NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA ESTERA POTREBBE…
Alessandro Barbera per “la Stampa”
I primi a subirle - correva il 1935 - fummo proprio noi. L’Italia fascista aveva deciso di invadere l’Etiopia e la Società delle Nazioni scelse l’estrema ratio. Nella storia del Novecento le sanzioni economiche sono sempre frutto di scelte politiche, e all’economia - piaccia o no - non fanno bene. Il caso delle sanzioni occidentali verso la Russia non sfuggono alla regola.
Putin dice che l’Italia ha perso finora un miliardo di euro. La stima è realistica: secondo Confindustria nella seconda metà dell’anno scorso l’interscambio ha lasciato sul terreno 500 milioni. La previsione per l’intero 2015 vale il triplo, lo 0,4 per cento del nostro export. Una cifra che salirebbe fino a 2,5 miliardi tenendo conto del ritmo di crescita iniziato negli ultimi anni. Non è un danno enorme, e per chi teme la Russia di Putin è probabilmente un prezzo che val la pena pagare.
IL CALO DEI FATTURATI
Non la pensa così chi deve fare i conti con il calo dei fatturati. Luigi Scordamaglia è presidente di Federalimentare e numero uno di Inalca, gruppo Cremonini: «Le sanzioni sono l’occasione d’oro per chi vuole rubarci quote di mercato». Inalca cresce in Russia prima con la distribuzione di prodotti alimentari italiani, ora alleva anche bovini in Russia per il mercato russo.
«Per noi il danno è contenuto. Il danno è semmai strutturale, alla forza del Made in Italy». All’inizio - era marzo del 2014 - le sanzioni vanno in un solo senso: dall’Italia e dalla Ue verso la Russia, solo nei settori in cui c’è il rischio di esportare tecnologie militari. Il problema si fa serio da agosto, quando Mosca per ritorsione bandisce l’import di una lunga serie di alimenti. Da quel momento mozzarelle, latticini, uva e fragole, ortaggi, carni e salami non hanno più passato la frontiera. Volano le importazioni da Brasile, Argentina, Israele. Sui banchi dei supermercati russi appaiono mozzarelle turche, carne sudamericana, uva cilena.
CORRUZIONE E BUROCRAZIA
Gianbattista Celotto è un friulano di casa a Mosca da più di dieci anni. Il suo mestiere è accompagnare in Russia i marchi del mobile italiano. «Le sanzioni hanno tre sbocchi possibili. La prima: la nascita di produzioni nazionali delle quali finora non c’era traccia. Non solo hanno iniziato a produrre la mozzarella, ma hanno importato anche le bufale. Due: chi se lo può permettere delocalizza. Infine c’è l’aumento delle contraffazioni».
Celotto conferma che le conseguenze più gravi delle sanzioni sono quelle indirette: «Nel mio settore non c’è nessuna restrizione doganale. Eppure il calo degli ordini è importante, fino al 30 per cento. E nel frattempo vedo crescere le aziende cinesi con cataloghi identici ai nostri». C’è ancora una conseguenza che nessuno vuole ammettere: l’aumento della corruzione.
«No, no, per carità. Però non si sa mai con esattezza quali sono le regole, la burocrazia imperversa e i tempi si allungano», spiega il direttore dell’associazione dei costruttori di macchine utensili Alfredo Mariotti. In quel settore si concentrano i rischi del «dual use», macchinari che possono essere bloccati perché compatibili con l’uso militare. Alcune sanzioni sono rivolte a singoli oligarchi, magari in odore di amicizia con il Cremlino. «Può capitare anche il blocco di una fornitura di lenzuola senza un apparente perché», spiega Daniel Kraus di Confindustria. Se ci sono di mezzo le sanzioni, pecunia olet.
CIBO FINTO MADE IN ITALY images
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