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Aurelio Magistà per “la Repubblica”
Strano che gli specchi di casa non vadano tutti in frantumi. Sullo specchio infatti poggia il peso di innumerevoli simbolismi. Perfino il suo andare in frantumi è un simbolo (di sventura). In antichità era fatto di metallo lucidato e restituiva immagini scadenti; la strada per arrivare al riflesso perfetto degli specchi di oggi è stata lunga.
Le invenzioni del cristallo e del bagno di mercurio furono così perfezionate dai veneziani che per difendere i costosissimi specchi della Serenissima i dogi imposero il segreto sul procedimento di produzione.
Ma il segreto alla fine fu svelato e lo specchio divenne patrimonio del mondo, entrò in tutte le case, soccorse gli scienziati e ispirò i pittori. Nel Matrimonio degli Arnolfini di Van Eyck e in Las Meninas di Velázquez, uno specchio consente ai ritratti - della coppia di sposi, dell’infanta Margarita con le damigelle - di sdoppiarsi in autoritratti degli autori.
Se i simbolismi dello specchio sono tanti, possono comunque essere raccolti in due grandi categorie, quella del Riflesso e quella del Passaggio. Il Riflesso è rappresentato dal mito di Narciso. Lo specchio è uno strumento per guardarsi, conoscersi e ammirarsi. La sua capacità di restituire l’immagine, e con essa l’identità più intima delle cose, è tale che si temeva che potesse catturare l’anima. Per questo quando moriva qualcuno si coprivano gli specchi: avrebbero potuto trattenere la sua anima nella casa.
La categoria del Passaggio è sintetizzata dal romanzo di Lewis Carroll Through the Looking- Glass, and What Alice Found There. Lo specchio in questo caso è una porta su altri mondi, realtà parallele o contrarie alla nostra. Riflesso o Passaggio, il tratto comune, come ha rilevato Maurizio Calvesi nel saggio Lo specchio.
Simbolo del simbolo, è che lo specchio è uno straordinario strumento di conoscenza perché permette di vedere ciò che non vedremmo: noi stessi, che cosa c’è dietro l’angolo (gli specchi convessi posti agli incroci pericolosi) o oltre lo specchio stesso. E pensare che noi invece gli diamo un’ultima occhiata prima di uscire, o al massimo gli chiediamo di far sembrare più grande una camera, ignari di avere in casa un oggetto magico.
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