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Martina Pennisi per www.corriere.it
Trentatré milioni di cittadini e cittadine in possesso di un documento italiano hanno un’identità digitale Spid, con la quale possono accedere ai servizi online delle Pubbliche amministrazioni per effettuare pagamenti, iscrizioni o accedere a bonus.
Sabato scorso, intervenendo all’iniziativa per i 10 anni di Fratelli d’Italia a Roma, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica Alessio Butti ha dichiarato l’intenzione di «spegnere gradualmente Spid che raccoglie una serie di identità digitali e facilitare l’azione delle nostre imprese e dei cittadini con la Pubblica amministrazione. D’accordo tutti dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e avere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale».
Cosa vuol dire? E cosa può significare, a livello pratico, per i 33 milioni che hanno già Spid?
Prima di provare a rispondere è utile ricordare cosa sia e a cosa serva la Carta di identità elettronica (Cie): attivata già da più di 32 milioni di persone, è l’evoluzione del documento cartaceo. Si presenta come una carta di pagamento e ha due microchip contenenti i dati personali del titolare e le informazioni per autenticarsi online.
Quindi: per accedere al sito di Inps o a quello dell’Agenzia delle entrate, per esempio, si può usare sia Spid sia la Cie, con la seconda che fornisce un livello di sicurezza in più. Attenzione, però, da smartphone l’autenticazione è molto rapida in entrambi i casi: si tratta solo di inserire codici o avvicinare la carta al telefonino. Mentre da pc fisso chi usa Cie deve avere un dispositivo in più (un lettore di smart card) con un software dedicato.
Cosa vuole fare Butti? Stando alla sua dichiarazione, sembra intenzionato a spegnere/chiudere Spid e rendere la Cie l’unico strumento per autenticarsi sia online sia offline. Suona anche comodo, lato cittadino, se si superasse lo scoglio del dispositivo aggiuntivo per l’accesso al pc.
L’idea di far convergere i due strumenti, fornendo le credenziali Spid a chi fa la carta di identità elettronica, e far gestire tutto dallo Stato era fra l’altro già stata messa sul tavolo dal governo Conte II e della ministra per l’Innovazione Paola Pisano.
Il problema è: quando Butti dice «spegnere» intende che i 33 milioni di identità digitali già attive spariranno? (!) Oppure che confluiranno nel progetto Cie, gestito da ministero dell’Interno e Comuni?
Se l’ipotesi è la seconda, ci si domanda come?: Spid viene erogata dai cosidetti Identity provider (Poste, usato nella quasi totalità dei casi, ma ci sono anche Aruba, Tim, Intesa e altri). Come avverrebbe la migrazione? E verso quale destinazione: perché non esiste un gestore pubblico deputato a occuparsene, al momento. In ottica convergenza, Pisano voleva inizialmente coinvolgere la partecipata dal ministro dell’Economia PagoPa — piano fallito — e aveva poi virato verso un ipotetico potenziamento degli Identity provider — secondo piano fallito —, perché c’è anche un tema di costi e investimenti, se si ci si appoggia anche ai privati. E, ripetiamo, non si parlava di spegnimento di Spid ma convergenza fra i due strumenti, utile anche ad avere in un unico pacchetto il livello di sicurezza richiesto da Bruxelles per l’identità digitale europea che dovrebbe vedere la luce nel 2025.
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