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STAIRWAY TO COPY? MA QUANDO MAI! – LA CORTE D’APPELLO AMERICANA HA MESSO UNA PIETRA TOMBALE SULLA CAUSA DI PLAGIO CONTRO I LED ZEPPELIN E LA LORO HIT “STAIRWAY TO HEAVEN”: PER I GIUDICI LA CANZONE NON INFRANGE IL COPYRIGHT DI “TAURUS”, PORTATA AL SUCCESSO DAGLI SPIRIT DUE ANNI PRIMA - UNA VITTORIA RAGGIUNTA SOLO GRAZIE AL FATTO CHE È STATO SCARDINATO IL PRINCIPIO ADOTTATO FINO AD ADESSO DELLA… - VIDEO
Carlo Moretti per "www.repubblica.it"
La Nona Corte d’Appello americana ha messo una pietra tombale sulla lunga causa per plagio contro i Led Zeppelin e la loro famosa hit Stairway to Heaven. I giudici hanno stabilito che la canzone non infrange il copyright di Taurus, portata al successo dagli Spirit nel 1968, cioè due anni prima della pubblicazione del brano dei Led Zeppelin.
La vittoria dei Led Zeppelin fa tirare un sospiro di sollievo ai rappresentanti dell’industria musicale e ridà coraggio a quanti consideravano pretestuose le accuse di plagio nelle cause musicali, a cominciare dai protagonisti dell’ultima e più clamorosa che ha visto nel 2015 la vittoria degli eredi di Marvin Gaye su Pharrell Williams e Robin Thicke, autori del brano Blurred Lines che secondo i giudici plagiava il brano di Gaye Got to give it up.
La corte d’appello americana ha infatti ribaltato il principio adottato fino ad ora della “proporzionalità inversa” tra le prove di disponibilità all’ascolto di un brano e quelle della somiglianza tra due canzoni. In pratica, nei 43 anni precedenti era sufficiente per la corte dava che un autore avesse potuto conoscere la canzone plagiata e che le due canzoni fossero “sostanzialmente simili”. Una regola che ha rappresentato per decenni una spina nel fianco per etichette discografiche, artisti ed autori.
Ribaltando questa regola con la sentenza su Stairway to Heaven, la corte d’appello sottolinea come il principio della disponibilità all’ascolto di un brano è stato messo in crisi dall’era digitale e dall’avvento di servizi di streaming online come YouTube e Spotify che rendono disponibili in ogni momento milioni di brani. “Non abbiamo mai inteso il copyright come la protezione di qualche nota” ha scritto la Corte. “Al contrario abbiamo sempre sostenuto che “una sequenza di quattro note” peraltro comune in musica non sia un’espressione degna di copyright nel caso di una canzone”.
“I giudici hanno fatto giustizia contro una regola terribile” dice Ed McPherson, un avvocato che ha lavorato affiancando la difesa dei Led Zeppelin, per conto delle associazioni degli autori, dei produttori e dei musicisti. “Prima per l’accusa di plagio era sufficiente dimostrare che un artista avesse potuto ascoltare un brano e che ci fosse una vaga somiglianza, ora la devi provare”.
Il verdetto d’appello rappresenta l’ultimo passaggio nella battaglia legale iniziata nel 2014 per iniziativa del giornalista Michael Skidmore e degli eredi del cantante degli Spirit, Randy Wolfe. In primo grado gli Spirit avevano vinto ma la corte d’appello nel 2018 aveva riaperto il caso stabilendo che il giudice Gary Klausner aveva dato istruzioni sbagliate alla giuria.
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