DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Estratto dell'articolo di Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”
Per fortuna c’è la scuola 49. Un bel rifugio. Sta duecento metri in là e ci possono star dentro centocinquanta persone: per chi suona la sirena, che a Zaporizhzhia suona per tutti, e tutti i giorni più volte al giorno. La scuola 49 ha l’unico sotterraneo dei palazzoni intorno alla Prospettiva Yuvileyniy. E funziona come in ogni parte d’Ucraina: anche oggi pomeriggio scatta l’ennesimo «allarme aereo globale», il decollo del solito Mig che monta l’abituale supersonico, e l’ululato insistito consiglia di ripararsi ed è qui sotto che si va.
«Ma è un rifugio privato — dice Valentina Omeloynivna, 69 anni — e noi possiamo entrarci solo se avanza posto!».
[…] Perfino a Kiev hanno scoperto che non ce n’è abbastanza. E due settimane fa, quando una bambina e sua mamma sono morte perché han trovato sbarrato il sotterraneo (privato), è scoppiato lo scandalo: andare nei tunnel della metropolitana non basta e ci sono shelter sufficienti solo per il 10 per cento della popolazione.
Sui social è finita sott’accusa «la burocrazia che impedisce di costruirne», la procura ha aperto un’inchiesta, fra il presidente Zelensky e il sindaco Klitschko — che non si amano — son sibilate critiche reciproche: è il tabù della corruzione, tanto preoccupante prima della guerra quanto irritante sotto le bombe, che ha già portato in galera lo storico sindaco di Odessa per una mazzetta di due milioni di euro, che ha inguaiato un viceministro della Difesa per una storia di cibo alle truppe fatturato del triplo, che già da tempo aveva convinto Zelensky a chiamare l’ex campione di calcio Shevchenko come garante delle donazioni.
C’è malcontento. E l’ affaire dei rifugi è il più urgente: proprio a Odessa, la capitale immorale del Paese, un gruppo di ragazzi di un’ong ha messo in piedi il progetto Safe Place, un cantiere dove si costruiscono giganteschi cubi «portatili» di cemento rinforzato, da 22 a 40 tonnellate, capaci di proteggere da 15 a 30 persone. «Abbiamo imparato a costruirli dagl’israeliani», spiega uno dei fondatori, Ilia Blochin, 35 anni, che ha due bimbi piccoli e un giorno s’è chiesto come proteggerli: «Sono veloci da trasportare, non richiedono fondamenta: s’appoggiano sul terreno e basta».
A Kherson e a Mykolaiv, ne hanno già piazzati otto.«Ma è dura scontrarsi con certe resistenze: noi li vendiamo a 250 mila euro l’uno e ogni volta che trattiamo con un’amministrazione pubblica, il costo come minimo raddoppia». Alla direttrice Valentina, qualcuno lo deve dire: il milione che serve a costruire il rifugio per i suoi vecchietti, è una balla.
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