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LEVATO DI TORNO - STEFANO SAVI, SFREGIATO CON L’ACIDO DA MARTINA LEVATO: “ALLA CONDANNA HA PIANTO MA NON SI E’ PENTITA. IO CHIEDO SOLTANTO GIUSTIZIA. VOGLIO CHE QUESTE PERSONE SIANO CONDANNATE. MI HANNO ROVINATO LA VITA”

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Paolo Berizzi e Franco Vanni per “la Repubblica”

 

Felpa scura, cappellino da baseball, occhiali con lenti colorate. «Ormai è la mia divisa». Scherza con gli avvocati e con il padre Alberto, che in tribunale non lo mollano un attimo. Rieccolo, Stefano Stavi. Un anno, due mesi e tredici operazioni dopo. Questa volta è quella buona. Sentite cosa dice prima della sentenza dei giudici.

 

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«La pena? Non mi interessa. L’importante è che li condannino». Loro sono Levato e Magnani, lui è lo sfregiato per errore. Il primo. Quello della discoteca. Quello che la faccia sfigurata dall’acido ce l’ha sempre messa. Perché «volevo vederli in faccia». In aula. «Loro però - dice - non mi hanno mai guardato, né mi hanno mai rivolto la parola. Ma è meglio così».

 

Contento per la sentenza?

«Sì. Almeno adesso ci sono dei colpevoli. La decisione del giudice è chiara, finalmente so chi è stato a ridurmi così».

 

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Si aspettava una pena diversa?

«Non è questo il punto. Non valuto. La pena interessa a loro, non a me. L’importante era che venisse riconosciuta la responsabilità di chi mi ha aggredito. Per uno scambio di persona».

 

Punito perché scambiato per Giuliano Carparelli, un ex flirt di Martina Levato.

«Da quella sera del 2 novembre la mia vita è stata stravolta. Per questo volevo essere in aula oggi (ieri, ndr). Per avere giustizia».

 

Ci credeva nella giustizia?

«Certo. Ho sempre avuto fiducia, fin dall’inizio, ero sicuro che saremmo arrivati a questo giorno ».

 

Che impressione le ha fatto Martina Levato in aula?

«Al pronunciamento della sentenza ha pianto. Questo mi ha fatto rabbia».

 

Perché?

«Era evidente che non piangeva per i reati che ha commesso, ma solo per il fatto di essere stata condannata».

 

Non crede, scusi, che sia pentita per quello che ha fatto?

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«Martina non si è pentita di nulla. Sono sicuro di quello che dico, non mi sbaglio».

 

Torniamo alla sua vita. Come sta adesso?

«Le mie giornate sono molto faticose. Devo stare quindici ore al giorno con una maschera e posso fare poco. È tutto cambiato ».

 

 

In che senso?

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«Prima studiavo, avevo la mia routine, lo studio, gli amici, le uscite. Quello che è successo, oltre che cambiarmi fuori, mi ha cambiato dentro. Ora anche le piccole cose che un tempo davo per scontate mi sembrano preziose. Non vedo l’ora di ricominciare, ogni progresso mi dà felicità».

 

A gennaio dovrà sottoporsi a un nuovo intervento per cercare di recuperare la vista a un occhio.

«Il percorso è lungo, lo so bene. Ci vuole pazienza. Ma si va avanti, inutile pensare a quello che ormai sta dietro le spalle. Il giorno che mi interessa è domani».

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Anche il percorso dei processi è ancora lungo. Suo padre dice che questa sentenza è «un primo risultato», che siete al «50%». Il processo per Alexander Boettcher è ancora in corso.

«Andiamo avanti e vediamo che succede. Io chiedo soltanto giustizia. Voglio che queste persone siano condannate. Tutto qua».

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Il suo è il primo agguato, in ordine cronologico, della “coppia diabolica”. Che cosa ricorda di quella notte del 2 novembre?

«Ero in discoteca, al Divina con amici. Conosco una ragazza, ci baciamo, è una bella serata. Fuori dal privé c’è una donna (secondo l’accusa si trattava di Martina Levato, che con Boettcher scambia Savi per Giuliano Carparelli e cioè il vero obiettivo della coppia, ndr). Alle 5.15 vado verso casa, accompagno un‘amica e arrivo a casa mia».

 

E lì la aggrediscono.

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«Scendo dall’auto per aprire il cancello del box, e mentre risalgo in auto una persona mi getta in faccia un liquido oleoso. Mi acceca, il bruciore del viso aumenta. I miei genitori mi portano in ospedale, dove mi ricoverano. E lì comincia la mia sfida, che vivo giorno dopo giorno senza mollare mai».

 

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