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“MI URLAVANO 'FROCIO DI MERDA', ADESSO VOGLIO GIUSTIZIA" – A ROMA, IL 25ENNE ALESSANDRO ANSALDO È STATO PICCHIATO SELVAGGIAMENTE DA UN GRUPPO DI DIECI RAGAZZI PERCHÉ CAMMINAVA PER STRADA SVENTOLANDO UN VENTAGLIO: “È SUCCESSO TUTTO COSÌ IN FRETTA CHE QUASI NON ME NE SONO ACCORTO. QUELLO CHE MI È CAPITATO È STATO TOTALMENTE GRATUITO, NON HO FATTO NIENTE PER MERITARLO. E NON CREDO DI POTERLI PERDONARE..."
Estratto dell’articolo di Eleonora Camilli per "la Stampa"
«È successo tutto così in fretta che quasi non me ne sono accorto: un minuto prima stavo camminando per strada, con la voglia di tornare a casa, perché stanco. Un minuto dopo venivo barbaramente picchiato dal branco». Un pugno, poi un altro, poi un altro ancora.
Arrivano anche gli sputi e quell'epiteto ripetuto «frocio di merda». Infine, il volto rivolto a terra, con il naso rotto, il sangue che bagna le tempie e un dolore forte al costato.
Alessandro Ansaldo, 25 anni, scandisce con cura le parole per ripercorrere con la mente quello che gli è successo sabato scorso in pieno centro a Roma. Un episodio a cui ancora stenta a credere: un pestaggio omofobo per la sola colpa di avere in mano un ventaglio.
[…] Passate le vie centrali della Capitale, attraversa Largo Argentina, ma da una via laterale di Corso Vittorio Emanuele II gli si parano davanti alcuni ragazzi. Sono in dieci, tutti italiani con accento romano.
«Faceva molto caldo, così avevo un ventaglio di legno in mano. Uno dei ragazzi me lo ha preso, lo ha spezzato davanti ai miei occhi e poi ha incominciato a spingermi. Ho cercato di difendermi e l'ho spinto anch'io ma a quel punto sono iniziati i pugni. Ho provato di nuovo difendermi quando un altro dei ragazzi mi ha colpito con un altro pugno da dietro e mi ha buttato a terra».
[…] «A quel punto è spuntato un uomo da lontano, ha iniziato a prendere le mie parti ma probabilmente aveva paura di intervenire. Ha detto anche di aver ripreso tutto col suo cellulare, ma i ragazzi lo hanno minacciato così è andato via. Poco dopo per mia fortuna è arrivata un'ambulanza, credo fosse già in zona e sia stata avvertita da quell'uomo. Quando sono salito a bordo c'erano altre due donne che si sono avvicinate, molto provate, dicendomi anche loro di avere dei filmati. Nel trambusto nessuno ha preso il loro numero». Ora Alessandro spera che chi ha visto si faccia avanti, così da poter trovare i suoi aggressori attraverso le immagini catturate dai cellulari.
«Voglio giustizia, non lo faccio solo per me, ma per evitare che succeda ad altri. Quello che mi è capitato è stato totalmente gratuito, non ho fatto niente per meritarlo. E non credo di poterli perdonare. Siamo una società culturalmente ancora arretrata, a volte anche in molti di noi si insinua l'idea di dover nascondere l'omosessualità per evitare aggressioni. Non credo sia giusto. La mia colpa era quel ventaglio? Mi sento una costola incrinata, il dolore del naso rotto, ho tre punti sopra il sopracciglio e un occhio tumefatto. Ma più delle ferite fisiche temo che il trauma possa restarmi addosso».
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