Annalisa Cuzzocrea per “la Stampa”
VIKTOR ORBAN GIORGIA MELONI
Sarà pure cipria, ma vien da dire: finalmente. Decine di interviste, ore di talk show, lunghissimi girati di documentate inchieste, non erano riusciti a far dire a Giorgia Meloni quello che adesso - a poco più di un mese dalle elezioni politiche - ha deciso di sostenere: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche».
Ora, lasciamo perdere i tempi verbali. «Ha consegnato», dice la leader di Fratelli d'Italia, come se davvero queste cose le avesse dette e ripetute in tutti questi anni e nessuno se ne fosse accorto. Come se la Fiamma tricolore non ardesse ancora dentro al simbolo del suo partito. Come non ci fossero stati tra i suoi militanti nostalgici saluti romani e richiami al nazismo e al fascismo ogni volta derubricati a folklore, operetta, nostalgia.
giorgia meloni e viktor orban
Mettiamo da parte l'ampia opera di revisionismo sulla Shoah che la destra italiana in tutte le sue forme ha contributo a diffondere, accusando poi di tradimento l'allora leader di An Gianfranco Fini che a Gerusalemme, allo Yad Vashem, si era inginocchiato parlando di «male assoluto».
Anche perché in quel periodo Giorgia Meloni era insieme a Fini, nello stesso partito, e anche se poi lo accusò di aver tradito la destra, è già agli atti il suo rifiuto di antisemitismo e leggi razziali: «Il partito fascista avrebbe potuto dire no a Hitler e non lo fece», disse anni fa (come se si trattasse di una svista, come se quel sì non fosse connaturato alla stessa ideologia fascista, ma cerchiamo di non essere pignoli).
il comizio di giorgia meloni per vox, in spagna 8
La novità è in quella condanna «senza ambiguità della privazione della democrazia», ed è nel successivo richiamo alla libertà che Meloni consegna alla stampa estera in un lungo messaggio recitato in tre lingue diverse: francese, inglese e spagnolo (è un crescendo, perché la terza è sicuramente la lingua che padroneggia di più, ma anche qui chi si divertirà a fare meme e imitazioni non ha capito che tutto questo fa parte - e a ragione - di una narrazione che funziona: Giorgia una di noi. Con le nostre pronunce sghembe, le nostre esitazioni e i nostri "così non si dice" manifesti).
giorgia meloni con viktor orban
Quindi evviva, finalmente un po' più di chiarezza sul fascismo (certo, c'è una riga dopo l'equiparazione al comunismo che anzi ancora vive e fa disastri, perché sotto elezioni non è che il messaggio può essere stravolto completamente), ma insomma, siamo davanti a un passo avanti nel solco della democrazia. Peccato che per difendersi dagli articoli pessimi usciti sulla stampa internazionale, Meloni scivoli in un antichissimo vizio che ricorda il peggior Berlusconi anni '90. A danneggiarne l'immagine non sarebbero la storia del suo partito e le uscite poco felici del suo personale politico. È piuttosto, secondo la sua versione, «il potente circuito mediatico della sinistra, che qui in Italia è molto forte nelle redazioni dei giornali e in quelle dei programmi televisivi».
il comizio di giorgia meloni per vox, in spagna 3
Sembra di risentire il Cavaliere, quando nel 2009 a Porta a Porta parlava della stampa comunista estera cattiva «insufflata dalla sinistra». O di rivederlo quando ai comizi distribuiva libretti anti-comunisti dipingendo qualcosa di simile a mostri a tre teste che mangiano bambini. Vuole rassicurare i nostri principali alleati europei, Meloni. Ma per farlo infanga l'Italia descrivendola come un Paese dalla democrazia interrotta, con i media asserviti a partiti di potere che perdono le elezioni ma restano al governo. Con il solito armamentario vittimistico populista che tanto bene ha portato a un partito molto diverso dal suo, il Movimento 5 stelle, meno di cinque anni fa.
GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN
A dispetto di tutto, poi, quando un leader politico manda un messaggio registrato - seppure in tre lingue - quel che bisogna fare non è solo ascoltare quel che c'è, ma quel che manca. E quel che manca è naturalmente una risposta credibile a quello di cui il segretario Pd accusa Meloni quando dice che la sua è solo un'incipriata: i legami con il premier ungherese Viktor Orban, rimasto vicino a Vladimir Putin (da cui Fratelli d'Italia ha invece preso le distanze) e ideologo di quella "democrazia illiberale" alla quale lo stesso presidente russo si è ispirato.
comizio di giorgia meloni dopo il voto al senato su draghi 4
La fratellanza con il partito di estrema destra spagnolo Vox, definito da tutti i media iberici (saranno comunisti anche quelli?) "neofranchista". Così come non c'è la sua idea di mondo, tutta Dio, Patria e Famiglia (naturale) declinata più volte e questa sì, nostalgica della destra che fu. Vuole rassicurare, Giorgia Meloni, e per questo parla solo di "libertà" e di sostegno all'Ucraina, alla Nato e perfino di quanto tenga - lei che non lo ha mai votato - al Piano di ripresa e resilienza europeo. Bisogna sempre festeggiare i ravvedimenti, se ci sono. Bisogna però sempre guardarsi dai non detti, che restano. E non riguardano solo il passato, sul quale ci sarebbe da fare un'analisi non affrettata, ma profonda, magari in Italiano. Riguardano anche il futuro: una certa idea dell'Italia.