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E VOI SAPETE COS’E’ IL "CHEMSEX"? – È LA PRATICA SESSUALE IN CUI VENGONO USATE DROGHE SINTETICHE PER AMPLIFICARE E PROLUNGARE L'ECCITAZIONE - IL RACCONTO DI UN 50ENNE CHE USAVA LE SOSTANZE STUPEFACENTI "PER PLACARE I SENSI DI COLPA LEGATI ALL'OMOSESSUALITÀ": "NON RICORDO DI AVER MAI FATTO SESSO SENZA ESSERE SOTTO EFFETTO DI QUALCOSA. HO PROVATO ACIDI, PASTIGLIE ANESTETIZZANTI, VARIE ALTRE SOSTANZE CHIMICHE. HO INIZIATO A PERDERE I DENTI E SONO DIMAGRITO DRASTICAMENTE: PER FARE SESSO NON PENSAVO PIÙ A MANGIARE"
Estratto dell'articolo di Alice Politi per www.vanityfair.it
«Non ricordo di aver mai fatto sesso senza essere sotto effetto di “qualcosa”. Persino durante le mie prime esperienze sessuali c’erano alcol o hashish. Avevo 14 anni quando ho iniziato. Nel tempo, ho provato acidi, pastiglie anestetizzanti, varie altre sostanze chimiche che offriva il mercato della mia post adolescenza.
A 30 anni mi sono trasferito a Milano e lì ho conosciuto le droghe legate al sesso: Ghb (la cosiddetta ecstasy liquida o “droga dello stupro”, ndr), Gbl, solventi... sostanze psicoattive che tolgono le inibizioni e aumentano la resistenza fisica e mentale durante la performance sessuale.
A me servivano soprattutto per placare il malessere e i sensi di colpa legati alla mia omosessualità. Una consapevolezza contro cui lottavo, nell’incapacità di decidere se ammettere di esserlo oppure no. Quando poi però mi trovavo a vivere questa mia sessualità nascosta, scattava la voglia di farlo in modo potente, con una prestazione molto forte.
Nonostante gli eccessi, tenevo in piedi la mia vita lavorativa e sono riuscito a far funzionare questa routine per anni. A un certo punto, però, sono arrivati gli effetti devastanti. Ho iniziato a perdere i denti e sono dimagrito drasticamente: per fare sesso non pensavo più a mangiare. Anzi, per l’idea di fare sesso, perché a un certo punto ti droghi talmente tanto che il sesso diventa un finto obiettivo. Cerchi gente sempre nuova che ti arriva in casa, ma poi non ti va più bene e ne cerchi altra. Un supplizio...
La stessa droga non ti dà più piacere. All’inizio è una sensazione nuova molto forte, prorompente, perché davvero non hai mai provato cose così nella tua vita. Poi però l’unico piacere che ti dà è toglierti l’astinenza. Così, a 40 anni – quando in genere si pensa a un uomo come a una persona matura, realizzata – io sono entrato in comunità».
Oggi Giorgio ha superato i 50 anni e mi parla al telefono in anonimato. Ha accettato di raccontarmi la storia della sua dipendenza da «chemsex», l’uso di sostanze sintetiche per amplificare e prolungare l’eccitazione sessuale. Il sesso in questione si fa in gruppo, principalmente tra omosessuali o bisessuali, uomini che fanno sesso con uomini oppure uomini eterosessuali con un’omosessualità interiorizzata e che, proprio grazie all’uso di queste sostanze sintetiche, riescono a superare i blocchi e a entrare in connessione con gli altri.
Un fenomeno senza dati ufficiali, partito negli anni ’80 in città come Londra, Parigi, Berlino, dove si praticava all’interno di sex club e discoteche, e che oggi si è diffuso ampiamente anche in Italia attraverso party e contesti perlopiù privati, ma dove resta ancora sottostimato.
Nonostante sia in psicoterapia, Giorgio frequenta tutti i giorni un gruppo di autoaiuto per persone con dipendenze come la sua. «Stare a contatto con loro è un privilegio per me», spiega. «Posso condividere le mie più grandi debolezze, cose di cui normalmente mi vergogno, quelle che non dici a nessuno perché ti sentiresti escluso, deriso. Paradossalmente, quelle stesse cose nel gruppo ti fanno invece sentire uguale. Sono contento di provare questo bisogno di condivisione. [...]».
A Giorgio è capitata una ricaduta tre anni fa, nonostante avesse chiuso con le sostanze nel 2012. «Una sera sono finito in una situazione sessuale in cui si faceva uso di Pv (un catinone sintetico, conosciuto anche come Mdpv, che è fra le sostanze psicoattive più utilizzate oggi nel chemsex, ndr). Aumenta notevolmente il desiderio e la percezione sessuale, ti fa venire voglia di cercare costantemente qualcuno con cui farlo... Per me però è durata solo una notte: il giorno dopo mi sono autodenunciato alla comunità di recupero e ho iniziato un nuovo percorso con gli anonimi», dice. [...]
Alcuni centri italiani hanno già iniziato a sperimentare percorsi ad hoc come quello organizzato dal San Raffaele di Milano. Ma si tratta soltanto di un inizio, servirebbero campagne pubbliche di sensibilizzazione e interventi sulla comunità, «perché solo con questa integrazione sarà possibile prevenire il fenomeno e procedere al suo contenimento come si fa già in altri Paesi europei», conclude Ricceri.
Oggi, nonostante la consapevolezza interiore raggiunta, Giorgio si sente ancora in una fase di auto-osservazione. «Quando ho smesso con le sostanze c’è stato un periodo iniziale in cui non potevo pensare al sesso senza farne uso. Adesso questa voglia non la sento più, ma ho delle fasi in cui vivo ancora degli eccessi sessuali, “mi abbuffo”, come se fosse cibo. Altre volte, mi sembra di vivere delle relazioni, in realtà non sono ancora riuscito ad averne una. Ma so che dipende da me.
Quando sono venuto a Milano pensavo di fare la vita che sentivo fosse giusta, e cioè guadagnare di più, vivere meglio, fare sesso, viaggiare, spendere. Ho fatto tutto ciò ma in realtà non ho creato una mia vita. Ho guadagnato di più, mi sono drogato di più e sono arrivato a essere sempre più solo, nonostante frequentassi tutti i giorni tantissime persone, che però erano legate al sesso e alla droga. Se penso mai alla possibilità di innamorarmi oggi? Sì. E penso che questo cambierebbe tutto».
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