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Viola Giannoli per “la Repubblica - Roma”
Doveva essere la cittadella della musica in cui mixare «una sinfonia di Mozart con un musical di Broadway, un concerto rock con le note di un cantautore». E invece Fonòpoli è diventata per Roma come la Salerno-Reggio Calabria o il ponte sullo Stretto. Una piccola Atlantide sommersa da 24 anni di annunci, promesse, progetti monchi e investimenti a fondo perduto.
Sembrava aver capitolato persino il suo ideatore, Renato Zero: «Ci ho rinunciato», confessò l’anno scorso. Quasi una liberazione, dopo più di vent’anni di tormentone. E invece sabato, super ospite all’Ariston per la finale del Festival di Sanremo, l’artista ha ritirato fuori la sua fantasia più grande: «Avevo un sogno che era Fonòpoli, ma tre sindaci non sono riusciti a realizzarlo».
Dal primo annuncio in Rai nel ‘92 il progetto è passato nelle mani di Rutelli, Veltroni e Alemanno. Solo Marino è riuscito a schivarlo. Una staffetta politica che è andata di pari passo con l’odissea geografica: nel ‘93 Fonòpoli doveva sorgere al Divino Amore, nel ‘96 a La Rustica prima e a Lunghezza poi, nel ‘97 alla Magliana, nel 2005 a Corviale, nel 2010 alla Romanina.
Ora, in tempi di campagna elettorale, ci ha pensato il candidato Pd alle primarie Stefano Pedica a raccogliere l’assist: «Fonòpoli si farà. Se vinco, m’impegno a inserire nel mio programma di sindaco il progetto della città della musica per tanti giovani artisti». Impegno trasversale visto che a farsi avanti è anche il senatore di Fi, Francesco Giro, con una nuova proposta: «Fonòpoli? Va fatta, ma valorizzando un manufatto prestigioso come il bellissimo Arsenale pontificio a Porta Portese».
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