FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Estratto dell'articolo di Pedro Armocida per “il Giornale”
C’è stato un tempo in cui il manifesto decideva il successo o il fallimento di un film al botteghino con lo spettatore che, in un’epoca priva ovviamente di trailer e di tutta l’odierna e bulimica comunicazione web, non poteva averne visto alcuna immagine in movimento. Così succedeva che i manifesti, veri e propri dipinti sparsi per strade, vicoli, facciate di palazzi, mezzi di trasporto pubblico, racchiudessero in una sola immagine il senso del film, dando colore e movimento anche a quelli in bianco e nero.
È il caso di Un americano a Roma, il cui autore del manifesto, Sandro Symeoni, uno dei più grandi della cosiddetta “scuola italiana” della cartellonistica, s’inventa dei colori accesi pre-Barbie con i tratti fortemente cinetici di Alberto Sordi e di Maria Pia Casilio che danno la sensazione di vederli muovere. E proprio il manifesto del film di Steno del 1954 è uno dei pezzi più rari della mostra Manifesti da salvare, curata da Luca Siano, che, dal 31 agosto (vernissage ore 17,30) al 9 settembre, sarà visitabile a ingresso libero al Lido di Venezia durante le Giornate degli Autori, manifestazione autonoma e parallela della Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia.
[...] la sala Laguna ospiterà venti manifesti originali utilizzati per promuovere altrettanti film alla loro uscita nel formato più classico, quello a 2 fogli (100x140 cm).
«Anche per questioni di spazio, abbiamo optato – spiega al Giornale il curatore Luca Siano che dirige a Ferrara l’archivio dedicato a Sandro Symeoni – per cinque manifesti per ogni decade. Un viaggio iconografico e cronologico che, oltre a raccontare la storia del cinema italiano nel momento del suo massimo fulgore, racconta anche un pezzo di storia della società italiana».
[...]
Le tecniche utilizzate sono quelle della pittura, a tempera e a olio, mentre alcuni, più all’avanguardia, mescolavano i generi, magari utilizzando il collage.
Purtroppo gli originali sono andati spesso perduti perché solo pochi cartellonisti tornavano in tipografia a prendere i loro bozzetti. Erano infatti molto impegnati a lavorare arrivando a dipingere anche cinque titoli al giorno di cui dovevano realizzare altrettante proposte per poi produrre manualmente i diversi formati.
Naturalmente, vista la grande capacità di condizionare il pubblico, la censura interveniva pesantemente sui manifesti: «È il caso – ricorda Luca Siano – di A ciascuno il suo di Elio Petri che il primo giorno di uscita venne bloccato e i manifesti oscurati con Symeoni, forse quello che si è poi saputo modernizzare meglio arrivando alla sintesi totale dell’opera grafica con Profondo rosso di Dario Argento e I racconti di Canterbury di Pier Paolo Pasolini, accusato di aver rappresentato una scena di stupro».
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