DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Guido Olimpio per “Il Corriere della Sera”
Washington e Pechino l’hanno inseguita per più di dieci anni, dalla Cina all’Italia, all’Europa, agli Stati Uniti, dove la sua fuga ora è finita. Era la numero uno nella lista dei 100 fuggiaschi ricercati nel mondo dal governo di Pechino, tutti funzionari governativi corrotti che hanno lasciato la Cina con centinaia di milioni rubati.
Yang Xiuzhu, 68 anni, era la vice sindaco della città di Wenzhou (tre milioni di abitanti) un personaggio di primo livello nella nomenclatura comunista. Un giorno del 2003 era scomparsa, con 40 milioni di dollari. E da allora era diventata una Primula Rossa, braccata anche dai servizi segreti, occidentali e cinesi, perché la signora data la sua posizione era a conoscenza di informazioni impagabili. Una lunga latitanza conclusasi con la detenzione nel New Jersey, ultimo capitolo di un’avventura con risvolti da spy story. Anche oggi c’è chi immagina un improbabile colpo di scena. Hanno arrestato una donna con quel nome, ma siamo sicuri che sia proprio lei? Il Partito, però, non sembra avere dubbi sull’identità di una donna molto abile a seminare i «cacciatori».
Miss Yang, in questi anni, è stata segnalata anche in Italia. Difficile dire quanto fosse fondata l’informazione. Raccontavano di un possibile nascondiglio tra Prato e la Chinatown di Milano. Si favoleggiava che si fosse sottoposta ad una plastica facciale. Pechino spedì una squadra di poliziotti in incognito a Milano che esercitarono forti pressioni sulla loro comunità perché collaborasse alle ricerche. Ma non riuscirono all’epoca a superare un muro d’omertà.
Il governo premeva, voleva scovarla ad ogni costo e battere sul tempo un possibile piano dell’intelligence occidentale per metterla al sicuro. I cinesi — secondo una nostra fonte che all’epoca seguì il caso molto da vicino — le provarono tutte, arrivando anche a minacciare di bloccare accordi commerciali con l’Italia. Ma la donna riuscì a scomparire di nuovo, inseguita dalle «ombre» e da voci inverificabili.
Compresa quella che fosse stata aiutata da qualche servizio a nascondersi in Olanda dopo un passaggio in Austria. E in effetti la Primula Rossa venne arrestata proprio a Amsterdam il 14 maggio del 2005. Qui è rimasta fino ad un anno fa, riuscendo poi a evadere. Le autorità avevano appena respinto la richiesta d’asilo aprendo il procedimento per l’estradizione. È probabile che abbia cercato protezione negli Stati Uniti, Paese dove aveva investito denaro, forse con l’aiuto di alcuni parenti.
Tra il 1990 e il 2011, secondo le autorità cinesi, 18 mila funzionari corrotti di vario livello sono riparati all’estero, con 800 miliardi di yuan di bottino, ossia 140 miliardi di euro. Secondo altre fonti il frutto della grande rapina sarebbe addirittura di 2.800 miliardi di euro. Per questo, a partire dal 2012 quando è arrivato al vertice del potere, il presidente Xi Jinping ha lanciato una implacabile campagna anticorruzione in patria e una caccia spietata ai fuggiaschi nel mondo.
La Commissione centrale per la disciplina del partito, la santa inquisizione comunista, ha coniato un nome suggestivo per l’operazione: «Caccia alla Volpe». Sono state inviate all’estero 40 squadre di investigatori e dal 2014, 680 volpi sono cadute nella rete in 69 Paesi, dalle Fiji alla Spagna. Ha collaborato anche l’Italia, che a fine gennaio, prima in Europa, ha riconsegnato una donna. Pechino sa che la maggior parte dei ricercati risiede negli Stati Uniti e in Canada, dove si è rifatta una vita e conta sul fatto che di solito gli avvocati nordamericani hanno buon gioco a difendere i loro clienti dal rimpatrio, perché in Cina la polizia usa spesso la tortura per ottenere piene confessioni e pentimento.
Per questo Pechino sta premendo su Washington per stringere un’intesa. E a fine aprile, per richiamare l’attenzione, ha pubblicato una lista dei 100 «most wanted», i super ricercati, ribattezzando la caccia «Sky Net». Al primo posto una foto in bianco e nero della ex vice sindaco di Wenzhou, subito caduta nella rete.
Osservatori occidentali sono convinti che la lista dei 100 non contenga i nomi più importanti: quelli, Pechino li terrebbe segreti perché se cadessero nella rete all’estero potrebbero rivelare fatti imbarazzanti per il partito-Stato. E magari, in questo momento di tensione alimentata dalla sfida marittima Usa-Cina, l’intelligence americana potrebbe cercare un accordo con gli «ospiti». Dite quello che sapete ed eviterete non solo la prigione ma anche il rimpatrio. Oppure si trasformano nelle pedine di un baratto e i latitanti sono rispediti in patria.
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