DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL…
1. QUEI TOUR DELLA SPERANZA PUBBLICIZZATI SU FACEBOOK - PREZZI, OFFERTE E NUMERI DI TELEFONO SU UNA PAGINA DEL SOCIAL
Francesca Paci per “la Stampa”
L’esodo dei profughi siriani è esiziale perché a scappare dalla sanguinaria guerra settaria a tre ore di volo da Roma non sono solo i più poveri tra i poveri ma la classe media, la spina dorsale del Paese. Non a caso i trafficanti di uomini «organizzano» viaggi appetibili anche per chi, governativo o dissidente, fino a 4 anni fa non avrebbe mai neppure immaginato di sfidare il Mediterraneo per sopravvivere.
Uno di quelli che ce l’ha fatta ha raccontato alle autorità italiane di aver trovato informazioni su https://www.facebook.com/damlage2?fref=ts, uno dei mille profili Facebook che «pubblicizzano» le partenze. La pagina in questione in realtà (che s’intitola «Conta fino a dieci.
Scappato dalla morte per la morte» ed è stata aperta il 17 settembre 2013), sembra essere un punto di raccordo per disperati in cui l’autore, che s’intuisce essere siriano («amo la Siria, mi manca la Siria»), dichiara di voler «dare conforto ai rifugiati siriani e palestinesi sparsi ovunque». Vale a dire che l’intento è aiutare i disorientati, ma dentro vi si trovano anche i numeri dei cellulari per prenotare un cargo diretto in Italia costi quel che costi.
«Fate attenzione a questi due, prendono i soldi e poi cambiano numero e spariscono» recita un post che indica i nomi di Uardi al Uardi detto Abu Ofran in Turchia e Khaled Subhi al Hadid detto Richard o Abu Uald o Khaled al Assacaui in Grecia. Allegata c’è una foto degli interessati scattata col telefonino da un «truffato».
Poco più giù però, compare l’annuncio di «al Baraka Barakatuna» che il 31 dicembre 2014 alle 9,56, augurando a tutti un fine anno di pace, segnala «viaggi novità» per l’Italia senza passaporto e senza visto da Tripoli, in Libano, e dalla Turchia, a bordo di navi da turismo lunghe 125 metri. Prenotazione necessaria, ovviamente, via Viber o WhatsApp (c’è il numero). C’è chi chiede come si fa a raggiungere la Svezia dal Kosovo e chi risponde che è faticoso e molto difficile.
Chi cerca un mediatore a Milano per andare in Svezia (gettonatissima). Chi non sa che procedura seguire per il ricongiungimento famigliare, chi lancia l’Sos per 10 naufraghi al largo di Bodrum, chi denuncia un trafficante palestinese di nome Abu Nasser e chi vorrebbe notizie di Mouhammed Meschinesh imbarcatosi 40 giorni fa e da allora scomparso.
Ma, per ovvie ragioni, sono le promozioni dei «tour della speranza» a balzare agli occhi, quei sogni per direttissima da 5.500 dollari scontabili a 4.500 per gruppi di almeno 25 persone. Sara Sh, profilo attivissimo, propone «viaggi settimanali per l’Italia da Mersin, in Turchia, con imbarcazioni da 80 a 125 metri più notte in albergo inclusa in attesa della partenza e documenti (passaporti siriani, europei e patenti)». Un altro utente, in salvo in Europa, mette in guardia: «Mi avevano promesso un cargo da 100 metri e sono salpato su un motoscafo di 18 metri».
L’orizzonte dei siriani è cieco. Pochi giorni fa il Libano, dove oltre un quarto della popolazione è ormai composto da profughi, ha annunciato che d’ora in poi ai vicini di casa servirà il visto per entrare nel paese dei cedri. Resta il mare, di cui i sopravvissuti postano su Facebook speranze e insidie, come il cadavere riverso tra le onde di Mohamad Issa.
2 - LA BORGHESIA SIRIANA IN FUGA TRADITA DA ASSAD E DAI RIBELLI - I PROFUGHI ARRIVATI A GALLIPOLI E IN CALABRIA NON SONO POVERI MA SCAPPANO DA UN PAESE CHE NEGA LORO OGNI FORMA DI CIVILTÀ
Domenico Quirico per “la Stampa”
monica maggioni intervista bashar al assad
Chi sono questi nuovi profughi sorti dall’innocenza assassina del mare? Siriani, questa volta: dopo i tunisini del 2011 e poi gli eritrei i saheliani gli africani… Personalmente ho attraversato fasi diverse di coinvolgimento con quella che è la storia capitale del tempo che viviamo: le odissee del popolo dei fuggiaschi.
Il mio viaggio con loro, da quattro anni, ha risalito le linee del sangue e della storia, ha seguito l’odore della morte, della paura, dell’odio.
Ha conosciuto il pianto, la stanchezza, l’abbandono e, in modo singolare, anche l’amore. Per comunicare il senso del viaggio dei siriani non posso affidarmi ai fatti puri e semplici. Bisogna avere pazienza: chi dedica loro la nostra carità svogliata e soprattutto coloro che non li vogliono. Perché il filo del racconto con gli uomini, le donne i bimbi di Aleppo, Damasco, di Homs caricati su mercantili affidati al pilota automatico, si inoltra sempre nei sentieri del cuore, della mente e dell’anima.
Ancor più che a Zarzis in Tunisia, a Zawa in Libia, ad Agadez nel sahara, l’altro mare della loro migrazione, questa è la cronaca di un incontro con il male, un male che non ha paragone con nulla che abbia conosciuto in passato. Benché abbia provato il volto della crudeltà in altri luoghi, la Siria è calata in una dimensione da incubo in cui la facoltà di capire e più ancora di pensare razionalmente vengono completamente stravolte.
Fuggono dunque da un Paese di cadaveri, di orfani, di terribili assenze, è una terra in cui lo spirito perde la sua linfa vitale. E dove il leviathano totalitario, il califfato, proietta ormai una ombra scura sul loro futuro.
I profughi non si assomigliano mai, identico è solo il dolore. Quella che sbarca a Gallipoli e in Calabria è soprattutto la borghesia siriana. La maggioranza non è povera: ha attraversato le brutali trasformazioni sociali dell’epoca di Assad padre, ha sperato nella «modernizzazione» autoritaria promessa da Bashar.
Con il denaro ha sperato di sopravvivere perfino alla guerra. Ora fugge: le città in cui la loro vita abituale, talora agiata, è sfumata, da quattro anni sono deserti di cemento e di pietra. Chi ha sperato in una vittoria del regime si è accorto che a fatica Bashar riesce a mantenere le posizioni, a non indietreggiare. Chi ha, spesso senza dirlo, sperato nei rivoluzionari, si è accorto che non saranno loro che prenderanno comunque il potere. Ma i lugubri amministratori della legge di dio, la dittatura islamista votata a una guerra senza fine, contro tutti. Hanno perso la speranza.
Quello da cui fuggono è una terrificante invenzione totalitaria che distrugge, annichilisce, fa a pezzi, sminuzza e polverizza la vita abituale. Puoi immaginare una crudeltà più raffinata? La futura Siria islamista sarà uno stato che non leva la vita, ma la civiltà. Il loro mondo è solo passato, lo leggeremo sui libri, come racconti di Sharazad. Uomini che pretendono di avere con Dio un rapporto esclusivo e feroce lo stanno già cancellando: tutto è empio blasfemo proibito. I vestiti, la musica, lo sport, il vino, la discussione, non ci saranno più giacche, pantaloni, film, partite di calcio. Quello che sta sfumando a tutta velocità è la tua epoca.
La lotta titanica del siriano è di evitare di esser riportato al sesto secolo, al jihad perenne, come unica ragione di vita, perfino per i bambini. Una lotta disperata che si svolge sotto case che crollano sotto i bombardamenti, le angherie dei soldati e dei rivoluzionari, gli squadroni della morte.
Quando arrivano in Italia sono certi che, con il denaro, una vita normale, in Germania o nel Nord Europa dove ci sono comunità siriane, sia pronta: basta pagare. Un biglietto del treno o di aereo per Francoforte e Stoccolma. Non è questo l’Occidente? Si illudono. E lo scopriranno.
A questo pensiamo guardando questi sbarchi; finiamo sempre per guardare, per cercare un brandello di notizie dei luoghi in cui siamo stati, delle persone che abbiamo conosciuto. Come esprimere cosa si prova? Una sorta di attrazione fatale, il dolore per tutto ciò che abbiamo acquistato e perduto nel tempo che abbiamo passato con loro. E una stanchezza dello spirito che si nutre di immagini proiettate e riproiettate mille volte. Tentiamo di raggiungere il pulsante per spegnere il televisore, ma nel buio non riusciamo a trovarlo.
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