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"PIU' DELL'80% DEI LETTI SONO PER I NON VACCINATI. E NON E' GIUSTO" - L'IMMUNOLOGO SERGIO ABRIGNANI CHIEDE L'OBBLIGO VACCINALE: "SE LE REGIONI DAL GIALLO PASSERANNO ALL'ARANCIONE LA RESPONSABILITA' SARA' IN GRAN PARTE DI CHI HA RIFIUTATO LA PROFILASSI ANTI COVID" - "SE FOSSIMO TUTTI VACCINATI I POSTI IN TERAPIA INTENSIVA OCCUPATI SAREBBERO IL 20-25% DEGLI ATTUALI, QUINDI TUTTA L'ITALIA SAREBBE BIANCA..."

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Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”

 

TERZA DOSE DI VACCINO ANTI COVID

«Il virus non ci lascia il tempo per convincere i non vaccinati, sta correndo velocissimo», non devia dalla sua linea sull'obbligo Sergio Abrignani, l'immunologo dell'Università Statale di Milano. Spinti poderosamente dalla variante Omicron i contagi salgono rapidi, più di quanto fosse prevedibile. Mentre sono scesi in Germania, a tre settimane dal lockdown imposto ai no vax.

 

Partiamo dai dati.

«Un parametro fondamentale perché le Regioni cambino colore e la vita di milioni d'italiani venga stravolta è la percentuale di occupazione in terapia intensiva. Oggi più del 80% dei letti sono per i non vaccinati. E non è giusto. Se le Regioni dal giallo passeranno all'arancione, e speriamo non al rosso, la responsabilità sarà in gran parte di chi ha rifiutato la profilassi anti Covid. Infatti i dati dell'Istituto superiore di sanità ci dicono che una persona non immunizzata di 80 anni ha un rischio 85 volte più alto di finire in terapia intensiva rispetto a un vaccinato. Il rischio è 13 volte più alto tra 60 e 79 anni e 6 volte maggiore tra 40 e 59. Vogliamo ancora parlare di persuasione?».

 

hub vaccinale 7

La maggior parte dei 3 milioni di over 50 non vaccinati non sono animati da ideologia ma da dubbi. Fa di tutta l'erba un fascio?

«Il virus non fa distinzioni tra ideologia ed esitazione. Io posso comprendere chi ha dubbi mentre non giustifico chi in una situazione tanto critica per il Paese, dopo due anni di pandemia, nutre certezze paranoidi: chi dice che il vaccino modifica il Dna e rende sterili, chi blatera su un complotto mondiale di big pharma per il controllo dei popoli, chi sostiene che le bare di Bergamo erano vuote».

 

Oggi lei è inflessibile, perché?

vaccino

«È accettabile che 9 italiani su 10 debbano pagare per il comportamento di pochi? Per non parlare dei danni economici che si abbattono su alcune categorie quando le Regioni cambiano colore. L'obbligo vaccinale è un provvedimento duro? Il Covid è durissimo».

 

Aggiunga altri numeri.

«Se fossimo tutti vaccinati i letti intensivi occupati sarebbero il 20-25% degli attuali, quindi tutta l'Italia sarebbe bianca. Sui 3 milioni circa di over 50 non vaccinati, 1,4 milioni sono over 60, l'8% circa della popolazione totale di questa età. Una minoranza che però riempie le rianimazioni e condiziona la vita del 92% che adempie al dovere».

 

TERZA DOSE VACCINI

Fino a due settimane fa suoi autorevoli colleghi non si dicevano certi che la Omicron avrebbe preso il sopravvento in Italia come in Sudafrica. Invece?

«Con questo virus rischiamo di essere smentiti il giorno dopo. Omicron ha bruciato i tempi. In Gran Bretagna hanno stimato che il tempo di raddoppio delle infezioni con la nuova variante è di tre giorni.

 

Contagia molto anche se fortunatamente sulla stragrande maggioranza dei vaccinati sembra si manifesti con sintomi simili a una lieve influenza».

 

Vaccino

Israele potrebbe raccomandare la quarta dose a over 60 e immunodepressi e operatori sanitari già a 4 mesi dall'ultimo richiamo. Vogliono anticipare la quinta ondata. È la conferma che bisogna correre?

«Non conosco i loro dati. La terza dose fa parte del classico schema vaccinale usato da decenni, mentre ad una quarta si dovrebbe ricorrere quando si dovesse osservare che 4-5 mesi dopo il richiamo i vaccinati si reinfettano. Ciò può avvenire per un calo della memoria immunologica e sarei sorpreso se si verificasse così presto. Oppure la variante sfugge al "vecchio" vaccino e quindi dovremmo usarne uno aggiornato».

 

SERGIO ABRIGNANI

In Italia c'è un'altra corsa, quella ai tamponi. Quando è ragionevole fare il test?

«Innanzitutto se ce lo impone la legge. Poi quando sono presenti sintomi che fanno pensare a una malattia simile al Covid. Infine a 4-5 giorni dal contatto con un positivo. E per stabilire quando un paziente positivo si negativizza. In tutte le altre situazioni tamponarsi è uno scrupolo dettato dalla sensibilità individuale e a volte dalla propria ansia. Non abusiamone».