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Fabio Tonacci per “la Repubblica”
Flavio Briatore e Adriano Galliani sono tra i nuovi nomi italiani contenuti nei Panama Papers, i documenti riservati dello studio Mossack Fonseca alla base dell’inchiesta del consorzio giornalistico di cui fa parte l’Espresso
Flavio Briatore, Silvio Berlusconi, Stefano Pessina. E poi, Adriano Galliani ed Emanuela Barilla. Mentre a Parigi si prepara il vertice internazionale delle agenzie fiscali per creare una task force che setacci uno per uno i Panama Papers, dal leak di documenti riservati dello studio Mossack Fonseca escono società riconducibili ai cognomi più noti dell’imprenditoria italiana.
BERLUSCONI E BRIATORE A MALINDI NEL 2012
E ancora una volta si parla di Briatore, presente anche nella lista Falciani e condannato in primo grado per reati fiscali legati al suo yacht. Lo scrive nell’edizione di domani l’Espresso, che in esclusiva per l’Italia partecipa al consorzio di giornalisti investigativi Icij e ha potuto analizzare i Panama Papers.
Alle Isole Vergini Britanniche spunta la Sport Image international, società della galassia di Berlusconi che una ventina di anni fa fu coinvolta in un’indagine giudiziaria per pagamenti in nero ad alcuni calciatori del Milan, tra cui Gullit e Van Basten. Come amministratori della Sport Image sono indicati Adriano Galliani e altri due manager a quell’epoca targati Fininvest: Giancarlo Foscale e Livio Gironi.
Berlusconi Galliani e Katarina Knezevic a San Siro Da Novella
Struie invece è una cassaforte creata da Mossack Fonseca, di cui - secondo l’Espresso - si sono serviti sia Berlusconi sia Flavio Briatore, anche se i loro nomi non compaiono in chiaro. Fu l’avvocato inglese David Mills, quello del caso All Iberian, a mettere la Struie a loro disposizione, progettando un sistema offshore da 775 milioni di euro per conto del capo della Fininvest.
Briatore, dunque. Quando il suo nome spuntò nell’elenco dei 7.499 correntisti della filiale svizzera della Hsbc, svelato dal tecnico informatico Hervé Falciani, non fece una piega. «Evasore io? Veramente dovrebbero darmi una medaglia», dichiarò. Non si scompose nemmeno quando venne fuori che alla sua cuoca, al tempo in cui faceva il direttore della Renault in Formula Uno, era intestato in Svizzera un conto da 39 milioni di euro. La batosta però è arrivata nel luglio scorso: un anno e undici mesi di condanna con la condizionale per aver usato il suo mega yacht Force Blue in acque territoriali italiane per quattro anni senza versare 3,6 milioni di euro di imposta.
Anche Emanuela Barilla, azionista del gruppo della pasta, risulta avere una società offshore, la Jamers International, alle Isole Vergini. Invece il pescarese Stefano Pessina, uno dei più importanti manager dell’industria farmaceutica, controlla insieme alla compagna Ornella Barra una offshore dal nome che è tutto un programma: Farniente holding.
Per tutti vale il discorso già fatto per gli altri nominativi usciti dal calderone Panama: perché ci siano reati bisogna dimostrare che le offshore sono state tenute nascoste al fisco italiano. In attesa della task force di Parigi, il procuratore panamense Javier Carvallo ha mandato la polizia a perquisire lo studio Mossack Fonseca, in cerca di attività illecite.
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