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Marco Carta per “il Messaggero”
Ha approfittato di un momento di distrazione degli addetti vendita della biglietteria Atac dentro la stazione Termini. E, tra una spazzata e l' altra, trovando la cassaforte blindata aperta, ha fatto incetta di biglietti: oltre 500 ticket giornalieri, per un valore complessivo di oltre 3mila euro.
Un piccolo tesoretto in titoli di viaggio che ieri è costato ad un' addetta delle pulizie, una 58enne romena in servizio presso le postazioni Atac dello scalo ferroviario, una condanna a otto mesi per furto, «con l' aggravante di aver commesso il fatto con abuso di relazioni», come si legge nel capo d'imputazione.
Ad incastrare la donna, difesa in aula dall'avvocato Marco Lepore, sono stati i filmati del circuito di video sorveglianza interna e la testimonianza resa in aula da uno dei lavoratori della biglietteria, che avrebbe visto l' addetta alle pulizie avvicinarsi, durante il turno di lavoro, all' armadio blindato in cui venivano custoditi i ticket, 450 Big (i biglietti giornalieri da 7 euro) e altri 41 Birg (i biglietti giornalieri regionali da 14 euro), titoli di viaggio che, una volta emerso il furto, sono stati quasi tutti invalidati. «Per negligenza era stato lasciato aperto l' armadio», ha dichiarato in aula Pierluigi Pelargonio, ex responsabile della sicurezza in Atac, chiamato ieri mattina a testimoniare nel corso del processo.
Anche se, in una delle udienze precedenti, i dipendenti Atac avevano riferito come quella di lasciare socchiusa la cassaforte fosse un' abitudine consolidata per velocizzare le macchinose procedure di apertura e chiusura. Tanto che i biglietti sarebbero stati trafugati, nella stessa modalità, in due distinte occasioni: il 12 gennaio del 2015 e il successivo 19 gennaio. La donna, nonostante le accuse, si è sempre dichiarata estranea ai fatti. Ma ad incastrarla, ci sarebbe stato anche uno dei soli sette biglietti utilizzati del «carnet». Un titolo di viaggio vidimato in una stazione in cui quel giorno l' addetta alle pulizie prestava servizio. Una coincidenza, quantomeno sospetta, che ha influito sulla condanna a otto mesi.
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