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Wilma Petenzi per www.corriere.it
Quei 500 euro di multa presi da un agente della polizia locale di Brescia perché sorpreso a contrattare una prestazione sessuale con una prostituta gli sono sembrati una vera e propria ingiustizia. Era la sera del 24 maggio dello scorso anno, era in auto quando arrivarono gli agenti, il finestrino destro era abbassato, lui era proteso verso la ragazza, borsetta a tracolla, scollatura profonda. Era fermo in auto: 500 euro solo per avere accostato. Quella multa non voleva pagarla e ha fatto ricorso. Assistito dall’avvocato Giambattista Belliti il multato ha chiesto giustizia al giudice di pace. E ha vinto la causa.
L’ORDINANZA IMPUGNATA CONTRASTA CON I PRINCIPI DELLA COSTITUZIONE
Per il giudice Guido Mutti il cittadino è stato multato ingiustamente. Per il giudice il ricorso presentato contro la multa è fondato perché l’ordinanza impugnata contrasta con i principi della Costituzione, come si evince dalla sentenza 115/11 che ha stabilito che: «le ordinanze sindacali oggetto del presente giudizio - scrive il giudice - incidono per la natura delle loro finalità e per i loro destinatari sulla sfera generale di libertà dei singoli e della comunità amministrate».
In sostanza «la Costituzione ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta se non in base alla legge». Il giudice ha accettato il ricorso anche perché l’ordinanza viola l’articolo 4, 1° comma delle disposizioni preliminari del codice civile che «prevede che i regolamenti non possano contenere norme contrarie alle disposizioni di legge».
Per il giudice, quindi, il bresciano non deve pagare la sanzione perché il Regolamento di polizia urbana è «invalido» perché «un organo diverso dallo Stato non può disciplinare la “lotta alla prostituzione”, perché ciò esula dai suoi poteri e perché a una norma secondaria è vietato contrastare una norma di tipo primario: se la prostituzione non costituisce una attività illecita è preclusa la possibilità di porre delle regole che creino ostacolo o intralcio allo svolgimento di tale libertà se non mediante leggi statali, come si desume dai principi espressi dalla sentenza della corte costituzionale 115/11».
NESSUNA LEGGE VIETA L’ATTIVITÀ DI MERETRICIO
«Nessuna legge vieta l’attività di meretricio - scrive ancora il giudice - di contro nessuna legge autorizza l’autorità amministrativa a poter disporre della sessualità dei singoli e nessuna legge conferisce ad essi il potere di regolamentare la prostituzione». Una sentenza che crea un precedente «pesante» per l’amministrazione comunale. Perché se fino ad ora i giudici avevano respinto i ricorsi, la decisione del giudice Mutti apre la strada per chi i 500 euro della multa non ha alcuna intenzione di versarli.
A fare ricorso, per la verità, sono pochi, molti preferiscono pagare e fare finta che nulla sia accaduto. Ogni anno le sanzioni per violazione dell’articolo 7, comma primo lettera U del Regolamento Comunale di Polizia Urbana del Comune di Brescia sono un centinaio - l’anno scorso sono stati 85 i clienti delle prostitute multati mentre con l’auto ferma a lato della strada contrattavano il prezzo - ma finora i ricorsi sono stati pochi. Non è escluso che la sentenza del giudice Mutti spinga i multati a ricorrere contro il verbale.
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