ieri che i responsabili della morte del ricercatore italiano sono non meglio precisate «persone malvagie». L'Egitto mantiene così la sua linea: la pista criminale oppure un complotto dei «nemici della nazione», nonostante gli attivisti per i diritti umani e gli esperti abbiano osservato che i segni di tortura sul cadavere di Regeni ritrovato il 3 febbraio scorso combaciano con il modus operandi dei servizi di sicurezza.
Anche l' Italia manterrà la sua linea: il nostro governo non ha reagito ufficialmente ieri, volendo credere che il messaggio di Al Sisi sia rivolto all' interno, ma sembra evidente l' intenzione di dare al Cairo 15 giorni dal richiamo per consultazioni dell' ambasciatore Massari avvenuto sabato scorso. Se in queste due settimane l' Egitto non presenterà una risposta concreta, nuove misure potrebbero colpire turismo e intese culturali.
L' altro ieri il ministro degli Esteri Sameh Shoukry ha dichiarato che Il Cairo potrebbe consegnare agli investigatori italiani i tabulati dei telefoni cellulari nella zona della sparizione di Giulio e del ritrovamento del corpo, citando la possibilità di aggirare i presunti ostacoli di incostituzionalità, esaminando questi dati all' interno del Paese. Ma ha anche aggiunto che l' inchiesta potrebbe richiedere del tempo.
Per la crisi con l' Italia, intanto, Al Sisi addita come responsabili i media locali. Gli investigatori egiziani hanno agito con la «massima trasparenza» - ha sostenuto - ma «gli amici italiani non credono alla nostra magistratura a causa della nostra stampa che ripete come un pappagallo le bugie architettate nei meandri dei social network».
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
Bugie che, ha spiegato, mettono la nazione a rischio. «Non appena è stata annunciata la morte di quel giovane, la gente tra noi ha detto che era opera delle agenzie di sicurezza egiziane… mentre è opera di persone malvagie tra noi. Noi egiziani abbiamo iniziato a diffondere queste speculazioni e menzogne, e abbiamo creato un problema per noi stessi, un problema per l' Egitto».
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