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“IL PAPA È A ROMA, MA DIO A NAPOLI” – IL VIAGGIO IN ITALIA DI JEAN COCTEAU NEL 1936 E I RICORDI DELLE PASSEGGIATE ROMANE CON PICASSO“DI NOTTE SI VEDE COME È FATTA UNA CITTÀ E LE PIÙ NOBILI FACCIATE NON ESITANO A VENIRVI A PARLARE ALL'ORECCHIO” - COCTEAU, DA OMOSESSUALE, AVEVA CORTEGGIATO ALCUNE DELLE DONNE PIÙ SEDUCENTI DI PARIGI: “IO SONO UNA MENZOGNA CHE DICE SEMPRE LA VERITÀ” - "UN ARTISTA ORIGINALE NON PUÒ COPIARE. DUNQUE GLI BASTA COPIARE PER ESSERE ORIGINALE"

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Estratto dell'articolo di Giuseppe Scaraffia per “il Venerdì di Repubblica”

 

«Dovrei essere l'uomo più felice del mondo e sono il più triste. Il mio errore deve essere quello di vivere in un mondo frivolo senza un'ombra di frivolezza, di prendere sul serio quello che gli altri prendono alla leggera» si lamentava Jean Cocteau.

 

Al poliedrico universo di un autore così inafferrabile Luca Scarlini e Marco Dotti hanno dedicato un bel libro esaustivo, Cocteau A-Z (Electa). Un modo particolarmente efficace di affrontare uno scrittore che si faceva un punto d'onore di non essere identificabile con un'epoca, un partito o una tendenza. […]

 

Cocteau, oltre che scrittore, è stato anche disegnatore, pittore, commediografo, regista, attore, suonatore e tante altre cose ancora. In questo modo, notava Pierre Bergé, è stato il proprio peggiore nemico.

 

Cocteau A-Z

«È lui il primo responsabile, l'uomo che ha permesso che, anche dopo la sua morte, la sua opera non venga riconosciuta in tutta la sua grandezza». Questa purtroppo è la verità, ma anche la grandezza di Cocteau, la prova della sua vitalità: evitare qualsiasi catalogazione, qualsiasi santificazione.

 

La sua coerenza è l'ostinata incoerenza che lo ha spinto sui sentieri più diversi. Una delle sue creazioni più inimitabili fu la sua conversazione.

 

La sua eloquenza dava il capogiro agli ascoltatori che l'adoravano e lo temevano. Quando parlava, Cocteau era smagliante, ironico, focoso, elegante, delizioso... ma anche, notava Liane de Pougy, prima cortigiana e poi principessa, «un po' ripugnante e molto inquietante, pronto a uccidere per una battuta».

 

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Cocteau non arretrava nemmeno davanti alle grandi conversatrici come Anna de Noailles, che un giorno, non riuscendo a interromperlo per inserirsi, gli aveva letteralmente tappato la bocca con le mani inanellate.

 

Chi non riusciva a stargli dietro lo accusava di superficialità, chi arretrava davanti al labirinto della sua gentilezza lo accusava di falsità. Cocteau soffriva di essere sottovalutato per la volubilità della sua ispirazione, ma sapeva che «un uomo che corre più in fretta della bellezza la sfiorerà, l'obbligherà a raggiungere la sua opera, che a lungo andare sembrerà bella».  […]

 

Quando era andato con Picasso in gita a Napoli, aveva avuto una folgorazione davanti al pittoresco disordine dei vicoli: «Il Papa è a Roma, ma Dio a Napoli». Tornato a Roma nel 1936, Cocteau trovò la città ammutolita dalla dittatura fascista. Ripensò alle sue passeggiate notturne con Picasso, quando tornavano insieme dall'Hotel Minerva dove dormivano le ballerine, «perché di notte si vede come è fatta una città e le più nobili facciate non esitano a venirvi a parlare all'orecchio».

 

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A chi l'accusava di essere solo un volgarizzatore delle nuove tendenze, rispondeva: «Un artista originale non può copiare. Dunque gli basta copiare per essere originale».

 

Ma l'eclettismo di Cocteau, la sua inesausta capacità di elaborare gli impulsi più diversi, era solo una strategia. Jean doveva cambiare senza sosta per rimanere se stesso.

 

Non smetteva mai di cercare, passando dal cattolicesimo di Maritain alle nubi insidiose dell'oppio. La sua estrosità sembrava non avere confini: omosessuale, aveva corteggiato alcune delle donne più seducenti di Parigi.

 

Jean Cocteau che, spiega Charles Dantzig, ha avuto «l'umiltà di nascondere il grande scrittore sotto le apparenze di un farfallone», si era rifiutato, diceva Truman Capote, di prendere la guerra sul serio, almeno in pubblico, e aveva continuato a lavorare e a scrivere. L'estrema destra aveva cercato di mandare all'aria le rappresentazioni che l'estrema sinistra gli avrebbe rinfacciato una volta arrivata la pace. Ma «nessuna sinistra è abbastanza di sinistra per il poeta».

 

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Nel 1944, quando un cecchino prese di mira il generale de Gaulle durante la cerimonia per la liberazione di Parigi, Cocteau che si godeva lo spettacolo da un balcone dell'albergo vide la sua sigaretta spaccarsi in due. Qualcuno, scambiandolo per il misterioso attentatore, l'aveva preso di mira. […]

 

«Mi riposo di scrivere scrivendo o disegnando. Mi riposo di avere dipinto scrivendo». Negli ultimi anni aveva progressivamente abbandonato il vertiginoso gioco di bianchi, grigi e neri che scandivano il suo abbigliamento a favore di un audace intreccio di tinte rossastre. Il tramonto del dandy si rifletteva nelle ultime stoffe. La sua celebrità era molto rischiosa. «Il mio nome ha corso più rapidamente della mia opera, e per la mia opera, troppo numerosa, è difficile raggiungerlo». A chi gli chiedeva come faceva a scrivere e a dipingere partecipando a tante mondanità rispondeva che non era lui a passare di festa in festa, ma un suo sosia. «Io sono una menzogna che dice sempre la verità»

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