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1 - IL MIO OSCAR PER I RAGAZZI DEL CINEMA AMERICA
Lettera di Gabriele Salvatores a “la Repubblica”
Caro direttore,
ho letto l’articolo di Francesco Merlo sul cinema America. Mi permetta solo una riflessione. A differenza di altre sale cinematografiche chiuse che svolgevano la loro importante funzione di esercizi commerciali, il cinema America ha svolto negli ultimi tempi un’importante funzione.
Occupato da questi ragazzi (che mi hanno dato l’impressione di essere preparati e intelligenti), il cinema America a Roma è stato non solo centro di aggregazione, alternativo al bar e alla discoteca per i giovani del quartiere, ma anche punto di riflessione, discussione e conoscenza del cinema e della sua natura. Non un corso universitario, ma un momento di approfondimento e discussione legato alla proiezione di film, a volte anche “commerciali”, ma intelligenti.
Mi rendo conto che parlare oggi di “esperienza di quartiere” o di “radicamento nel territorio” può sembrare anacronistico, ma io ho cominciato così con il teatro e credo che il grande cambiamento che tutti auspichiamo passi anche dalle piccole cose legate alla nostra vita quotidiana. Ho visto gli abitanti del quartiere molto coinvolti (sono due anni che esiste questa realtà) da un’esperienza che giudico diversa per modi e finalità rispetto ad altre realtà e iniziative legate a scopi commerciali.
Lo testimonia il numero di presenze alle proiezioni e agli incontri organizzati. Nel totale rispetto per i diritti dei proprietari, si chiede all’amministrazione pubblica di provare a risolvere un problema simile a tanti altri che hanno trovato una soluzione grazie ai ben diversi interessi che muovevano.
Questi ragazzi stanno svolgendo un compito importante in totale controtendenza e che, in più, si basa sull’amore per il cinema. È vero che le sale cinematografiche spesso sono vuote. E noi che ancora crediamo che sia importante il contributo che il cinema possa dare alla società, abbiamo bisogno di sale dove i nostri film si possano vedere, ma, soprattutto, di una nuova affezione al cinema. E si ama una cosa quando la si conosce. Che c’è di male a proteggere un piccolo seme ben piantato in un terreno fertile?
Merlo è sicuro che, almeno per quanto riguarda chi fa il mio lavoro, si tratti di demagogia? E non di difesa della nostra “riserva indiana” e delle cose in cui crediamo?
Un’ultima cosa assolutamente meno interessante. Sono stato invitato dai ragazzi a presentare in piazza San Cosimato questo mio ultimo lavoro, Italy in a Day , all’indomani della sua messa in onda su Rai 3.
Durante la serata mi hanno chiesto, dopo le dichiarazioni del Presidente Napolitano e di Paolo Sorrentino, se anche io avevo qualcosa da offrire... Ho risposto che non essendo il Presidente della Repubblica e non avendo la cittadinanza romana, l’unica cosa che potevo offrire era l’Oscar! Il pubblico ha riso e sono sicuro che se Merlo fosse stato presente avrebbe colto la dimensione paradossale della dichiarazione. Anche perché, per quanto possa valere, l’Oscar appartiene comunque all’Academy Awards e non può essere quindi “restituito”.
(L’autore, regista, ha vinto il premio Oscar per “ Mediterraneo” nel 1992)
2 - RISPOSTA DI FRANCESCO MERLO
Caro Salvatores, anche a me piace la delicata qualità dei ragazzi dell’America, al punto che vorrei proteggerli dall’eccesso di solidarietà, vale a dire dalla demagogia (quella che Nanni Moretti parodiò) che sta rischiando di trasformare in retorica dell’impegno la loro poetica del cinema, e in caricatura rivoluzionaria la loro passione civile.
Anche io, come tutti, sarei felice se la gente di spettacolo facesse più opere d’eccellenza come i suoi film e meno occupazioni, e non per amore dell’ordine costituito ma per amore dell’arte. La sua battuta, infine, che era bella perché ironica e scanzonata, è diventata, in mano a quella demagogia, come il rifiuto dell’Oscar di Marlon Brando in nome dei diritti violati degli indiani o come la medaglia olimpica che Cassius Clay buttò nel fiume Ohio insieme alla cartolina- precetto per il Vietnam.
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