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andrea guerra matteo renzi leopolda
La battaglia che sta andando in scena sui vertici della Cassa Depositi e Prestiti, uno snodo fondamentale che gestisce il risparmio postale e molto altro, è un pezzo di un disegno più ampio. Un disegno che riguarda il futuro assetto di Telecom Italia. Almeno così l’hanno impostata i due dioscuri dell’operazione, Andrea Guerra e Claudio Costamagna, che stanno cercando di piazzare un doppio colpo da manuale lavorando ai fianchi Matteo Renzi. Vediamo come.
Il consigliere economico di Renzi e l’ex banchiere di Goldman Sachs si conoscono da una vita e sono assai legati. Per restare a tempi recenti, sedevano entrambi nel cda della Luxottica, della quale Guerra è stato amministratore delegato fino all’anno scorso. Prima di planare su Palazzo Chigi, Guerra ha incassato dalla società di Leonardo Del Vecchio la bellezza di 170 milioni di euro per gli ultimi due anni di lavoro, tra stipendi, stock options, incentivi e buonuscita, come ha calcolato Vittorio Malagutti sull’Espresso.
Sui quotidiani fecero sensazione i 45 milioni incassati da Guerra al momento di uscire, ma in suo soccorso venne proprio Costamagna, che il 5 settembre, a Cernobbio, diceva: “E’ una liquidazione estremamente limitata rispetto ad altre che si sono viste. Non sono 45 milioni ma 11, il resto sono azioni che aveva già maturato”. Parlava con cognizione di causa, il co-autore del piano Telecom di Angelo Rovati (2006), perché ad Agordo lui era il presidente del comitato Risorse umane che ha competenza sulle remunerazioni del management. Insomma, vigilava sugli emolumenti dell’amico Guerra.
alberica brivio sforza, claudio costamagna
Passati pochi mesi, Guerra vuole piazzare Costamagna alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti al posto di Franco Bassanini. La poltrona spetta alle Fondazioni bancarie e sarebbe più facile mettere il banchiere milanese al posto di amministratore delegato, occupato da Giovanni Gorno Tempini, ma Costamagna vuole la presidenza e la delega alle strategie dell’istituto. Per fare che cosa?
Semplice, investire i miliardi della Cdp in Telecom Italia e diventarne l’azionista di controllo. Un piano che viene incontro a una paura e a un segreto desiderio di Renzi. La paura è quella che Telecom, con il suo azionariato instabile, finisca prima o poi nelle mani di un cinese, creando anche grossi problemi di relazioni con l’alleato americano. Il segreto desiderio è quello di ricreare in qualche modo un Iri 2.0 per avere un soggetto attivo di politica economica.
A Renzi, Guerra e Costamagna hanno fatto balenare che con questo schema gli investimenti nella banda larga sarebbero blindati perché la Telecom a guida Cdp smetterebbe di essere riottosa. In realtà, chiunque arrivi al comando di Telecom, sia russo, cinese o italiano (pubblico o privato) arriverà sempre alla medesima conclusione: Telecom Italia, in sé, non ha nessun interesse a investire nella fibra ottica. Può andare avanti con il rame fino al 2050. L’unica vera spinta arriva dalla concorrenza, ovvero dal fatto che Vodafone abbia firmato un accordo con la Cdp di Bassanini.
Il fatto che dietro al ribaltone alla Cassa vi sia l’operazione su Telecom è probabilmente arrivato anche alle orecchie delle Fondazioni capitanate da Giuseppe Guzzetti. Nella riunione di ieri, le Fondazioni hanno dato mandato al loro presidente di far valere con Renzi l’importanza della “stabilità del profilo di rischio” della Cdp. Tradotto in parole semplici: non vogliono che con Costamagna ci si lanci in avventure pericolose.
La partita ora è in mano a Renzi, al quale i consiglieri economici di Palazzo Chigi avevano prospettato una situazione più semplice di quanto poi si è andato delineando. Bassanini ha un altro anno di mandato e per convincerlo a farsi da parte Renzi ha usato, oltre al seggio in Corte Costituzionale, la poltrona di presidente delle Ferrovie (dove vuole far fuori tanto Messori quanto Elia). Più facile il blitz (spetta al Tesoro) sull’amministratore delegato, individuato nel banchiere Fabio Gallia. In ogni caso, il ribaltone alla Cdp sarà un parto.
Ma se tutte le tessere del mosaico andranno a posto, chi sarà l’amministratore delegato della Telecom semi-nazionalizzata? Casualmente Costamagna sceglierà Andrea Guerra, con tanti saluti a Oscar Farinetti di Eataly.
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