margherita hack

“CONOBBI OPPENHEIMER A PRINCETON. ERA SEMPLICE NEL PORSI, SENZA ALTERIGIA, LE DISCUSSIONI ERANO SEMPRE FRANCHE” – VITA, OPERE E DIVULGAZIONI DI MARGHERITA HACK, LA SCIENZIATA CHE HA DOVUTO SCHIVARE I SABOTAGGI DEI COLLEGHI UOMINI CHE ARRIVARONO PURE A DANNEGGIARLE L’AUTO: “L’OSSERVATORIO DI MERATE? UN AMBIENTE CHIUSO E MESCHINO. IL DIRETTORE TENEVA NASCOSTI I RISULTATI DELLE MIE RICERCHE PER NON PUBBLICARLE” – VEGETARIANA COME I GENITORI, ATEA SENZA INCERTEZZE, RIUSCÌ A UNIRE LA SUA PASSIONE PER LE STELLE A…

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Estratto dell’articolo di Giovanni Caprara per il “Corriere della Sera”

 

MARGHERITA HACK

Era nata a Firenze accanto a via Centostelle. Poi si trasferì in via Ximenes, astronomo, nei pressi del colle di Arcetri dove aveva vissuto Galileo Galilei. Quei nomi avranno influito sul suo futuro, le avevo chiesto una volta.

«Coincidenze senza peso» mi aveva risposto con noncuranza Margherita Hack. Forse aveva ragione perché — raccontava nei nostri frequenti incontri — alla facoltà di fisica era arrivata per seguire l’amica Tina fuggendo da Lettere dopo aver ascoltato Emilio Cecchi: «Un’ora di inutili chiacchere che non mi interessavano».

 

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Per la tesi voleva affrontare un tema sull’elettronica, invece dovette ripiegare sugli astri variabili. Ma da allora, quasi per caso, il cielo fu la sua casa. È passato poco più di un decennio dalla scomparsa di Margherita, un simbolo della scienza, della forza delle donne e un modello di vita. […]

 

Varcare la soglia della sua casa triestina di via del Pratello era già un’avventura perché bisognava farsi strada tra scaffali zeppi di libri scientifici, religiosi e filosofici che occultavano ogni possibile parete.

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Nemmeno la cucina ne era libera. L’amato cane Dick («L’ho salvato dalla strada dove lo stavano picchiando») e vari gatti seguivano mentre la voce allegra di Aldo, il compagno di sempre, che chiamava «Marga, Marga...». Lei appariva sempre tranquilla, con quegli occhi azzurri luminosi.

 

Si erano conosciuti da bambini e ritrovati per caso all’università: «Abbiamo litigato per mesi perché avevamo idee diverse. Così ci siamo conosciuti e messi insieme».

Quando vinse la cattedra a Trieste e diventò la prima direttrice di un Osservatorio astronomico aveva alle spalle anni di sfide vinte grazie alla sua determinazione.

 

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I primi passi li aveva compiuti all’Osservatorio di Merate e ne parlava con amarezza: «Un ambiente chiuso e meschino. Il direttore Francesco Zagar teneva nascosti i risultati delle mie ricerche per non pubblicarle». L’essere donna non l’aiutava e anche prima di allora, a Firenze, quando disse che voleva scrivere su un quotidiano cittadino, il suo maestro Giorgio Abetti aveva ribattuto che avrebbe potuto «nuocerle alla carriera». Nessuno, però, la poteva fermare.

 

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Quando era a Merate aveva vinto una borsa di studio del Cnr per andare ad Utrecht, in Olanda, ma Zagar aveva fatto di tutto per impedirlo. E così, il desiderio di fuggire dall’osservatorio milanese dove persino l’auto subiva sabotaggi, alla fine aveva prevalso. Da Utrecht era poi volata a Dublino per partecipare per la prima volta all’assemblea dell’Unione astronomica internazionale. Proprio lì aveva incontrato un illustre astronomo che avrebbe segnato la sua vita scientifica.

 

Era Otto Struve, discendente di una famiglia di scienziati russi, emigrato negli Stati Uniti.

«Appariva così burbero che non azzardavo a parlargli, e se non fosse stato per Aldo che mi spingeva di continuo non mi sarei mai avvicinata». Avevano interessi di ricerca comuni e per collaborare meglio le aveva aperto la strada ad alcuni soggiorni all’università di Berkeley, in California, dove lui insegnava. Insieme scrissero un manuale di valore internazionale sulla spettroscopia delle stelle.

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Proprio per completare questo lavoro Margherita si trasferì per alcuni mesi all’Istituto di studi avanzati di Princeton allora diretto da Robert Oppenheimer. Era il 1962.

 

Ma come ricordava quei giorni, gli avevo chiesto. «Otto mi presentò al grande fisico padre della bomba atomica. Ai miei occhi appariva più giovane dei suoi 58 anni. Lo ammiravano tutti ed era frequente vedere nei corridoi gli studenti che lo imitavano con la pipa in bocca. Semplice nel porsi, senza alterigia, le discussioni erano sempre franche. Mi è rimasta una grande nostalgia di quei momenti».

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Con l’approdo a Trieste e la cattedra all’università, Margherita — sia pure tra alcuni malumori locali — era diventata la protagonista dell’astronomia nazionale. «L’osservatorio triestino era allora l’ultimo in Italia per numero di ricercatori e strumenti» rammentava. Ma presto lei fu l’artefice del riscatto, studiando il Sole e partecipando alle missioni con satelliti astronomici e analizzando la natura delle stelle. Il clima del golfo e il mare alimentavano la sua passione per lo sport mai abbandonata, da quando, studentessa, era campionessa nazionale di salto in alto e in lungo […] vegetariana come i genitori e atea senza incertezze.

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[…] Intanto cresceva la terza passione dopo l’astronomia e lo sport: la divulgazione. […] Diventava così un’assidua collaboratrice del Corriere della Sera . […]

Nel frattempo, oltre alla partecipazione a trasmissioni radio e tv, decise di dirigere anche due riviste: prima L’astronomia e in seguito Le stelle dove riuscì a coniugare abilmente scienza, storia e letteratura. Quando compì 80 anni si regalò una bicicletta da corsa e dieci anni dopo, festeggiando i 90 anni, protestò: «Mi vogliono togliere la patente — mi disse incavolata nera —: non c’è alcun motivo».

 

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Negli ultimi anni rispondeva alle domande sul cielo che una bambina Eda, figlia di Tatiana fuggita dall’Albania, le poneva. Queste conversazioni diventarono un libro per ragazzi e Eda, adesso, è ricercatrice negli Stati Uniti.

Poi, purtroppo, il cuore di Margherita cominciò a darle problemi. Rifiutò un intervento chirurgico e nel 2013 morì. Che devo aggiungere? Mi piace immaginarla in mezzo alle sua amate stelle.

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