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Leonardo Maisano per "Il Sole 24 Ore"
E se Londra deciderà di lasciare l'Unione Europea? Le banche lasceranno la City. Il sospetto si fa concreto, la minaccia diventa realtà nelle parole di Michael Sherwood vice presidente di Goldman Sachs e co-ceo di Goldman Sachs International. «Se la Gran Bretagna dovesse uscire dall'Unione europea, saremo pronti a considerare dove collocare il nostro hub europeo».
Dove? I primi candidati sono i soliti sospetti. «Parigi e Francoforte sono in cima alla lista...la Spagna ha varato molte riforme e anche quella potrebbe essere un'opzione». Lo scenario di un no al referendum prossimo venturo sull'adesione non è quello auspicato. «Londra ci piace, ma abbiamo 55 nazionalità nei nostri uffici della City e non abbiamo problemi a muoverci».
In realtà dei 6mila dipendenti "europei" della banca d'affari americana, 5500 sono piazzati nella capitale britannica e la preferenza per la continuità ha motivazioni ovvie: dai costi di relocation, alla lingua, alla solidità del network esistente. Eppure un hub nell'Unione europea è indispensabile. Se Londra dovesse davvero scegliere destini diversi dovrà pagare quel conto.
E anche molto più salato, perché altri istituti assai meno internazionalizzati della banca Usa, inevitabilmente seguiranno. Goldman Sachs non quantifica il prezzo della non Europa per la Gran Bretagna, ma Kevin Daly chief Uk economist è esplicito nel dire che sarà «molto significativo». L'opzione di un'uscita resta lo scenario meno probabile, ma nel quartiere generale di Goldman in Fleet street non finiscono di ripetersi che «le cose meno possibili, capitano spesso».
Per questo hanno avviato una campagna di lobbying, o forse solo di avvertimento. L'addio all'Europa - a questo punto è certo - per Londra potrà significare uno smottamento economico senza precedenti, capace di minare le fondamenta stesse dell'industria finanziaria. La più grande, e di molto, nel Regno di Elisabetta.
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