DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Jaime D'Alessandro per www.repubblica.it
il campus dell'universita' di harvard
Lo hanno capito tutti o quasi: bisogna restare a casa, lavarsi le mani, mantenere la distanza dagli altri. Secondo il primo studio pubblicato da Harvard, sulla base di un'indagine condotta fra il 18 e il 20 marzo su 3453 cittadini, ci sono pochi dubbi sul fatto che i messaggi del Governo siano arrivati. Solo una minoranza fra i più giovani, parliamo del 21 per cento di chi ha fra i 18 e i 29 anni, resta ancora parzialmente refrattaria all'idea di dover fare attenzione a non avvicinarsi troppo alle persone. Ora però bisognerebbe cambiare registro perché i pericoli maggiori arrivano dalle difficoltà psicologiche della vita in quarantena.
Lo sostiene il COVID - 19 International Behavioral Science Working Group, una task force di esperti del mondo delle scienze comportamentali guidati dal Prof. Gary King di Harvard. Al suo fianco colleghi, diversi gli italiani, che lavorano fra le altri in istituzioni del calibro del Mit, Oxford, London School of Economics, Università di Warwick, di Chicago, Princeton, Berkeley, Luiss Guido Carli.
"Gli occhi del Mondo sono puntati sull'Italia", spiega Federico Raimondi Slepoi, fra gli autori dello studio. Appena ventisettenne, è il fondatore della prima unità governativa di economia comportamentale in Italia e consulente di diverse istituzioni tra cui il Ministero dell'Ambiente e Roma Capitale. "Siamo in anticipo di due settimane sugli altri Paesi, capire quello che succede da noi è fondamentale".
L'obiettivo del gruppo è mettere a disposizione gli strumenti e le evidenze per supportare i governi e la comunità internazionale nelle strategie di contrasto del Coronavirus. Il team ha effettuato una prima rilevazione il 12 marzo per sondare la risposta degli italiani all'auto isolamento. Erano i giorni immediatamente successivi al decreto che ha reso tutta Italia zona arancione, ed subito stata notata la buona risposta da parte della popolazione. Il mantra di #iorestoacasa è stato osservato in maniera seria e omogenea in tutta Italia e tra tutte le fasce d'età. Con l'unica leggera eccezione nella fascia fra i 18-29 anni.
Gli esperti hanno poi realizzato una seconda rilevazione tra il 18 e il 20 marzo a cui hanno risposto i 3453 cittadini. L'adesione alle norme di prevenzione c'è stata, ma c'è stato anche un aumento della preoccupazione da parte degli intervistati sulle ripercussioni dell'isolamento per la propria salute mentale. A spaventare, considerando l'incertezza sul futuro e la possibilità che queste misure durino oltre il 3 aprile, sono l'aumento dei conflitti familiari e la crescita di ansia, stress e noia.
Uno studio simile, ancora in atto e portato avanti dal gruppo guidato da Antonio Tintori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), assieme a psicologi dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), si sta concentrando sullo stesso pericolo. In una dimensione di convivenza forzata con i famigliari e di distanza da tutto il resto, in Cina ad esempio i divorzi sono aumentati del 30 per cento e così anche le violenze domestiche.
Le conclusioni della ricerca COVID - 19 International Behavioral Science Working Group suggeriscono una fase due nella strategia comunicativa delle istituzioni. "Ora è fondamentale non abbassare la guardia e cercare di prevenire gli effetti negativi del distanziamento sociale", prosegue Slepoi. Dall'incentivare l'attività fisica a casa, all'utilizzare la tecnologia per aumentare le interazioni sociali che ridiano per quanto possibile un quadro di normalità e quotidianità, al promuovere la lettura o altre passioni che nel tempo sono uscite dalle abitudini". Non più solo #iorestoacasa quindi. Perché se bisognerà rimanerci ancora a lungo bisogna avere anche una strategia per non impazzire.
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