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IL TAR DEL LAZIO FERMA FRANCESCHINI ANCHE SUL PARCO DEL COLOSSEO – ACCOLTO IL RICORSO DELLA RAGGI CHE ESULTA: “SCONFITTO IL GOVERNO, HANNO VINTO I CITTADINI” – DOPO LA BOCCIATURA DEI DIRETTORI IL MINISTRO FRANCESCHINI INCASSA UN’ALTRA MAZZATA DAL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO: "NON È FINITA, IMPUGNEREMO LA SENTENZA"

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Laura Martellini per il Corriere della Sera

 

Raggi contro Franceschini nella contesa sul Colosseo. La sindaca di Roma ha vinto il primo round giudiziario: 36 pagine del Tar del Lazio per dire che il ricorso del Comune contro l' istituzione del parco archeologico del Colosseo, disposta con decreto del Mibact del 12 gennaio 2017, «è fondato e deve essere accolto».

 

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La santa alleanza fra Roma Capitale e ministero dei Beni culturali, siglata quand' era sindaco Marino, sfuma sotto i colpi di un decreto che ha ristretto le competenze della Soprintendenza Speciale di Roma, riservandole, fra l' altro, solamente il 30% dei ricavi dei biglietti del parco archeologico. La sentenza del tribunale amministrativo ripristina ora i vecchi confini nella carta archeologica di Roma, anche se l' affresco non è definitivo.

 

La prima motivazione con cui il Tar del Lazio dà ragione al Campidoglio è di carattere economico. Il Colosseo è il monumento più ricco e visitato d' Italia. Un serbatoio da oltre 44 milioni di introiti l' anno.

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«Gli incassi del Colosseo - sostiene il Tar - erano destinati alla Soprintendenza per l' archeologia di tutto il Comune di Roma, e poi all' area interna alle Mura aureliane, oltre ai siti esterni individuati con il decreto dell' aprile 2016. La nuova configurazione avrebbe comportato la perdita per la città di Roma, e in particolare per tutte le aree archeologiche escluse dal parco e rimaste di competenza della Soprintendenza speciale, di gran parte dei proventi del Colosseo. E l' eliminazione della rilevanza unitaria dell' area all' interno delle Mure aureliane».

 

Si precisa: «Alla città di Roma è attribuito un ruolo particolare nell' attività di valorizzazione dei beni culturali romani, rispetto a cui lo Stato, pur mantenendo le proprie funzioni in materia di organizzazione degli uffici, non può incidere unilateralmente, trattandosi di aspetti relativi alla valorizzazione dei beni culturali, le cui funzioni amministrative sono state attribuite alla competenza concorrente di Roma Capitale». Insomma, non se ne parla di sminuire, ridurre, scorporare.

 

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A prestare il fianco sarebbe anche il decreto di rimodellamento. Il ministero non avrebbe «alcun potere di creare un nuovo ufficio dirigenziale generale, come quello istituito per il parco archeologico del Colosseo. Risulta evidente lo straripamento di potere in relazione alle previsioni normative». Sospeso ovviamente anche il bando per la selezione pubblica internazionale di un direttore per un parco che (forse) non si farà.

 

Alla fredda sequenza del Tar fa eco la reazione rovente dei sostenitori di Mibact e Comune. Più misurato l' intervento del ministro Dario Franceschini, che affida a un Tweet la sua amarezza: «Stesso Tar dei direttori stranieri boccia il parco archeologico del Colosseo. 31 musei e parchi in Italia vanno bene, il 32esimo no... Impugneremo». Esulta Virginia Raggi, sindaca di Roma: «Colosseo, hanno vinto i cittadini. Bene Tar, sconfitto il tentativo del governo! Roma resta di tutti».

 

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Le fa eco il vicesindaco Luca Bergamo: «Una decisione importante che consente di riprendere il discorso su una visione unitaria del patrimonio culturale della città, che non può essere visto come semplicemente asservito al turismo».

 

Francesco Giro ex sottosegretario ai Beni culturali plaude alla «pietra tombale su una riforma invasiva, radicale e caotica». Stefano Pedica del Pd invece contrattacca: «Raggi la smetta di fare la pasdaran grillina e cominci a pensare seriamente al bene di Roma». E prosegue la querelle cancellata sì/cancellata no al Colosseo. Ieri l' intervento di Bergamo: «L' assembramento si sposta da un posto all' altro e non si risolve il problema».

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