DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Giuseppe Salvaggiulo e Monica Serra per “La Stampa”
Non ci sono inchieste «truccate», solo indagini ancora in corso. È questa la difesa della procura di Milano davanti alle accuse pesanti che arrivano da Brescia. Dopo che, lunedì scorso, l'aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, che rappresentavano l'accusa nel processo Eni Nigeria, si sono visti perquisire i computer alla ricerca di tutti gli scambi di mail dagli investigatori bresciani. Sono accusati di rifiuto di atti d'ufficio, sulla base delle parole e dei documenti prodotti dal pm Paolo Storari, che nel 2020 indagava sul presunto complotto Eni. E che, con gli accertamenti, avrebbe trovato «prove schiaccianti» a favore degli imputati nel processo in corso, che però i due magistrati avrebbero omesso di portare a conoscenza di Tribunale e difese. Nel febbraio scorso - spiegano i vertici della procura - Storari inviò a De Pasquale un'informativa «in bozza» della Gdf sulle chat sequestrate all'ex manager di Eni Vincenzo Armanna, coimputato e testimone dei pm al processo.
la videoregistrazione dell'incontro armanna amara 3
Proprio quelle che dimostrerebbero «l'inattendibilità» di Armanna che pagò 50 mila dollari a un poliziotto nigeriano, per convincerlo a testimoniare al processo contro Eni. Il 5 marzo, dodici giorni prima dell'assoluzione degli imputati, De Pasquale e Spadaro mandarono una nota di undici pagine con firma digitale al procuratore Francesco Greco, con i motivi, «in fatto e in diritto», per cui contestavano quell'informativa. Che peraltro - stando alla tesi della Procura - si basava su «dati parziali» estrapolati dal cellulare di Armanna, su cui la consulenza è invece ancora in corso.
LA NOTA DI FRANCESCO GRECO SUL VIDEO DI AMARA E ARMANNA
Per i due pm la stessa traduzione delle parole usate da Armanna in quelle chat non è così univoca: si parlerebbe del pagamento di un imprecisato «file» che al manager stava a cuore. «Troppo avventate e incomprensibili» sarebbero state, per la Procura, le conclusioni a cui era giunto Storari quando, a fine 2020, aveva inviato cento pagine di richiesta di misura cautelare per Amara e Armanna, che voleva arrestare per calunnia. E anche le tante altre sue mail, a De Pasquale, Pedio e Greco, sarebbero state «informali e non ben circoscritte».
Le indagini sul finto complotto Eni sarebbero, insomma, ancora in corso, e gli esiti non chiari come si vorrebbe far credere. Sul fascicolo ora pende però anche la mannaia di una possibile avocazione da parte della Procura generale che potrebbe decidere entro la fine del mese. Forse anche per questo ieri la pg Francesca Nanni ha incontrato nel suo ufficio proprio Storari. Sullo sfondo il prossimo pensionamento di Greco, amareggiato per l'intera situazione che si è abbattuta sulla sua Procura. E che sempre più rischia di influenzare il nome del successore. Nonostante l'autorevolezza dell'aggiunto Maurizio Romanelli, magistrato esperto e molto stimato dai colleghi, per mettere fine alla guerra in atto, al Csm potrebbero decidere di puntare su un «papa straniero», come mai è accaduto nella storia della procura di Milano.
PAOLO STORARI CON IL SUO AVVOCATOFABIO DE PASQUALEla videoregistrazione dell'incontro armanna amara PAOLO STORARIfrancesco grecola videoregistrazione dell'incontro armanna amara 1vincenzo armannala videoregistrazione dell'incontro armanna amara 2SERGIO SPADARO
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