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Guido Alfani per “la Lettura - Corriere della Sera”
DISUGUAGLIANZA DI RICCHEZZA IN EUROPA - ALFANI VS PIKETTY
Le principali pandemie della storia hanno avuto profonda influenza sulle società umane, e molti si chiedono se la crisi causata da Covid-19 avrà effetti comparabili. In particolare, si riflette con preoccupazione su come la pandemia inciderà sulle disuguaglianze. A questo riguardo, l'esperienza storica offre complessivamente evidenze utili a comprendere le sfide che abbiamo di fronte.
La Peste Nera che flagellò l'Europa tra il 1347 e il 1352 rimane, per la percentuale di popolazione uccisa (tra il 35 e il 60%, fino a 50 milioni di vittime), la più terribile pandemia del continente. I suoi effetti economici e sociali furono duraturi. Particolarmente importanti furono le conseguenze sulla distribuzione della ricchezza e del reddito: la Peste Nera pare avere innescato una delle sole due fasi di significativa contrazione delle disuguaglianze riscontrabili negli ultimi 7 secoli (l'altra fase è associata alle guerre mondiali).
stati uniti epidemia di spagnola nel 1918 4
Come si può vedere nell'infografica in alto, se alla vigilia della pandemia il 10% più ricco della popolazione deteneva il 65% circa della ricchezza, già negli anni successivi la percentuale si era ridotta considerevolmente. La tendenza alla riduzione delle disuguaglianze proseguì per qualche decennio, e verso la metà del Quattrocento il 10% più ricco deteneva poco meno della metà della ricchezza - un minimo storico mai più riscontrato in Europa.
La riduzione della disuguaglianza dopo la Peste Nera ebbe due cause principali. In primo luogo, il tracollo demografico consentì ai lavoratori di strappare salari migliori e di accedere, spesso per la prima volta, alla proprietà. Poi, in presenza di sistemi ereditari sostanzialmente egalitari (l'eredità era trasmessa in proporzioni uguali ai figli maschi, mentre le femmine ricevevano una quota non troppo dissimile sotto forma della dote), i grandi patrimoni si frammentarono.
Questi effetti, tuttavia, non possono essere considerati la «naturale» conseguenza di una pandemia in quanto furono mediati da uno specifico assetto socio-istituzionale. Le ultime grandi pestilenze europee ebbero, almeno nell'Europa meridionale, conseguenze demografiche non troppo dissimili dalla Peste Nera.
In Italia, le due pestilenze del 1629-30 e del 1656-57 eliminarono circa un terzo della popolazione. Tuttavia non lasciarono una traccia visibile nelle tendenze della disuguaglianza, che per tutta l'età moderna continuò a crescere. Le ragioni vanno ricercate nell'adattamento istituzionale successivo alla Peste Nera.
Quando, dopo il 1348, si comprese che la peste era divenuta una calamità ricorrente, le famiglie possidenti iniziarono a proteggere i patrimoni da una frammentazione indesiderata. Ciò richiese il ricorso a istituzioni, quali il fidecommesso, che derogavano al principio generale di eredità egalitaria. Per giunta, nel mutato contesto internazionale del Seicento, quando le principali economie italiane già soffrivano per una feroce competizione da parte dei Paesi emergenti dell'Europa settentrionale, al tracollo demografico non fece seguito un aumento significativo dei salari.
Nei rari casi, come quello della Repubblica di Venezia, in cui troviamo qualche evidenza di almeno un rallentamento nella crescita delle disuguaglianze, pare dovuto non tanto a redistribuzione verso i poveri quanto allo sterminio dei poveri che, già dalla fine del Quattrocento, erano le vittime privilegiate della peste. Dinamiche analoghe si riscontrano in occasione delle pandemie di colera dell'Ottocento.
Il colera, infezione che tende a diffondersi in contesti abitativi e socio-economici disagiati, costituisce il migliore esempio di «pandemia dei poveri». Studi recenti su alcuni Paesi occidentali, come la Francia, suggeriscono che il colera abbia avuto qualche limitato effetto di livellamento - ma solo a causa della sovra-mortalità tra i più poveri.
I casi della peste del Seicento e del colera dell'Ottocento suggeriscono cautela nel valutare gli effetti redistributivi delle pandemie, specie considerato che gli esempi storici di livellamento sono collegati a tassi di mortalità assai elevati. Per giunta, nel caso dell'Influenza Spagnola del 1918-19, che fece molte vittime ma uccise una percentuale relativamente contenuta della popolazione complessiva (in Italia circa l'1%, cioè 300-400 mila persone), studi in corso suggeriscono che la disuguaglianza di reddito sia aumentata dopo la pandemia.
Tra quelle considerate sinora, l'Influenza Spagnola è la pandemia più simile a quella di Covid-19, essendo caratterizzata da alta diffusibilità ma da letalità (ovvero da probabilità di morte per gli infetti) relativamente bassa. Fortunatamente Covid-19, come la Spagnola, non causerà una contrazione su larga scala della forza-lavoro. Ma per la medesima ragione, vi è da attendersi che non porterà ad alcuna riduzione della disuguaglianza.
Al contrario, favorendo l'aumento della disoccupazione, aggraverà le disuguaglianze, alimentando una tendenza già in corso da vari anni. Tuttavia, l'esperienza storica insegna che gli uomini, tramite le istituzioni e le politiche, contribuiscono a plasmare gli effetti redistributivi delle pandemie. Dunque, se non interverremo in modo opportuno, i danni socio-economici causati da Covid-19 saranno (anche) colpa nostra.
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