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    DA CINQUE STELLE A QUATTRO GATTI – DIBBA NELLA SUA VESTE DI SCAPPATO DALLA CASA DEL PADRE (GRILLO) INFILZA LA LINEA DURA DEL MOVIMENTO: “LA BASE NON È D’ACCORDO CON LE ESPULSIONI. GIANNI LETTA E' STATO IL RESPONSABILE DELLA CRISI DI GOVERNO” ANNUNCIA FACENDO INTENDERE CHE NON SI METTERÀ A CAPO DEI RIBELLI PER UN’ALTERNATIVA – CRIMI VA AVANTI COME UN CARRO ARMATO E DOPO LA MESSA ALLA PORTA DI 15 SENATORI E 21 DEPUTATI, HA AVVIATO LA CACCIA A CHI È IN RITARDO CON RENDICONTAZIONE E RESTITUZIONI… - VIDEO


     
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    Alessandro Trocino per "Il Corriere della Sera"

     

    DI BATTISTA DI BATTISTA

    E poi non rimase nessuno. Tra le chat degli sconsolati 5 Stelle non espulsi (anzi, non ancora espulsi) gira questa frase, reminiscenza dell'Agatha Christie dei Dieci piccoli indiani . Solo che i 5 Stelle non erano affatto dieci e neanche piccoli. Sono entrati nella legislatura con un plotone di 338 parlamentari agguerritissimi e in tre anni ne hanno persi per strada già una novantina, a cominciare dai primi cinque cacciati prima ancora di mettere piede in Parlamento. Ieri l'ultimo atto, con l'avvio del procedimento di espulsione dal Movimento (oltre che dal gruppo) di una truppa di 15 senatori e 21 deputati.

     

    Ma non è finita, perché si stanno valutando le motivazioni degli assenti e si è aperta la procedura per chi è in ritardo con la rendicontazione e le restituzioni. Come se non bastasse la frattura enorme causata dal no alla fiducia del governo Draghi. La decisione annunciata dai probiviri - con le solite formule generiche e senza dettagli, nonostante si tratti di un atto formale - è contestata da una dei tre, la consigliera di Villorba Raffaella Andreola. Ma a maggioranza Fabiana Dadone e Jacopo Berti hanno deciso di proseguire sulla linea dura tracciata da Vito Crimi e Beppe Grillo. Lo sconcerto e il disorientamento sono enormi, anche in chi è rimasto.

     

    ALESSANDRO DI BATTISTA VITO CRIMI ALESSANDRO DI BATTISTA VITO CRIMI

    Chi è rimasto, poi? Molti non lo sanno, aspettano una riunione per contarsi e capire a che punto sono. Nicola Morra, ancora fermo alla fase del «che fai mi cacci?», ieri auspicava «ragionevolezza». E però già si predisponeva alla battaglia. Con due armi. Il ricorso contro l'espulsione e un voto online tra i militanti come prova di forza contro i vertici. La stessa idea avanzata da Alessandro Di Battista, secondo il quale «la grande maggioranza degli iscritti» non è d'accordo con le espulsioni. L'ex parlamentare si dichiara un «battitore libero»: «Non farò scissioni né correnti». Di Battista, ormai ex M5S, si rivolge ai fan in una diretta Instagram, dall'alto dei suoi 267 mila follower (Crimi, per dire, ne ha 4.400). Lancia la tesi che il governo Conte sia stato fatto fuori da «un complotto ordito da Gianni Letta, con l'aiuto di Matteo Salvini». E naturalmente di Renzi. Includendo nell'operazione anche Emilio Carelli.

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    Di Draghi dice tutto il male che può dire, anche se concede un «vedremo come si comporterà»: «Di lui non mi fido. Ha lavorato alla Goldman Sachs. Ha fatto le privatizzazioni selvagge». Non si fidava neanche del Pd: «Alcuni volevano buttare giù il governo». Conte «è un galantuomo», «è stato anche troppo signore». Quanto alle contestazioni di chi sostiene che non si impegni mai («Che farai, opposizione da Instagram?»), spiega di avere dato due volte la disponibilità a fare il ministro: «Non mi sono sempre lavato le mani. Ho detto sì, ma il Pd ha posto un veto nei miei confronti se non fosse entrata anche la Boschi. E allora non me la sono sentita».

     

    GRILLO DI BATTISTA GRILLO DI BATTISTA

    Per il futuro pensa di impegnarsi nel suo lavoro: «Scrivere reportage». Nel 2018, dice, «ho abbandonato perché ero cotto, fritto». Aggiunge di essere diventato europeista, «ho cambiato idea», ma di volere «un europeismo vero, non cieco atlantismo succube di Washington». Sfumata, se è così, l'ipotesi che Di Battista diventi il capo dei ribelli, bisognerà capire come si organizzeranno. E quanti saranno. Perché gli espulsi finora sono solo quelli che hanno votato in dissenso dalla fiducia: quindi, tecnicamente, i no e i presenti che si sono astenuti.

     

    A chi era assente invece è stata chiesta una giustifica che sarà verificata. In mancanza di certificati e motivi validi, saranno cacciati anche loro. E anche loro, come gli altri, avranno diritto a dieci giorni per fare le loro «controdeduzioni». Il collegio dei probiviri ha avviato anche la procedura contro chi non ha rendicontato i soldi, che dovranno essere restituiti, secondo Statuto. Quote spesso contestate. Alcuni, come Marta Grande e altri, hanno già pagato ma il sistema non ha ancora aggiornato il sito tirendiconto.it .

    ALESSANDRO DI BATTISTA BEPPE GRILLO ALESSANDRO DI BATTISTA BEPPE GRILLO

     

    Altri, e sono quelli nel mirino, sono indietro con le rendicontazioni di oltre dieci mesi: tra questi Baroni, Del Grosso, Galizia, Iorio, Mariani, Sarli, Trizzino, Troiano, Dessì, Puglia e Vaccaro. Anche Paola Taverna potrebbe essere colpita dai probiviri. Per loro non si prospetta l'espulsione (già così è un'ecatombe) ma una sospensione. Intanto si aspetta che Crimi chiarisca le regole per le candidature e l'elezione del direttorio.

    GIANNELLI - LA DANZA DEI 5 STELLE GIANNELLI - LA DANZA DEI 5 STELLE vito crimi vito crimi LUIGI DI MAIO E VITO CRIMI LUIGI DI MAIO E VITO CRIMI vito crimi alle consultazioni vito crimi alle consultazioni vito crimi 2 vito crimi 2 LUIGI DI MAIO VITO CRIMI LUIGI DI MAIO VITO CRIMI

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