DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Matteo Castagnoli e Pierpaolo Lio per corriere.it - Estratti
La persona che potrebbe spiegare come s’è arrivati a un omicidio nel cuore della movida milanese è una ragazza ucraina che sta seduta a un centinaio di metri dal luogo dell’aggressione di mercoledì scorso. Sono le 23.30 dell’altra notte. E la donna è seduta sui gradini di un bar tabacchi, sempre in viale Gorizia.
Ha il volto nascosto dalla visiera calcata di un cappellino, due borse della spesa in tela appoggiate a portata di mano. Davanti a sé ha gli equipaggi delle Volanti — che poi la porteranno in questura — mentre tutt’attorno la movida continua a scorrere come ogni sera. Alla lunga, quel capannello non può però che risvegliare la curiosità di qualcuno. È così che la voce corre: «È lei, è lei, è la ragazza ucraina».
A tirarla in ballo è stato il 28enne tunisino, Bilel Cubaa, arrestato subito dopo l’aggressione al 23enne Yuri Urizio. In zona, alcuni vigilantes che fanno la guardia davanti ai localini acchiappaturisti si ricordano di Bilel. In passato avrebbe dato più volte problemi: su di giri e aggressivo, in qualche occasione era stato allontanato con le maniere forti. È lui, appena arrestato, a giustificarsi, a sostenere d’aver agito perché la vittima «strappava i soldi» alla clochard ucraina.
Una versione che gli investigatori stanno verificando, ma che non convince per nulla la famiglia del giovane cameriere. «Mio nipote è sempre stato uno splendido ragazzo, educato, per bene — lo ricorda in lacrime la zia, Grazia Nucera —. Yuri non ha litigato mai con nessuno, e soprattutto non ha importunato mai nessuna ragazza. Era un ragazzo molto timido e chiuso. Guardi, non è vero niente, qui c’è qualcosa che ancora si deve capire. Ma come si fa a uccidere un ragazzo di 23 anni? Cosa ha portato un ragazzo di 28 anni a strangolare e strozzare mio nipote? Per me, non ci sono spiegazioni, perché lui non ha fatto nulla».
Dopo la morte del giovane, sabato in ospedale, quando i medici l’hanno «staccato» dalle macchine che lo tenevano in vita togliendo alla madre anche le ultime speranze, l’accusa nei confronti del richiedente asilo è diventata di omicidio volontario. Per le indagini del personale dell’ufficio prevenzione generale, coordinate dal pm Luca Poniz, quel che la ragazza dirà potrebbe essere utile a ricostruire l’esatta dinamica, visto che la telecamera basculante che monitora quell’area che s’affaccia sulla Darsena ha ripreso l’aggressore e la donna parlare (alle 3.51), e poi, dopo uno stacco, la donna allontanarsi «con passo tranquillo» mentre vittima e aggressore erano già avvinghiati a terra (alle 3.52)
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