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Estratto dell'articolo di Agostino Gramigna per il "Corriere della Sera"
CAMBIARE ROTTA - PROTESTA A GENOVA
«Non possiamo accettare di vivere in un’università che ci costringe a subire dinamiche malate». L’università è quella di Genova. La parole invece appartengono alle bocche di due studentesse del collettivo comunista “Cambiare rotta”, che da tre giorni sono incatenate alle colonne del palazzo del rettorato.
Chiedono uno sportello antiviolenza nell’università e lamentano di non essere state ricevute dal rettore Federico Delfino. Circostanza, questa, smentita dal rettore. Che ieri sera ha incontrato il collettivo. Ma andiamo con ordine La querelle è imperniata su una vicenda giudiziaria, emersa a fine ottobre, che ha scosso Genova. Parliamo del caso del professore di Architettura (indagato) che realizzò un fotomontaggio pornografico servendosi delle fotografie dei volti di sei studentesse.
L’Ateneo sospese subito il professore. Ma Cambiare rotta sostiene che la crepa emersa è solo una minuscola porzione di un sistema universitario malato. L’Università ha un’altra visione della realtà. I fatti, fanno sapere, non si possono leggere con una sola lente.
Nei giorni scorsi, la prorettrice Nicoletta Dacrema ha ricordato che esiste già una consulente di fiducia (una sorta di punto di ascolto), contestato però da Cambiare rotta: «Risponde dopo tre giorni». Con il passare delle ore la protesta si è arricchita di polemiche politiche (sostegno alle studentesse dal Pd, attraverso la vice capogruppo alla Camera Valentina Ghio) e di prese di distanza.
Come quella delle sei studentesse vittime dei fotomontaggi erotici del professore di Architettura. «Non stiamo collaborando con Cambiare rotta — hanno fatto sapere — con questa inutile caccia alle streghe. Cavalcano l’onda dello scandalo, promuovendo disinformazione e ignorando l’iter legislativo». [...]
Il rettore ha invitato le due studentesse a lasciare l’ateneo. «Ragioni di sicurezza». Per ora restano lì. Con le tende canadesi nel cortile.
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