RIPUDIO? E MICA SIAMO A DACCA! – LA CORTE DI APPELLO DI ANCORA HA ACCOLTO IL RICORSO DI UNA 37ENNE BENGALESE CHE HA CHIESTO AL COMUNE DI CANCELLARE LO STATO DI DIVORZIATO DEL MARITO 45ENNE CHE L’AVEVA RIPUDIATA IN BANGLADESH A SUA INSAPUTA - LA DONNA AVEVA PRESENTATO I DOCUMENTI PER SEPARARSI DAL COMPAGNO CHE LA MALTRATTAVA MA, AVVIANDO LE PRATICHE, HA SCOPERTO CHE PER L'ANAGRAFE DI ANCONA IL MARITO AVEVA GIÀ DIVORZIATO DA LEI - MA ORA I GIUDICI HANNO RIBALTATO LE CARTE: “IL RIPUDIO È DISCRIMINATORIO E NON RICONOSCIUTO NELL'ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO…”

Estratto dell'articolo di www.anconatoday.it

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La Corte di Appello di Ancona ha accolto il ricorso presentato da una donna bengalese di 37 anni che aveva chiesto al Comune di Ancona di cancellare lo stato di divorziato del marito, 45enne, che ne aveva fatto richiesta dopo averla ripudiata in Bangladesh a sua insaputa. Un divorzio per ripudio islamico. La coppia ha vissuto e vive ancora nel capoluogo dorico, ha due figli minorenni, e per la donna lei era ancora spostata al coniuge da cui però voleva separarsi legalmente perché lui per anni l'avrebbe maltrattata spesso.

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Proprio avviando le pratiche di separazione, a giugno scorso, aveva scoperto che per l'anagrafe di Ancona il marito era già divorziato da lei. […] La Corte di Appello ha ordinato al Comune la cancellazione della registrazione perché "il ripudio è discriminatorio, non riconosciuto nell'ordinamento giuridico italiano, e solo il marito è abilitato a liberarsi del vincolo matrimoniale". Per la Corte "non è stato rispettato il principio dell'ordine pubblico processuale, non essendo stati garantiti, nell'ambito del procedimenti di divorzio per ripudio, il diritto di difesa della moglie e la garanzia dell'effettività del contraddittorio". Sono stati dunque lesi i diritti della donna.

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Il Comune si era opposto alla cancellazione rivendicando al legittimità del proprio operato. Aveva solo recepito una documentazione già vagliata dall'ambasciata. Gli avvocati della bengalese avevano evidenziato l’irricevibilità dell'ordinamento italiano "di un provvedimento oscurantista perché contrario all'ordine pubblico in quanto discriminatorio e in violazione del principio di parità difensiva tra uomo e donna".

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[…] La bengalese si è commossa perché la sua "era una battaglia - aggiungono i due avvocati - a nome di tutte le donne oppresse da un vero patriarcato. […]».

La difesa del marito, rappresentata dall'avvocato Pietro Sgarbi, valuterà il ricorso in Cassazione. […]

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