DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Marta Serafini per il Corriere della Sera
È scacco al Re. O, meglio, al Principe. Soprattutto se ad ospitare il torneo mondiale del Rapid and Blitz Chess Championships è la monarchia saudita. E soprattutto se la campionessa in carica dà forfait per ragioni politiche.
A scatenare le polemiche poche parole, scritte su Facebook. «Tra qualche giorno perderò i miei due titoli mondiali, uno a uno. E questo solo perché ho deciso di non andare in Arabia Saudita, di non giocare secondo le regole di altri, di non mettermi l 'abaya (la veste tradizionale tipica dei Paesi del Golfo lunga fino ai piedi, ndr )». Autrice del post è Anna Muzychuk. Ventisette anni, passaporto ucraino, Anna è diventata famosa per aver vinto l' anno scorso a Doha. Ma ora il suo gesto l' ha resa una star, tanto più che anche la sorella Mariya ha deciso di imitarla.
Certo, non è la prima volta che una giocatrice boicotta una manifestazione di questo livello: anche la campionessa statunitense Nazi Paikidze non andò ai mondiali dello scorso febbraio in Iran per non dover portare il velo. Ma per Riad e per MbS (sigla con cui viene chiamato il principe Mohammed bin Salman) impegnato nel Vision 2030, piano di riforme che comprende l' abolizione del divieto di guida per le donne e la riapertura dei cinema, la mossa suona come uno schiaffo. Tanto più se si considera che per ospitare i giochi la monarchia ha messo sul piatto un montepremi quattro volte più alto del normale, del valore di due milioni di dollari (uno e mezzo per i concorrenti maschi e mezzo milione per le donne).
Da non dimenticare poi come la monarchia saudita, pur di ospitare il torneo, sia andata contro una fatwa di Abdulaziz al Sheikh, principale autorità religiosa del Regno, che all' inizio del 2016 ha vietato gli scacchi definendoli una perdita di tempo e una fonte di rivalità inutile tra giocatori, nonostante il gioco sia stato diffuso nel mondo proprio dagli arabi.
Ma ad Anna Muzychuk politica e denaro evidentemente non interessano. E a chi le fa notare come il regolamento della competizione non obblighi le giocatrici a indossare né il velo né l 'abaya , lei risponde secca che «mettermi il velo in Iran mi è bastato. E resta il fatto che le donne saudite sono obbligate a vestire questi abiti, hanno un guardiano maschio che le controlla, sono ancora considerati esseri umani di serie B e rischiano la vita per il solo fatto di essere donne».
Archiviata la decisione di Anna Muzychuk e le questioni di genere, rimangono altri nodi. La diplomazia degli scacchi a Riad vacilla anche per le ire degli israeliani. E non importa che di recente il capo di Stato maggiore d' Israele, Gadi Eisenkot, abbia lasciato intravedere delle aperture in funzione anti iraniana.
Ai sette giocatori israeliani sono stati negati i visti per entrare in Arabia Saudita. Nella spiegazione dei funzionari sauditi, il rifiuto è dovuto all' assenza di legami diplomatici con Israele. Una mossa cui la Federazione israeliana ha risposto con una richiesta di risarcimento danni accusando i sauditi di aver «barato», lasciando intendere prima di essere disposti ad ammettere i giocatori israeliani per ottenere il permesso di ospitare il torneo, salvo poi tirarsi indietro.
Ammessi invece all' ultimo sono stati i campioni del Qatar, nonostante in giugno l' Arabia Saudita abbia tagliato i rapporti diplomatici ed economici con Doha, accusandola di essere troppo vicino all' Iran. Un mistero, insomma.
Ma pensare di prevedere le mosse dell' avversario nella grande partita a scacchi del Medio Oriente è forse troppo azzardato.
re salman e mohammed bin salman
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