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Estratto dell’articolo di Monica Serra per “La Stampa”
Risponde al citofono sfinito che sono le sei di sera: «Non potete capire il dolore, non avete idea di quel che si prova». Papà Cristian non vuole parlare: «Non ho più niente da dire. È così oggi e sarà così sempre».
Asserragliato nell'appartamento al piano terra di questo condominio di villette a schiera a Pedrengo, pochi chilometri da Bergamo, ha vissuto l'incubo delle ultime 48 ore. L'arresto della compagna Monia Bortolotti, 27 anni, con l'accusa di aver ammazzato entrambi i suoi bimbi pochi mesi dopo averli dati alla luce. La certezza più atroce che ha preso il posto dei sospetti che hanno distrutto anche la sua relazione, fino alla separazione di due mesi fa.
Dopo la morte della prima figlia, Alice, oggi per l'accusa soffocata dalla madre il 15 novembre 2021, per gli investigatori Monia Bortolotti aveva già provato a uccidere il piccolo Mattia, nato appena dieci mesi dopo. La prima volta che è finito in ospedale era il 14 settembre 2022, aveva appena 19 giorni. È proprio Monia a raccontarlo in un lungo sfogo sul gruppo Facebook «Sids Awareness» che raccoglie le esperienze dei genitori di figli morti in culla.
«Alice, una piccola scoiattolina dalle guanciotte paffute, due giorni prima dei suoi quattro mesi – scriveva la madre il 1° febbraio – si è addormentata nella sua cullina con il dolce suono del suo carillon preferito. Tempo dopo giurai a me stessa che, se mai avessi avuto la benedizione di cullare un secondo bimbo, le mie braccia sarebbero sempre state la sua culla. I
l nostro desiderio si è avverato inaspettatamente presto. Così è venuto al mondo il nostro arcobaleno di speranza, un dolce koala mangione, che però già a due settimane di vita è stato ricoverato in ospedale per apnea durante una poppata».
La chiamata al 112 quel pomeriggio è arrivata presto. Papà Cristian era di turno al colorificio e per poco, pochissimo tempo, Monia era rimasta da sola con il piccolo. Dopo una corsa in ambulanza all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo, Mattia si era ripreso. Ma proprio per via del precedente, della morte improvvisa di Alice l'anno prima, i medici del reparto di patologia neonatale hanno voluto vederci chiaro. […]
Elettrocardiogrammi ed esami genetici per escludere che il bimbo fosse affetto da qualche malattia. Ma per i pediatri era sanissimo. Il ricovero era andato avanti per oltre un mese e Monia era rimasta in ospedale col piccolo nel «box», una stanza con spazi ristretti in cui la madre avrebbe mostrato segni di insofferenza alla convivenza forzata col figlio.
Accade spesso anche con altre madri, ma proprio per via della morte della prima figlia i medici si erano un po' insospettiti. E avevano così deciso di sottoporre la 27enne di origine indiana, adottata quando aveva un anno e con un difficile rapporto con la madre («Cercavo disperatamente di essere la mamma che non ho mai avuto»), a un consulto psichiatrico.
L'esperto aveva escluso che la donna fosse affetta da qualche patologia psichica (anche le indagini dei carabinieri di Bergamo, diretti dal maggiore Carmelo Beringheli, lo confermano). Ma proprio a causa dello stress che anche la donna aveva manifestato, lo psichiatra avrebbe consigliato di evitare di lasciarla da sola col bambino.
Così il compagno, Cristian, e il padre adottivo della 27enne, Pietro, con la sua compagna, facevano i turni per starle sempre accanto. È capitato neanche una settimana dopo le dimissioni dall'ospedale e il ritorno a casa di Monia: l'unica volta in cui era rimasta sola con Mattia erano le 9 del mattino del 25 ottobre 2022, il giorno in cui il piccolo è morto, per l'accusa, stretto in un «abbraccio letale» della madre. […]
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