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“VOLEVO EVITARE ALLA MIA COMPAGNA L’ENNESIMO DISASTRO EMOTIVO” - LA CONFESSIONE DI MICHELE NICASTRI, L'INGEGNERE INFORMATICO CHE HA UCCISO A COLLEGNO, IN PROVINCIA DI TORINO, MARCO VERONESE, EX COMPAGNO DELLA SUA ATTUALE FIDANZATA - NICASTRI DA TEMPO SI APPOSTAVA SOTTO CASA DELLA VITTIMA IN CERCA DI INFORMAZIONI CHE POTESSERO SCREDITARLO, PER IMPEDIRGLI DI CHIEDERE L’AFFIDAMENTO DEI TRE FIGLI: “QUANDO MI HA VISTO HA TIRATO FUORI UN COLTELLO, IO VOLEVO BUCARGLI LE GOMME” - A CONFERMA DELL’ACCADUTO C’È UN MESSAGGIO VOCALE DELLA VITTIMA A UN’AMICA: “HO UN COLTELLO. QUESTA VOLTA LO BUCO IO…”
Estratto dell’articolo di Gianni Giacomino ed Elisa Sola per "la Stampa"
È stato l'amico. Solo questo, per anni. Il migliore amico innamorato. Ha ascoltato i tormenti della donna che adorava per mesi. I racconti dell'ex. Dei tre figli avuti da lui. Di una relazione tossica e della sua rottura. Dei sospetti di lei, che temeva che l'ex andasse a escort anziché pagare il mantenimento dei bambini. Ma soprattutto, del «terrore» di una madre che trema perché lui voleva «portarle via i bambini». Michele Nicastri, l'ingegnere informatico che ha ucciso il 23 ottobre Marco Veronese, dell'amica che amava sapeva tutto. Ha assorbito ogni sua emozione in ore di confidenze e allenamenti.
[…] E quando, dieci mesi fa, si è fidanzato con lei, la sua empatia è diventata altro. Forse, pensano gli investigatori che lo hanno fermato due giorni fa, in un istinto omicida.
«Volevo che lei vivesse tranquilla. Volevo evitarle l'ennesimo disastro emotivo», ha confessato Nicastri al pm Mario Bendoni. È stata una confessione piena. Lucida e analitica. Eppure traboccante di pathos. «So dove abitava Veronese e sono stato diverse sere sotto casa sua. Andavo lì perché la mia fidanzata era terrorizzata che potesse, nella procedura di affidamento, prendersi i tre bambini. Stavamo cercando in tutti i modi di trovare elementi per far si che questo non capitasse. C'era un'investigatrice privata che faceva questo lavoro. E io ho cercato di aiutare».
Ed è così che Nicastri, 49 anni, incensurato, informatico esperto, triathleta metodico, inserisce nella sua vita ordinata e cadenzata da call e allenamenti quella che diventa un'ossessione. Spiare l'uomo che rischia di fare «crollare emotivamente» la sua innamorata. Segue l'imprenditore dalla vita specchiata solo in apparenza per immortalarlo con le sue amanti.
Con le escort che porta in hotel spendendo i soldi che non versa per il mantenimento dei figli. Si mette una banda nera sulla bocca. Tira sulla testa il cappuccio della felpa blu. E quando può si apposta sotto casa di Veronese. «Cercavo di fargli delle foto. Ma quella sera volevo tagliargli le gomme della macchina. Il giorno dopo c'era un evento a scuola. Lei aveva paura che lui si presentasse a sorpresa. Ho pensato, se non può muoversi, non andrà. […]».
Quello che dice dopo è forse il movente profondo dell'omicidio: «Volevo evitare l'ennesimo disastro emotivo alla mia fidanzata». Aggiunge: «I bambini non volevano vederlo. Avevano paura di lui. Quando sapevano di dovere vedere il padre piangevano. Quindi, sebbene non avessi mai pensato di fargli del male, avevo questa rogna dentro».
Ed è quella «rogna» che spinge l'informatico atleta, la sera del 23 ottobre, ad aspettare Veronese, sotto casa sua, per un'ora e mezza.
L'imprenditore era uscito con un'amica. «Mi ha visto - ricorda Nicastri - e ha iniziato a seguirmi e urlare. Ha tirato fuori il coltello. Ha cercato di colpirmi. Io ho provato a colpire lui. È inciampato. Ed è lì che ho sbagliato. Perché lì avrei dovuto fermarmi. E invece non mi sono fermato. Ho infierito su di lui che era a terra». Trenta coltellate.
Da dietro, sulla nuca. Poi in molte parti del corpo. La vittima era armata. A fianco del cadavere i carabinieri hanno trovato un coltello. Non era quello usato da Nicastri: «L'ho gettato nel fiume Dora». Poi, c'è quell'ultimo messaggio audio che Veronese manda prima di morire all'amica con cui era uscito : «È un incappucciato che era già venuto qui a tagliarmi le gomme. Devo capire che fa sto figlio di puttana. Se mi buca di nuovo le gomme stavolta gli va male. Ho il coltello dietro. Stavolta lo buco io». È andata al contrario.
[…]Lui le ha detto: «Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere. Non me ne capacito. Non capisco come io abbia potuto farlo». È stato in silenzio per un po'. Poi ha ripetuto per due volte: «Ho rovinato tutto. Ho rovinato tutto». […] Al pm ha detto: «Tre anni fa ero già innamorato di lei. Ma aveva i bambini. Non se la sentiva. […] Quando ho visto il suo coltello mi si è annebbiato tutto». […]
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