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Lodovico Poletto e Federico Genta per La Stampa
Tre coltellate: una alla gola e due nei fianchi. E quando ancora non sono le otto del mattino, tra le montagne di merce esposta in terra di uno dei più grandi mercati dell' usato - ma non soltanto - di Torino, va in scena la follia omicida di un giovane immigrato nigeriano. Maurizio Gugliotta, operaio senza lavoro di Settimo Torinese, si accascia e muore in pochi istanti. L' ultima immagine la scattano con i telefonini i curiosi e i venditori: un corpo a terra con accanto un uomo che tenta di tamponargli le ferite.
Pochi metri più in là ci sono altri uomini che tengono bloccato l' assassino: un nigeriano che qui - in questo mercato che è da anni al centro di polemiche, che ha migrato in giro per la città così tante volte da averne quasi perso il conto - veniva a vendere le sue cose. Da abusivo. Si chiama Khalid Be Greata, ha 27 anni e un permesso di soggiorno. Un ragazzone pronto a far rissa, se è vero, come è vero, che ieri ha tirato fuori il coltello perché Maurizio tentava di passare tra due lenzuola stese a terra. Se abbia pestato un qualche oggetto, o se semplicemente non era gradita la sua presenza, non si sa.
Quel che è certo è che Khalid ha ammazzato senza pensarci due volte l' operaio invalido e poi ha cercato di far fare la stessa fine all' amico della vittima, Roberto Sammatino. Gli ha sferrato due fendenti all' addome, che gli hanno tagliato il giubbotto, ma per fortuna non sono andati a segno. E adesso Roberto racconta quegli attimi con enfasi, ma senza paura: «Cercava di farmi fuori. Se sono vivo, ragazzi, è un miracolo». E mentre tutto questo accadeva, intorno la gente guardava. Venditori e clienti.
«Questa storia mette una pietra tombale sul mercatino», tuona Dario Di Gennaro, un tempo a capo dell' associazione che lo gestiva. «Lo avevamo creato per offrire ai poveri una possibilità di guadagnare qualcosa, di venire qui a vendere merce recuperata in giro. Guardate cosa è diventato adesso: qui non ci sono più regole». E si parla di abusivi, di venditori che si presentano senza essere stati registrati, senza aver autocertificato che la loro mercanzia non è rubata e che ne sono legittimamente proprietari. Quelli di ViviBalon l' associazione che lo gestisce ovviamente negano.
E Khalid chi era? «Uno che non avevano mai visto», dicono. Un abusivo, appunto. Che, però, secondo la polizia municipale al mercato della domenica c' era spesso. «Questo è il regno della più assoluta illegalità», incalzano alle dieci del mattino gli oppositori politici - e non - di questo mercato che chiamo tutti «suk». «Non c' è modo di verificare nulla: sui teli dei venditori abbiamo trovato di tutto: altro che merce usata e roba recuperata di bidoni dell' immondizia», attacca Patrizia Alessi. «Roba rubata», insistono quelli dei comitati di zona.
I residenti che hanno firmato petizioni e si sono messi di traverso tutte le volte che il mercato è stato spostato. E anche adesso che lo hanno messo qui, in questa strada quasi senza case, gli animi non si sono calmati: «Perché è diventato quasi peggio di prima. E gli abusivi fanno ciò che vogliono, in barba alle regole dell' associazione». Aspetti positivi? Pochi. Forse quelli legati al numero di venditori presenti la domenica che sono meno di quanti affollavano «Scalo Vanchiglia» un' area cintata dove il «Suk» è rimasto per anni.
E dove qualche controllo in più all' ingresso, al mattino alle 4, era possibile. Oggi non lo chiamano più Suk, ma «Barattolo», in una specie di operazione simpatia che non ha dato grossi risultati. «Per lo meno non ci sono più quelli che vendono le costine e quelli che friggono in barba ad ogni divieto», raccontano. Ma tutti gli altri guai non sono spariti. Ci sono le donne che vendono il pane. E quelli dei telefoni rubati. A mezzogiorno, quando il mercato è quasi smontato per ordine dei vigili, nell' angolo accanto al cimitero c' è un uomo con una borsa a tracolla. Smercia braccialetti e collane a una manciata di clienti. Abusivo? Autorizzato? Non c' è risposta.
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