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Federica Mereta per “la Repubblica - Salute”
Chi soffre di allergia e abituato: nei periodi a rischio, prima di mettersi in marcia, guarda la classica tabella dei pollini e provvede a fare le sue scelte, evitando che le sue mucose incontrino i possibili “nemici”. Per il benessere dell’apparato cardiovascolare, sarebbe necessario fare lo stesso.
Se il vostro cuore e a rischio perche soffrite di diabete, avete il colesterolo e/o la pressione alta, siete sovrappeso, fate i conti con malattie croniche dell’apparato respiratorio, abituatevi a guardare l’indice di qualita dell’aria oltre a controllare la temperatura esterna. Il cocktail clima rigido e ristagno degli inquinanti puo diventare una minaccia per la salute delle arterie, tanto da aumentare il rischio di andare incontro a un infarto.
A lanciare l’ennesimo appello sulla necessita di ridurre gli inquinanti emessi da tubi di scarico, riscaldamenti e fabbriche e un editoriale pubblicato sul New England Journal of Medicine, a firma di Sanjay Rajagopalan, dell’Ospedale Universitario di Cleveland, e Philip J. Landrigan, del Dipartimento di Biologia dell’Universita di Boston.
L’analisi prende in esame le piu recenti osservazioni scientifiche sul tema e, oltre a consigliare il controllo delle polluzioni atmosferiche prima di uscire per chi ha il cuore non proprio in forma, gli esperti avvisano di ridurre per quanto possibile jogging e corsa veloce quando l’aria e particolarmente inquinata, di non esporsi ad attivita lavorative che possono farci respirare sostanze nocive, di utilizzare mascherine se l’inquinamento e alle stelle, di preferire per gli spostamenti gli orari in cui il traffico cala.
Il tutto, ricordando che anche a casa possiamo fare qualcosa: in primo luogo tramite la classica misura di “aprire le finestre” (ovviamente se all’esterno l’aria e buona), utilizzando depuratori ambientali ed evitando quelle fonti di inquinamento domestico, a partire dal fumo di sigaretta fino all’abuso delle candele profumate, che possono mettere a repentaglio il benessere cardiovascolare.
«I diversi inquinanti atmosferici possono avere un’azione negativa molto pesante su cuore e arterie, attraverso meccanismi diversi che purtroppo tendono a sommarsi tra loro e a moltiplicare gli effetti pericolosi», spiega Massimo Volpe, ordinario di Cardiologia all’Universita Sapienza di Roma e Presidente della Societa italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec): «Sappiamo che l’esposizione al particolato (riconoscibile con la sigla Pm e numeri diversi a seguire) puo indurre un danno vascolare diretto, attraverso un aumento dei processi ossidativi delle cellule della parete arteriosa, con conseguente incremento dei radicali liberi nocivi per le cellule stesse, oltre a favorire l’infiammazione».
Tutto e dovuto al fatto che il tessuto arterioso, esposto all’azione di questi componenti, sviluppa meccanismi difensivi che purtroppo col tempo risultano nocivi per la salute. Da un lato, questi sistemi di difesa portano ad attivare invisibili segnali intracellulari che a loro volta determinano appunto la produzione di radicali liberi; dall’altro, l’infiammazione tende a richiamare i polimorfonucleati (particolari globuli bianchi) e le piastrine con una maggior tendenza alla coagulazione del sangue.
Il risultato e che si e maggiormente predisposti all’aterotrombosi, e, soprattutto, chi gia soffre di patologie cardiovascolari – o comunque ha dei fattori predisponenti – rischia che si rompa piu facilmente una placca su un’arteria, come per esempio una coronaria o la carotide, e che si ostruiscano i vasi. Aumenta, quindi, il pericolo di andare incontro a un infarto o a un ictus.
A completare il quadro dei possibili effetti diretti dell’inquinamento sulla salute dell’apparato cardiovascolare, infine, «va ricordato che in genere l’esposizione cronica favorisce la vasocostrizione e quindi l’innalzamento della pressione, con la piu probabile comparsa di ipertensione», aggiunge Volpe. Insomma: l’inquinamento atmosferico, come ricordano gli esperti sul New England Journal of Medicine, puo quasi essere considerato un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo di cui tenere conto.
«La variazione a breve termine dei livelli di Pm (da ore a giorni) e associata a un aumento dei rischi di infarto miocardico, ictus e morte per malattie cardiovascolari», scrivono gli esperti sulla prestigiosa rivista americana. Che non e pero l’unica a sottolineare la relazione tra smog e malattie cardiovascolari. Al Nejm si aggiunge, infatti, il grande studio internazionale su quasi 160 mila persone adulte tra i 35 e i 70 anni seguite per 15 anni, coordinato dagli scienziati dell’Universita Statale dell’Oregon e apparso su Lancet Planetary Health.
Durante il periodo di osservazione piu di 3200 persone sono morte per malattie cardiovascolari e circa 9.150 hanno avuto un infarto o un ictus. Gli eventi sono aumentati del 5% per ogni 10 microgrammi per metro cubo in piu rilevati nella concentrazione di particolato fine (Pm 2.5), uno degli inquinanti atmosferici piu diffusi, con una traslazione statistica che fa riflettere: il 14% di tutti gli eventi cardiovascolari osservati potrebbe essere attribuibile proprio al particolato Pm 2.5.
I dati sono confermati anche da osservazioni italiane, come la ricerca pubblicata su Jacc Cardiovascular Imaging dai cardiologi della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs che mette in luce un’associazione tra i livelli di esposizione alle polveri fini (Pm 2,5) e la presenza di placche aterosclerotiche piu infiammate e aggressive, cioe pronte a causare un infarto per rottura di placca.
«La ricerca – spiega il primo autore dello studio, Rocco A. Montone, cardio- logo interventista e di terapia intensiva cardiologica del Gemelli – ha preso in esame 126 pazienti con infarto miocardico, sottoposti ad Optical Coheren- ce Tomography (Oct), un’indagine con uno speciale microscopio che permette di visualizzare le placche coronariche direttamente dall’interno dei vasi».
Correlando le caratteristiche delle placche con l’esposizione anche per due anni precedenti a inquinanti ambientali si e visto che i pazienti che respirano a lungo aria inquinata, in particolare il particolato fine, che penetra in profondita nei polmoni soprattutto se respirato dalla bocca, presentano placche aterosclerotiche coronariche piu aggressive e prone alla rottura (sono piu ricche di colesterolo e hanno un cappuccio fibroso piu sottile).
E, infatti, nelle persone esposte a elevati livelli di Pm 2,5, il fattore scatenante dell’infarto e piu spesso la rottura del- portante sul campo mostrando che esiste una particolare associazione tra aumento del Pm 10 e patologie cardiovascolari durante i picchi di epidemie influenzali, a conferma di quanto le infezioni virali possano fare da “carburante” per le reazioni di arterie e cuore.
Stando alla ricerca, in autunno e in inverno l’innalzamento di 10 microgrammi/m3 di Pm 10 causerebbe un incremento del rischio cardiovascolare tra il 18 e il 23%, probabilmente a causa della placca aterosclerotica.
Le placche infiammate (cioe infiltrate da macrofagi) ed e presente anche un maggior livello di infiammazione sistemica, testimoniato dall’aumento dei livelli di proteina C reattiva nel sangue. Insomma: l’inquinamento atmosferico, e in particolare quello da particolato associato agli altri invisibili elementi che respiriamo, diventa una minaccia per il benessere cardiovascolare.
Un’ulteriore conferma italiana la offre una ricerca pubblicata qualche tempo fa su International Journal of Environmen- tal Research and Public Health, condotta dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dall’Istituto Clinico Humanitas. Lo studio ha dimostrato come il rischio di accesso al pronto soccorso per eventi cardiovascolari acuti sia associato all’aumento del particolato atmosferico (Pm 10) secondo un andamento stagionale, piu dannoso nel periodo autunno-inverno, ma anche piu pericoloso nelle giornate con alte temperature atmosferiche.
Non solo: la ricerca ha aggiunto un tassello im ortante sul campo mostrando che esiste una particolare associazione tra aumento del Pm 10 e patologie cardiovascolari durante i picchi di epidemie influenzali, a conferma di quanto le infezioni virali possano fare da “carburante” per le reazioni di arterie e cuore. Stando alla ricerca, in autunno e in inverno l’innalzamento di 10 microgrammi/m3 di Pm 10 causerebbe un incremento del rischio cardiovascolare tra il 18 e il 23%, probabilmente a causa della diversa composizione chimica del particolato atmosferico e della diversa risposta fisiologica agli stress ambientali.
«D’altro canto, considerando anche quanto stiamo osservando con Covid-19, c’e pure questo ulteriore meccanismo indiretto che mette a repentaglio la salute dei vasi arteriosi», riprende Volpe: «Quando si verifica un’infiammazione delle vie respiratorie, magari indotta dall’esposizione a inquinanti e implementata da un’infezione virale come l’influenza o, appunto, da Sars-CoV 2, si liberano citochine, cioe composti che facilitano l’infiammazione.
Quindi, a prescindere dall’oggettiva azione diretta dei virus sulle cellule cardiache, si crea una condizione che facilita l’infiammazione dell’endotelio (la parete piu interna delle arterie) e quindi anche la possibilita che si manifestino fenomeni di trombosi all’interno dei vasi». Si tratta di osservazioni supportate da chiare ipotesi di laboratorio che confermano come alti livelli di Pm nell’aria possano contribuire al peggioramento delle condizioni cliniche di persone infette da Sars-CoV2 (e piu in generale dai virus respiratori), soprattutto in correlazione con altre patologie pregresse.
L’inquinamento non renderebbe piu facile l’accesso del virus nell’organismo, ma piuttosto si comporterebbe proprio alla stregua di colesterolo alto, ipertensione, diabete e obesita, aumentando il pericolo per cuore e arterie. «Tutte queste osservazioni confermano come la prevenzione cardiovascolare si leghi indissolubilmente alla sostenibilita ambientale», conclude Volpe: «Le automobili, la produzione industriale e l’urbanizzazione hanno creato una condizione per cui, soprattutto in alcune aree, la qualita dell’aria puo diventare una minaccia per la salute per il sistema cardiocircolatorio. Inoltre, la vita in citta puo favorire anche l’inattivita fisica e di conseguenza l’obesita e le alterazioni metaboliche, creando un circolo vizioso estremamente pericoloso per il cuore.
Questa attenzione, in chiave preventiva, deve partire fin dai bambini, che gia ora sono esposti a condizioni ambientali non ottimali e tendono a sviluppare frequentemente alterazioni metaboliche che mettono a rischio cuore e vasi». Nei piu piccoli, peraltro, l’inquinamento atmosferico puo aprire la strada all’ipertensione futura e alle sue conseguenze. Non ci credete? Rileggete una ricerca su 70 bambini seguiti poi fino all’eta adulta a Los Angeles, pubblicata su Environmental Health e condotta dai ricercatori dell’Universita della California del Sud.
Lo studio ha valutato nel tempo un particolare parametro della salute delle arterie, ovvero i cambiamenti nello spessore tra tonaca intima e media (due strati della parete delle carotidi). Gli scienziati americani hanno esaminato l’esposizione media residenziale agli inquinanti ambientali come l’ozono, il biossido di azoto e il particolato, analizzando i dati derivanti dai sistemi di monitoraggio dell’aria, fino a stimare l’esposizione agli ossidi di azoto in base alla vicinanza della casa di un bambi- no alle strade maggiormente trafficate.
Come parametro di valutazione e stato considerato appunto il mutamento dello spessore tra i due strati delle arterie carotidi, con misurazioni effettuate intorno ai 10 anni e poi di nuovo sui giovani di vent’anni. In chi risultava maggiormente esposto ai fumi di traffico e inquinamenti vari si e osservato una modificazione del parametro intimamedia della carotide di circa 1,7 micron l’anno: traslando i dati, questo “restringimento” del tutto impercettibile sarebbe correlabile a un incremento medio della pressione arteriosa di circa 10 millimetri di mercurio, con conseguente incremento del rischio cardiovascolare.
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