DEAR DEATH - BRITTANY MAYNARD HA SCELTO DI ANDARSENE PRIMA CHE IL TUMORE LA RENDESSE INCAPACE DI DECIDERE - IL SUO CASO, MOLTO DISCUSSO NEGLI USA, POTREBBE CAMBIARE IL DIBATTITO SULLA MORTE ASSISTITA

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1. L’ADDIO DI BRITTANY: “HO SCELTO LA DIGNITÀ”

G.Cad. per “la Repubblica

 

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È morta con dignità, come aveva scelto di fare, prima che il cancro al cervello la rendesse incapace di decidere. Brittany Maynard ha rivendicato fino all’ultimo il diritto di vivere come voleva, di scegliere la sua strada nella vita e anche nella morte. Il 19 novembre avrebbe compiuto trent’anni, ma non ha atteso.

 

Se n’è andata sabato: «È morta come ha voluto lei, nel suo letto», racconta chi le è stato vicino. Ha potuto farlo con l’aiuto dei medici dell’Oregon, uno dei cinque stati americani che riconoscono il diritto all’eutanasia. Nel suo ultimo messaggio ha ancora una volta rivendicato la sua scelta: «Se cambiamo i nostri pensieri, cambiamo il mondo». Il video su YouTube in cui raccontava la sua storia è stato visto da oltre un milione di persone, che in tutto il mondo si sono divise fra critici e sostenitori: da chi la accusa di aver fatto «la scelta dei codardi», a chi esprime compassione e cordoglio.

 

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Secondo Marcia Angell, ex direttore del New England Journal of Medicine, il caso di Brittany cambierà il dibattito sulla morte assistita. Per l’esperto di bioetica Arthur Caplan la ragazza non ha fatto nulla di immorale: «Dio ci ha creato con il libero arbitrio. Farlo intromettere in decisioni sulla dialisi o le macchine cuore-polmone equivale a banalizzare la sua divinità».

 

Anche in Italia la discussione è accesa: si va dal richiamo al rispetto, pronunciato da Salvino Leone, docente di Teologia morale ed esperto di bioetica, alla «tristezza» segnalata da monsignor Vincenzo Paglia, che parla di «grande sconfitta per tutti». Il «grazie» dei radicali si affianca alla valutazione di Umberto Veronesi, che considera quella di Brittany «una grande lezione di civiltà».

 

2. L’ULTIMO MESSAGGIO PRIMA DI MORIRE - ASPETTARE? DOMANI POTREI NON FARCELA

Testo dell’ultimo messaggio di Brittany Maynard - Traduzione di Luisa Piussi

 

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QUESTO è il testo dell’ultimo messaggio video di Brittany Maynard. È stato diffuso ieri, dopo l’annuncio della sua morte, dal sito www. thebrittanyfund. org, a lei dedicato dall’associazione “ Compassion & Choices” che si batte per l’eutanasia

 

Se il 2 novembre sarò morta, la mia speranza è che la mia famiglia sia ancora fiera di me e delle scelte che ho fatto. Ma se il 2 di novembre io fossi ancora viva, già so che continueremo ad andare avanti come una famiglia grazie all’amore che ci lega. In quel caso, la decisione verrà posticipata.

 

Certa gente mi critica perché non aspetto più a lungo; altri hanno deciso per conto loro cos’è meglio per me. Tutto questo mi addolora perché sono io quella che rischia: rischio ogni singolo giorno, ogni volta che mi sveglio al mattino. Lo faccio perché mi sento ancora abbastanza bene, perché riesco ancora a gioire, perché rido e scherzo con gli amici e la famiglia, e perciò non sembra ancora il momento giusto.

 

Però, so che quel momento arriverà, infatti sento che sto peggiorando, di settimana in settimana. Esco ancora a passeggiare con mio marito, con la mia famiglia, con i cani, e sono proprio queste le cose che ultimamente mi fanno sentire meglio. Ma dal primo di gennaio, quando è stata fatta la diagnosi, le cose non fanno che peggiorare. È così che procedono le malattie terminali: si peggiora sempre di più.

 

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Allora cosa fai? Cominci a eliminare tutte le cose materiali, le sciocchezze a cui sembriamo essere così attaccati nella nostra società, e ti rendi conto che sono quelli i momenti che contano. La cosa peggiore che può capitarmi è di prolungare l’attesa troppo a lungo: nonostante io sia pronta alla sfida, ogni singola giornata, la malattia mi priva sempre più della mia autonomia: è la natura del mio tumore.

 

Se vogliamo parlare degli aspetti più terrificanti... Ad esempio, ho avuto una brutta serie di crisi, circa una settimana fa. Me ne sono capitate due al giorno, un fatto insolito. A un certo punto stavo guardando il viso di mio marito e pensavo: è mio marito, lo so, ma non riesco più a pronunciare il suo nome. Per colpa di quella crisi sono andata in ospedale.

 

Svegliarsi ogni giorno nel mio corpo è una sensazione strana, perché è così diverso da com’era appena un anno fa. Tanto per chiarire, negli ultimi tre mesi sono ingrassata di oltre dieci chili, solo per i farmaci che ho inghiottito.

 

Non mi piace essere fotografata, non mi piace essere filmata e non mi piace starmene troppo tempo davanti allo specchio. Non è che io provi odio e ripugnanza verso me stessa: è solo che il mio corpo è cambiato tanto rapidamente, che quasi non mi riconosco. È una faccenda intima. Penso che a volte la gente mi guardi e pensi: non hai l’aria della malata, come dici di essere. Anche questo mi addolora, perché se ho una crisi e poi non riesco a parlare, è ovvio che io senta tutto il peso della mia malattia.

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Se tutti i miei sogni potessero avverarsi, sopravvivrei, ma è molto improbabile che ciò avvenga; perciò, quando penso a mia madre e al fatto che io sia figlia unica, voglio che lei si riprenda, che non crolli, che non soffra di depressione. Quanto a mio marito, è un uomo meraviglioso. È naturale che tutti debbano poter piangere unlutto, ma voglio che lui sia felice, che abbia una famiglia, che non passi la vita a piangere sua moglie. Insomma, spero che continui la sua vita, che diventi un padre.

 

Il mio obiettivo, ovviamente, è di influenzare la politica affinché approvi il cambiamento consapevole. Vorrei che tutti i cittadini americani avessero accesso agli stessi diritti legati alla salute. Ma al di là della politica, i miei obiettivi sono piuttosto semplici: si riducono alla mia famiglia e ai miei amici. Voglio assicurarmi che sappiano quanto sono importanti per me e quanto li amo.