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Chiara Jommi per www.leggo.it
La terra è madre: da essa veniamo e ad essa ritorneremo. Un concetto biblico che trova un nuovo – e meno definitivo – significato a causa della pandemia. Ne è un esempio Valeria Borrelli, 43 anni, milanese d’origine e parmense d’adozione. Il 13 febbraio scorso, subito prima del lockdown, ha ricevuto una chiamata dalla titolare della sanitaria dove lavorava. «Vieni, ti devo parlare», le ha detto. Quando si è presentata in negozio, la sorpresa: «Non posso rinnovarti il contratto».
Lei, che «nella vita non si è mai arresa e ha fatto mille lavori, dalla segretaria all’operatrice di call center», non si è persa d’animo. Ha aperto il suo portatile – che serve anche per le lezioni scolastiche online dei figli ed è quindi spesso occupato - e ha digitato tre parole chiave: «offerte di lavoro». Tra le varie proposte una in particolare ha catturato la sua attenzione. «Cercasi persone disposte a zappare», ha letto. E non si è tirata indietro, nonostante i validi e numerosi studi in marketing e comunicazione.
Il suo non è affatto un caso isolato. La “chiamata alla terra” infatti arriva da Coldiretti in un momento in cui l’Italia agricola arranca per mancanza di manodopera straniera – che ammonta circa al 40% del totale, senza contare tutti gli irregolari - dovuta alla chiusura delle frontiere per contrastare l’epidemia. Il rischio è il collasso del settore e la perdita di più di un quarto dei prodotti made in Italy che arrivano sulla nostra tavola. Il portale, chiamato “Job in country”, è stato creato proprio per salvare la filiera agricola, mettendo in contatto le aziende in cerca di manodopera con persone disposte a lavorare nei campi, anche alla prima esperienza.
Funziona così: le aziende inseriscono la propria offerta di lavoro, indicando le skill professionali richieste, le mansioni da svolgere, luoghi e tempi, la retribuzione prevista; chi cerca lavoro, invece, può inserire il proprio curriculum, dichiarare la propria disponibilità e aggiornare costantemente il proprio profilo. Un esperimento che ha già funzionato in Veneto, con circa 1,500 domande pervenute dagli utenti in una sola settimana, e che è stato quindi esteso in tutta Italia.
«Mi sono ritrovata da un giorno all’altro senza lavoro, in piena pandemia, con due figli da mantenere», spiega Valeria. «Lo stipendio di mio marito non basta per tutti e oltretutto l’Inps sta tardando nell’erogazione degli assegni familiari, così ho dovuto per forza di cose reinventarmi. Mi piace il caldo, ho una sana e robusta costituzione, non ho paura della fatica e sono a mio agio negli spazi aperti. Cosa c’è di meglio che andare a lavorare nei campi?».
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