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Francesco Spini per “La Stampa”
Avanti verso la scissione di Tim: da una parte la rete, dall'altra i servizi. Il consiglio di amministrazione, al termine di una riunione fiume di 6 ore, all'unanimità dà mandato al nuovo amministratore delegato Pietro Labriola di «esplorare possibili opzioni strategiche mirate a massimizzare la creazione di valore per gli azionisti».
E questo, si sottolinea nella nota di Telecom, «con specifico riferimento agli asset infrastrutturali del gruppo, anche attraverso soluzioni che comportino il superamento dell'integrazione verticale». Un linguaggio tecnico che sottintende la separazione della rete dai servizi. Ed è questo il punto centrale delle linee guida del piano che Labriola, alla prima riunione dopo la sua nomina come ad, presenta al consiglio in vista dell'approvazione definitiva del 2 marzo.
Una strategia che Labriola sviluppa su due filoni. Da un lato il manager di fronte a un consiglio che lo tempesta di domande evidenzia come «sia necessario intraprendere un percorso di trasformazione delle offerte e dei servizi alle persone e alle famiglie e sviluppare i servizi alle imprese» nell'ambito del cloud (la nuvola informatica), l'Internet delle cose, la cybersicurezza «facendo leva sulle competenze e sul diffuso patrimonio tecnologico del gruppo».
E pure sul «controllo dei costi e dei risultati operativi». Dall'altro il manager pone l'accento sull'«importanza di assicurare all'infrastruttura di rete una prospettiva industriale di crescita, che si stabile e duratura nell'interesse di tutti gli stakeholder».
La strada appare dunque tracciata verso le due Telecom. La NetCo con la rete, Sparkle e Telsy. E la ServiceCo - nei fatti quella che Labriola chiama la «New Tim», la nuova Telecom - con i servizi, il cloud, TimVision, Olivetti, le quotate Inwit, Tim Brasil.
Sarà la società di rete a caricarsi il maggior numero di dipendenti (si dice fino a 30 mila dei 43 mila totali in Italia) e del debito, visto che con un ebitda stimabile nei pressi di 4 miliardi può sostenerne ben oltre la metà. Un piano che nasce con l'appoggio dei due principali azionisti. Della Cdp (9,81%), che è interessata allo sviluppo dell'infrastruttura da mettere a fattor comune con Open Fiber (di cui ha il 60%) per creare la rete unica.
E di Vivendi (23,75%), concentrata sul futuro dei servizi e nel valorizzare il proprio investimento. Una concordia tra soci destinata a durare almeno finché non si parlerà delle valutazioni delle due entità in fieri. Il primo effetto del piano a cui lavora Labriola sarà quello di rendere assai complicata la possibile Opa a 50,5 centesimi (contro i 41 centesimi a cui Tim scambia in Borsa) del fondo americano Kkr, che in mente ha un progetto di separazione del tutto analogo a quello esaminato ieri dalla società.
La risposta del cda alla manifestazione di interesse, però, tarda ad arrivare. Il comitato ad hoc, spiegano da Tim, «sta continuando il lavoro» con gli advisor anche per comprare l'interesse del fondo «con le prospettive del gruppo e con le alternative strategiche destinate ad esser considerate nel quadro del piano». -
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