SI MUORE PERCHÉ NON SAPPIAMO MANGIARE - CON LA “RESTRIZIONE CALORICA” È POSSIBILE VIVERE UNA LUNGA VITA SENZA AMMALARSI - ''UNA DIETA MEDITERRANEA IN CUI A PICCOLE DOSI DI LATTICINI E CARNE MAGRA SI AFFIANCANO GRANDI VARIETÀ DI VERDURE E FRUTTA, ELIMINANDO I DOLCIUMI E AGGIUNGENDO PESCE, CEREALI INTEGRALI, LEGUMI, NOCI E SEMI''

Gabriele Beccaria per "TuttoScienze-La Stampa"

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La vera domanda - dice Luigi Fontana, professore all'Università di Salerno e alla Washington University di St.Louis - è questa: è possibile vivere una lunga vita senza ammalarsi? Chi non è uno scienziato può tradurla così: si può morire in tarda età ma sani? La risposta è sì. E la formula si chiama «restrizione calorica».

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Professore, come la spiegherà al meeting di Venezia?
«La restrizione calorica - che non significa malnutrizione! - è l'intervento più potente per allungare la durata della vita. Ci sono dati schiaccianti, almeno nei modelli sperimentali».

In pratica?
«Se a un topo di laboratorio si riduce l'introito calorico del 30-40%, l'animale vive fino al 50% in più: è come se la nostra esistenza si allungasse a 140-150 anni. Il fatto straordinario è che le cavie sono più sane e hanno una riduzione di tutte le patologie, dal diabete alle malattie cardiovascolari, fino al cancro».

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E quindi perché si muore?
«Semplicemente perché il cuore smette di battere».

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Lei sostiene che queste scoper¬te hanno un doppio aspetto: sia biologico sia economico¬ so¬ciale.
«In Italia il 21% delle persone ha oltre 65 anni e con il Giappone siamo una delle popolazioni più anziane. E tra 10 anni saliremo al 33%. L'80% di questi ultrasessantacinquenni ha una malattia cronica e il 50% ne ha due o più, come disturbi cardiovascolari, tumori, diabete, demenza. E' una situazione insostenibile, se si pensa che già oggi quasi l'8% del prodotto interno lordo viene speso per la Sanità».

 

Come si può rimediare?
«Ridisegnando le politiche sanitarie in modo che si arrivi a 70 anni in buona salute, visto che si dovrà lavorare almeno fino a quell'età. Oggi il sistema è curativo: si va dal medico quando si sta male. Ma così non può più funzionare. Se ne deve affiancare un altro - di tipo preventivo - in cui si insegnino comportamenti alimentari e stili di vita sani e corretti».

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Anche con la coercizione?
«No. Basta l'insegnamento. Perché la gente fa poco esercizio e non sa mangiare. Apre il frigorifero e si nutre con gli stessi cibi a cui è stata abituata da genitori e amici. Ecco perché bisogna creare strutture dedicate in cui imparare come e cosa fare: ci vuole una nuova concezione della medicina».

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In cosa consiste esattamente la restrizione calorica?
«Nel mangiare cibi ricchi di nutrienti, ma poveri di calorie vuote: si dovrebbe adottare una dieta mediterranea, ma un po' più sofisticata, in cui a piccole dosi di latticini e carne magra si affiancano grandi varietà di verdure e frutta, eliminando i dolciumi e aggiungendo pesce, cereali integrali, legumi, noci e semi».

 

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E che cosa si ottiene?
«Gli individui che la seguono, e che fanno un adeguato esercizio fisico, presentano un profilo cardiovascolare fantastico. A 70-80 anni hanno la pressione di un ragazzo, mentre il 90% degli italiani sopra i 50 anni ha già una preipertensione e il 50% è iperteso.


Chi comincia la restrizione calorica in giovane età, invece, riduce il rischio di infarto del miocardio e di ictus - le prime due cause di morte - pressoché a zero. Anche il rischio cancro è basso, sebbene al momento non siano ancora disponibili marcatori chiari che permettano di elaborare previsioni per ognuno».

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C'è un modello a cui ispirarsi?
«Purtroppo no. In auge c'è ancora quello tradizionale, in Italia come negli Usa».

E come lo si può inventare?
«Si deve ridisegnare il sistema sanitario e universitario, seguendo un approccio multidisciplinare, in cui la missione sarà quella di sviluppare ricerche e iniziative legate alla promozione della salute dell'individuo e della tutela dell'ambiente, oltre che dello sviluppo ecosostenibile».

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E l'inquinamento?
«Abbiamo già disponibili molte delle conoscenze che permetterebbero una vita sana in un mondo pulito, ma una visione riduzionistica e arretrata ha impedito finora lo sviluppo di tutte queste opportunità».

L'Italia potrebbe davvero con¬ quistare la leadership nella lot¬ ta all'invecchiamento? «Dobbiamo chiederci se vogliamo diventare un'altra Cina o se concentrarci sulle attività scientifiche, industriali e di servizio legate alla salute. Sono un mercato e un business gigantesco».

 

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