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Grazia Longo per “la Stampa”
Il fair play giudiziario impone di non incrociare le armi prima della lettura delle motivazioni. Ma probabilmente anche la Procura di Grosseto ricorrerà in appello contro la sentenza che ha condannato Francesco Schettino.
È così, se i difensori di quest’ultimo si rivolgeranno ai giudici di secondo grado perché ritengono troppi i 16 anni di reclusione, la pubblica accusa lo farà perché, al contrario, li considera troppo pochi. «Analizzeremo con attenzione le valutazioni della Corte presieduta dal giudice Giovanni Puliatti e poi decideremo» annuncia il procuratore facente funzioni Maria Navarro.
È prudente questa pm dalla sensibilità che le spezza la voce per l’emozione quando ricorda «le 32 vittime alle quali abbiamo pensato in ogni minuto dell’inchiesta». Più diretto l’ex procuratore capo, neo pensionato, Francesco Verusio: «La pena è inadeguata, decideranno i colleghi ma l’appello è dietro l’angolo».
Un pensiero in più, quindi, per Francesco Schettino che già considera «esagerato e ingiusto» il verdetto emesso dal Trubunale di Grosseto e rifugge l’ipotesi che la Procura «continui a perseguitarmi». Ma non è questo l’unico pensiero che lo tormenta, ad angustiarlo (oltre «al dolore per le vittime e i naufraghi») c’è anche l’aspetto economico relativo ai risarcimenti record.
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La Costa, in quanto responsabile civile in solido, dovrà risarcire proprio insieme all’ex comandante della Concordia, complessivamente 12,3 milioni di euro a naufraghi e equipaggio della nave, oltre ad alcuni enti e associazioni.
Schettino non ha certo un patrimonio tale da poter pagare i risarcimenti, a cui vanno peraltro aggiunte le spese processuali. L’unico suo bene finora sequestrato è la casa di Meta di Sorrento, intestata per metà alla moglie. Ed è proprio per lei e per la loro figlia che il comandante è seriamente preoccupato. In questa prima fase, tuttavia, provvederà a tutto il responsabile sociale, ovvero la Costa, la confisca della casa è dunque per il momento scongiurata.
Il day after della sentenza è inoltre l’occasione anche per stilare bilanci su anomalie e curiosità avvenute durante un anno e mezzo di processo. L’ex procuratore Francesco Verusio stigmatizza la «sconcertante» situazione di «aver avuto degli avvocati di parte civile, che erano a favore dell’imputato e contro la Procura. Mai visto. In modo stupefacente hanno espresso giudizi contro la Procura che non avrebbe acconsentito all’accertamento dei fatti».
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Tanto per essere più precisi Giuliano Leuzzi, avvocato del Codacons, è stato rimproverato, proprio alla vigilia della sentenza, dal presidente della Corte Puliatti, stupefatto dalle considerazioni in difesa di Schettino. Ma non sono mancati neppure momenti di ilarità, nonostante la tragedia sullo sfondo del dibattimento. Tanto per dirne una, uno dei due difensori di Schettino, Domenico Pepe, nella sua arringa ha «resuscitato» l’ex statista Dc Giulio Andreotti. Citando il noto motto «a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca», gli ha attribuito 90 anni. E quando gli hanno fatto notare che in realtà era morto, ha replicato: «Ah sì? Beato lui».
Ma, tanto per cambiare il top della teatralità spetta a capitan Schettino. All’ipotesi che il verdetto potesse slittare a oggi, venerdì 13, ha risposto con un plateale gesto scaramantico tipicamente maschile.
Visto l’esito della sentenza, è servito a poco. In quel momento però ha suscitato non poca ilarità. Commozione hanno, invece, hanno provocato le sue lacrime, poco prima che si riunisse la Camera di consiglio, al ricordo delle 32 vittime. Ma ormai sono archiviate anche quelle.
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