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IL TERRORISMO A CASA NOSTRA - BLITZ IN LOMBARDIA E TOSCANA: ARRESTATI I FAMILIARI DELLA JIHADISTA ITALIANA: ERANO PRONTI A PARTIRE PER LA SIRIA - I PROCLAMI VIA SKYPE DI MARIA GIULIA SERGIO: ''AMMAZZIAMO I MISCREDENTI PER ALLARGARE LO STATO ISLAMICO''

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1. TERRORISMO, DIECI ARRESTI E PERQUISIZIONI IN LOMBARDIA E TOSCANA

Da “repubblica.it”

 

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E' in corso dalle prime ore di stamattina una vasta operazione della polizia contro il terrorismo internazionale. L'operazione, denominata "Martese", sta conducendo a numerosi arresti e perquisizioni nelle province di Milano, Bergamo, Grosseto e in una città dell'Albania. Secondo le anticipazioni dell'Espresso, tra gli arrestati ci sono i genitori e la sorella di Maria Giulia Sergio, la jihadista italiana partita per la Siria nel 2014.

Nel complesso sono coinvolte dieci persone appartenenti a due gruppi familiari e ritenute pronte a partire per combattere in Siria: quattro gli italiani, 5 di nazionalità albanese e uno di nazionalitò canadese. A tutti e 10 sono contestate a vario titolo le accuse di associazione con finalità di terrorismo e di organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo.

 

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Le indagini condotte dalla Sezione Antiterrorismo della Digos di Milano hanno permesso di accertare che gli indagati fanno parte di due nuclei familiari, di cui uno formato da cittadini italiani convertiti da qualche anno all'Islam e determinati a partire per la Siria; l'altro composto da cittadini di nazionalità albanese residenti a Scansano, in provincia di Grosseto. Il collante tra le due famiglie sarebbe rappresentato da una giovane coppia che si è unita in matrimonio nel settembre scorso ed è poi partita alla volta della Siria.

L'attività investigativa è iniziata a ottobre - in campo polizia e Ucigos - ed riguardato in particolare, spiega una nota della polizia, "la giovane donna della coppia, cittadina italiana, che subito dopo la conversione ha intrapreso un percorso di radicalizzazione che l'ha poi spinta a partire insieme al marito alla volta della Siria, per raggiungere lo Stato Islamico e partecipare alla jihad". Il percorso dei due sposi verso la Siria è stato ricostruito "attraverso l'intercettazione dell'utenza in uso a un coordinatore dell'organizzazione deiforeign fighters dello Stato Islamico"; intercettazione che ha reso "possibile ricostruire l'attività di smistamento degli stranieri che da varie parti del mondo partono per raggiungere" i miliziani del Califfato.

Le indagini, secondo le anticipazioni esclusive dell'Espresso, avrebbero inizialmente ricevuto una svolta dall'intercettazione delle comunicazioni via computer tra Maria Giulia Sergio e i familiari. Nei giorni scorsi, la famiglia ha ritirato l'ultimo passaporto in fase di rinnovo e questo fatto avrebbe portato all'accelerazione ed agli arresti di questa mattina all'alba.

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2. CALIFFATO, DIECI INDAGATI IN ITALIA NEL MIRINO IL CLAN DI LADY JIHAD

Fausto Biloslavo per “il Giornale”

 

Maria Giulia Sergio, la Lady Jihad italiana arruolata nello Stato islamico, annuncia dalla Siria che la battaglia finale contro i miscredenti sarà la conquista di Roma. Suo marito Aldo Kobuzi, di origine albanese, combatte da mujahed e taglia le mani ai ladri.

 

Marianna, la sorella di Maria Giulia, vuole raggiungerla in Siria assieme a mamma e papà. La famiglia albanese di Lady Jihad , che vive a Scansano, in provincia di Grosseto, ha aiutato gli sposi della guerra santa a raggiungere il Califfato.

 

Dieci persone coinvolte in questa storia sono indagate dalla Procura di Milano, che sta tirando le somme dell'inchiesta grazie al minuzioso lavoro della Digos del capoluogo lombardo. Nel mirino un'allegra rete familiare della guerra santa, che fra Inzago e la Maremma, è coinvolta nella scelta radicale di Maria Giulia Sergio - 27 anni, originaria di Torre del Greco, convertita all'islam - di raggiungere il Califfato.

 

E dal nord della Siria, dove si trova, sostiene che i mujaheddin marceranno prima sulla Turchia, poi in Arabia Saudita «e alla fine, Inshallah, a Roma ci sarà una grande battaglia».

 

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Il 17 settembre scorso, la Lady Jihad italiana sposa il giovane albanese Aldo Kobuzi in un matrimonio «combinato» nella moschea lombarda di Treviglio. L'obiettivo è partire per la guerra santa accompagnata da un uomo, altrimenti non sarebbe stata accettata. I parenti di lui, come lo zio Baki Coku, che vivono a Scansano, aiutano la coppietta jihadista.

 

Cinque giorni dopo il matrimonio Lady Jihad e il marito prendono un volo da Roma a Istanbul e poi a Gaziantrep. In Turchia contattano l'emiro Ahmed Abu Alharith, che coordina il flusso dei volontari pronti a combattere per lo Stato islamico. Sul suo cellulare turco arrivano chiamate a raffica da Francia, Svezia, Svizzera, San Marino, oltre che Libia, Afghanistan, Marocco, Oman di aspiranti mujaheddin che vogliono andare in Siria.

In ottobre la coppia giunta dall'Italia supera il confine e si stabilisce a Sed Forouk, una roccaforte dello Stato islamico.

 

Assieme a loro c'è anche Donika Coku, la madre di Kobuzi e sua sorella Serjola, 19 anni, che ha avuto da poco un bambino da un mujahed albanese ucciso in combattimento. Aldo si sposta subito in un campo di addestramento e torna dopo un paio di mesi con compiti di polizia. Durante la sua assenza alla moglie non viene fatto mancare niente, grazie al «bottino di guerra» del Califfato.

 

Maria Giulia, parlando con la sorella Marianna rimasta a Inzago, racconta che Said, il nuovo nome islamico dal marito, «come soldato di Allah ha lapidato con altri fratelli un uomo sposato che è andato con un'altra donna». La stessa Lady Jihad spiega che si sta addestrando all'uso delle armi e che ha sparato due volte, prima con un kalashnikov e poi una pistola. E rivela senza peli sulla lingua, che vuole sacrificarsi per Allah. Quando il Califfo, Abu Bakr Al Baghdadi, darà «la conferma alle donne per il Jihad, vi saluto, ok? Non vedo l'ora di morire da martire».

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Dall'arrivo in Siria la mujahed dell'islam radicale insiste via Skype con la famiglia per convincere la sorella Marianna, la madre Assunta e il papà Sergio, tutti convertiti, a raggiungerla.

 

I genitori sono perplessi, ma la figlia rimasta a Inzago si fa abbindolare. Un ruolo cruciale nell'indottrinamento delle sorelle Sergio viene giocato da Haik Bushra, cittadina di origini siriane nata a Bologna, che fa il lavaggio del cervello alle aspiranti combattenti via internet. Bushra risiede a Riyad, capitale saudita e si presenta come insegnante di Corano. In realtà fa propaganda per lo Stato islamico e fornisce alle adepte il link per la pubblicazione in italiano che esalta il Califfato scritto da Halil el Mahdi, indagato dalla procura di Brescia.

 

L'insegnante giustifica le stragi dell'Isis contro gli stessi musulmani sciiti considerati eretici: «Non stanno uccidendo i credenti, ma i traditori che si sono macchiati di apostasia».

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Assunta, mamma di Lady Jihad , tentenna ancora per la partenza verso la Siria dicendo che deve accudire la nonna. Maria Giulia è secca: «La nonna, non convertita, è una miscredente» e invita ad abbandonarla. «Noi abbiamo il nostro capo di Stato, Abu Bakr al Baghdadi» tuona la giovane che si fa chiamare Fatima Az Zahara e invita pure i genitori a uccidere i miscredenti.

 

Alla fine la famigliola Jihad di Inzago cede e comincia a fare i bagagli. Papà Sergio si licenzia per ottenere una buona uscita di 25mila euro, che serviranno in Siria.

Dalla roccaforte dell'Isis arrivano notizie di una vita idilliaca sulla strada di Allah. Per dimostrarlo la coppia jihadista manda via Skype dei selfie. Lui in alcuni scatti è mascherato, in altri ha una cartucciera a tracolla e ostenta il barbone rossiccio. Di lei si vedono solo gli occhi nascosti dal velo nero integrale. Maria Giulia ha anche girato un video del suo addestramento con il kalashnikov, ma il marito le proibisce di inviarlo in Italia per timore che venga intercettato dall'antiterrorismo.

 

Lady Jihad racconta orgogliosa di come ha cucinato per la famiglia di un «martire» e la volontà di un giovane mujahed di andare «in Paradiso per sposare le mogli vergini promesse» piuttosto che seguire i consigli della madre di sopravvivere. Al padre promette che una volta in Siria potrà acquistare una jeep per meno di tremila euro e gli sarà consegnato un kalashnikov. Ai timori della madre sugli ostacoli logistici per raggiungere il Califfato la ragazza votata alla guerra santa garantisce: «Ci sono dei mujaheddin in Italia... hanno dei collegamenti... non preoccuparti».

 

3. AMMAZZIAMO I MISCREDENTI PER ALLARGARE LO STATO ISLAMICO

Da “il Giornale”

 

«Noi qui stiamo ammazzando i miscredenti per poter allargare lo Stato islamico, ok?» annuncia via Skype, in collegamento con l'Italia dalla Siria, Maria Giulia Sergio. 
Lady Jihad pensa di non essere intercettata e parla a ruota libera. «È finito il tempo che il musulmano sta nella terra della miscredenza, quello era il tempo dell'ignoranza, adesso c'è il khalifa (il Califfo, ndr)» spiega ai familiari la convertita alla guerra santa. E loda «i mujaheddin che hanno 15/16 anni e ammazzano 50 miscredenti. Dio è grande, no?».

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Nella stessa conversazione Maria Giulia trasformata in Fatima sottolinea: «C'è bisogno della legge islamica e qui abbiamo la legge islamica...quante volte ti ho detto: oggi hanno tagliato una mano di qua e di là, questa è la legge di Allah lode a lui l'Altissimo». E ancora descrive «i mujaheddin bellissimi, fortissimi, intelligenti, una meraviglia» secondo la Lady Jihad italiana partono per la guerra santa «e poi vanno da Allah...» uccisi in battaglia «perché? Qualcuno dà loro dei soldi? No, no...» lo fanno «per il Paradiso».
 

Il coordinatore dei volontari del Califfo, l'emiro Ahmed Abu Alharith, fornisce istruzione agli aspiranti mujaheddin che arrivano dall'Europa e dai paesi arabi da un cellulare turco: «Non portare con te apparecchi elettronici, tipo computer, laptop e i telefoni intelligenti, come iPhone, Samsung, Galaxi» per evitare di venire individuati dai servizi segreti occidentali. E aggiunge: «Ognuno deve avere una sola valigia».
 

la prossima generazione di jihadistila prossima generazione di jihadisti

Ben più inquietante quando un altro seguace del Califfo parla con un reclutatore in Libia, che inviava volontari in Siria. «Lo Stato islamico esiste già in Libia - sostiene il mujahed - Non c'è bisogno di mandarci fratelli in Siria. Cioè possono operare in Libia e anche in Tunisia». Come si è visto con le stragi al museo del Bardo di Tunisi e sulla spiaggia di Sousse dello scorso venerdì.
 

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Bushra Haik, canadese nata a Bologna, che vive in Arabia Saudita, è responsabile dell'indottrinamento on line, in italiano, di Maria Giulia, la sorella Marianna e altre donne. Non solo invita a raggiungere il Califfato, ma ne giustifica gli orrori, come l'esecuzione del pilota giordano catturato e bruciato vivo. «Noi sappiamo che esiste la pena del contrappasso - sostiene l'insegnante del Corano -. Questi piloti hanno combattuto con gli stati crociati, l'America, l'Europa. Chi si allea con i miscredenti diventa una di loro. È stato preso mentre faceva dei raid bruciando dei musulmani. Per questo deve essere punito nella stessa maniera».
 

Marianna Sergio, che vuole raggiungere in Siria la sorella, è scatenata: «Gli americani quando sono andati in Irak, quante donne hanno violentato? Sai quante donne hanno mandato con una bomba (in missione suicida, ndr) perché vogliamo morire piuttosto che avere nella pancia ‘sti bastardi di americani». 
 

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L'8 gennaio Marianna chiama Arta Kacabuni, che vive a Scansano in Maremma, per informarla della strage al giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi. La parente albanese del cognato mujahed che combatte in Siria esulta: «Hanno fatto bene, che Allah li ricompensi».