DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Barsanti per romatoday.it
ristorante chiuso lockdown camilla
La testa appoggiata alle ginocchia, lo sguardo verso terra, la disperazione riassunta in uno scatto che in poche ore è diventato il simbolo di una categoria. Camilla Moccia ha 22 anni, ed è la titolare di un piccolo bistrot a Ostia, sul litorale romano: è lei la ristoratrice immortalata mentre siede per terra nella sua cucina, la stessa dove tira pasta fatta a mano e prepara i menù di giornata e dove si è rifugiata dopo avere appreso la notizia che il Lazio in pochi giorni sarebbe diventato zona rossa.
A scattare la foto è stata la mamma di Camilla, Simona Fares, che da anni lavora nel settore della ristorazione e che con il marito ha seguito passo passo il sogno della figlia, iniziato con la vittoria di un bando per micro imprese nel 2019. Pochi mesi dopo l’apertura del Bistrot della Pasticciona è arrivata la notizia: lockdown causa pandemia di coronavirus. Allora il premier a dare l’annuncio era Giuseppe Conte, a distanza di un anno a firmare il nuovo dpcm è stato Mario Draghi, ma per i piccoli imprenditori come Camilla la situazione è cambiata ben poco. Anzi, se possibile è peggiorata.
"Io ho fatto la scuola albeghiera, una scuola professionale, e grazie a loro sono riuscita ad andare avanti molto nel lavoro - racconta Camilla - Sono stata l’unica a essere mandata al secondo anno in Trentino per uno stage, ed è partito il percorso che mi ha portato sino a qui. Nel 2019 mi è venuta la brillante di idea di mettermi in proprio. Mi sentivo sicura di me, e grazie al supporto dei miei genitori ce l'ho fatta, ho trovato il mio locale: è stata una grande botta, soprattutto per una ragazza giovane. Abbiamo aperto a maggio 2019 e ci hanno chiuso a marzo».
"La foto di Camilla ha avuto migliaia di visualizzazioni, non ce lo aspettavamo ma dimostra quanto il nostro settore sia esasperato - aggiunge la madre - È stata scattata in un momento di sconforto. Abbiamo aperto a maggio del 2019, sette mesi dopo è scattato il lockdown. Siamo una categoria che è ormai diventata lo zimbello di questa situazione, siamo alla distruzione totale, senza aiuti, senza prospettive. È angosciante".
Il passaggio a zona rossa del Lazio, ufficiale di fatto da lunedì mattina, è arrivato inaspettatamente a dare l’ulteriore colpo a un settore già in ginocchio: “Non ce lo aspettavamo, no - conferma Fares - da giallo siamo passati a rosso per dati di due settimane fa. Non capiamo queste ristrettezze che sembrano mirate contro i ristoranti, e non servono a niente le nostre manifestazioni, neppure un sit-in di 11 giorni sotto Palazzo Chigi".
La foto di Camilla, chef e anima del suo locale, è stata scattata proprio alla notizia del passaggio in rosso, “un momento di sconforto per una ragazza che nel suo sogno ha investito tutto: soldi, passione, dedizione, impegno. Stava iniziando a farsi conoscere, ad avere riscontri molto positivi, poi la mazzata. E come lei molti altri - riflette la mamma - giovani e meno giovani”.
La Pasqua alle porte getta ancora più nello sconforto: ormai confermato il lockdown nazionale dal 3 al 6 aprile, per i ristoratori sfuma anche la possibilità di guadagnare con i pranzi, e col delivery il danno si assorbe di ben poco: "Noi facciamo pasta all’uovo fatta a mano, primi, antipasti e dolci, e per noi di base l’asporto non rende molto, difficile che si voglia ordinare a casa un piatto di pasta, non si presta - ammette Camilla - In più questo meccanismo 'apri e chiudi' rende tutto più difficile. La scorsa settimana, per esempio, avevamo finito tutte le derrate e abbiamo dovuto fare la spesa non sapendo che venerdì saremmo tornati in zona rossa. Abbiamo speso 400 euro, rifatto tutta la linea con le stime, e poi finisce che devi mandate via la gente perché le stime non sono infallibili. In questi casi trovi quello che capisce e quello che fa storie".
“I colossi fanno pagare il 37% a persona - aggiunge amareggiata Fares - Mettiamoci l’Iva, per non parlare di tutti i costi che noi continuiamo a sostenere pur incassando pochissimo. Abbiamo chiuso la cassa il 22 dicembre e riaperto per tre giorni a gennaio, abbiamo pagato ugualmente i costi fissi. Una situazione insostenibile che va avanti da un anno ormai”.
La speranza sono i ristori, che però"ancora non sono praticamente arrivati - conclude Fares - Dobbiamo stare chiusi? Benissimo, facciamo però come negli altri paesi, dove sono stati riconosciuti ben altri fatturati. Così ci uccidono”. Camilla dal canto suo tira fuori la grinta di una ragazza che ha investito tutto nel suo sogno, e cerca di non perdersi d’animo: “Puntiamo alla settimana di Pasqua, sperando di fare qualcosa come a Natale con l'asporto. E poi spero che ne usciremo più forti di prima, siamo un settore forte, non possiamo farci mettere in ginocchi ”.
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