RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Anna Zafesova per “la Stampa”
«In Russia non esiste il rischio di carenza di assorbenti e pannolini». La smentita tranquillizzante arriva dal viceministro russo per l'Industria e il Commercio, Viktor Evtukhov, ma chi va oltre il titolo e legge il testo si sente meno consolato: le scorte di prodotti per l'igiene nei negozi potrebbero bastare per due-tre mesi, e i produttori hanno materiali per produrne altri per altri due-tre mesi. In altre parole, la guerra in Ucraina deve finire entro settembre. Perché dopo, si tornerà in Urss. In quel Paese dove le donne vivevano i giorni del ciclo come una disgrazia, tra stracci da lavare e rilavare e caccia alle introvabili confezioni di ovatta nelle farmacie.
CITTADINI RUSSI SCAPPANO DAL PAESE
E le case delle famiglie con bambini avevano pannolini di tessuto appesi ovunque, l'odore del bucato che avvolgeva tutto, e uscire e viaggiare con i neonati diventava un'impresa. Una svolta forzatamente verde verso quella che è un'esperienza ormai dimenticata in Europa, e anche in Russia, dove da trent' anni ormai si utilizzavano gli stessi prodotti per l'igiene del resto del mondo.
Dopo aver assistito alle code chilometriche per l'ultimo hamburger da McDonald's, e alle lacrime delle beauty blogger per l'oscuramento di Instagram, il consumatore russo comincia ad affrontare paure più grandi. Le sanzioni stanno facendo marciare la Russia a grandi passi verso il passato, e i giovani che avevano seguito la moda del «Back in the Ussr» ora hanno la possibilità di sperimentare sulla loro pelle quello che finora era soltanto un racconto dei genitori o dei nonni.
Carenza di zucchero est Russia
Gli scaffali dei supermercati si stanno svuotando, sia perché la gente corre ad accaparrarsi i prodotti di cui teme la scomparsa, sia perché molte aziende e marchi stanno chiudendo la produzione e l'esportazione verso la Russia. La protesta internazionale contro la guerra in Ucraina, ancora prima delle sanzioni dei governi occidentali, ha distrutto in pochi giorni quel paradiso consumista che aveva convinto moltissimi, se non a sostenere il putinismo, almeno a non protestare.
Ma dopo i ceti urbani più benestanti, ora tocca anche al cosiddetto «russo comune». Da diverse regioni arrivano filmati di code, e perfino di clienti che si azzuffano nei supermercati per lo zucchero, razionato da molti negozi insieme a cereali, farina, caffè e tè, e altri prodotti a lunga conservazione di cui la popolazione teme la scomparsa, o il ritorno a prezzi maggiorati. Il termine «defizit», che indicava ai tempi sovietici merci difficili da trovare, ritorna nel linguaggio insieme al fenomeno, e i russi scoprono ora quanto fosse stato vulnerabile il fragile benessere degli ultimi decenni, e soprattutto quanto fosse dipendente dall'Occidente. La caccia agli assorbenti e ai pannolini, e al cibo per animali - altra categoria inesistente in Urss, dove anzi la propaganda sbeffeggiava l'Occidente talmente depravato da non alimentare cani e gatti ad avanzi - nasconde il problema di un'industria obsoleta e inefficiente ereditata dal socialismo.
CITTADINI RUSSI SCAPPANO DAL PAESE
Praticamente tutto il Made in Russia dipende da tecnologie o componenti esteri, e il presidente del Tatarstan Rustam Minnikhanov ha rivelato a una riunione in presenza di Vladimir Putin che il produttore dei camion giganti Kamaz rischia di tagliare la produzione del 40%, «per mancanza di ricambi importati». Oltre al rischio di lasciare senza lavoro 15 mila dipendenti, il marchio - di proprietà dello Stato russo - si troverebbe a produrre modelli «autarchici» risalenti agli anni '80.
Stessa situazione per l'AvgoVAZ di Togliatti, che ha annunciato il fermo della catena di montaggio e ferie forzate per gli operai del maggiore produttore nazionale di automobili. All'ultimo momento Mosca ha pagato i 117,2 milioni di dollari di interessi sul suo debito estero che aveva minacciato di rimborsare in rubli, una moneta che si è svalutata del 50% dall'inizio della guerra. Non rispettare la scadenza avrebbe significato tecnicamente fare default, ma il disastro finanziario appare soltanto rimandato, mentre quello che riguarda la popolazione è già in corso.
I responsabili del governo accusano i grossisti di crisi artificiali per poter lucrare sui prezzi. La verità però resta quella di un Paese che non produce il proprio fabbisogno, e che non ha mai posseduto le tecnologie per realizzare anche oggetti semplici come i pannollini per neonati. E il rischio è di tornare a usare i pannolini di tela, da lavare per giunta a mano, visto che quasi tutti gli elettrodomestici vengono importati, e che il loro prezzo è aumentato in una settimana in media del 30%.
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