Fiamma Sanò per “il Messaggero”
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Elvis Presley era biondo. E questo è un dato fondamentale per rileggere la storia del rock e della moda così come ha fatto Matteo Guarnaccia nel suo ultimo lavoro: Dagli Abba a Zappa. I vestiti della musica (Centauria). Un'agile enciclopedia che racconta 25 icone del rock e del pop secondo il codice specifico della rivoluzione estetica e culturale. Da attuarsi a mezzo pizzi, merletti e camicette. O tinture per capelli: vedi il finto-moro Elvis, vero «punto di svolta», colui senza il quale non ci sarebbe non solo il legame moda-musica, ma neanche il rock'n'roll.
IL METICCIATO
Spiega Guarnaccia: «Il rock nasce come tipologia artistica che esalta il meticciato, in un'epoca in cui le star che si esibivano sui palchi americani - da Duke Ellington a Ella Fitzgerald - non potevano nemmeno usare i bagni del teatro. I neri erano ok se si vestivano bene, facevano i musicisti e i camerieri. Elvis del meticciato ha fatto la sua bandiera. Era biondo, e si tingeva di nero. Ha iniziato solo accentuando: il colletto alzato, i pantaloni più corti che mostravano il calzino, i mocassini. La scelta dei colori: accoppiava il rosa e il nero». Così ha creato il rock'n'roll e distrutto il conformismo.
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E come lui tutti gli altri citati nel libro. Tra Abba e Zappa scorrono, uno per ogni lettera, Michael Jackson, Iggy Pop, Nirvana, Madonna e Bob Dylan. Ci si immagina non sia stato facile selezionarli. E invece no perché, dice Guarnaccia, per ogni lettera c'è il suo inevitabile, che ha cioè cambiato davvero lo status quo. Con un'evidente dominanza del glam, del camp, dell'eccesso: Bowie, Elton John, i Kiss «hanno abbattuto la porta di quello che significava farsi accettare dalla buona società iper controllata, affermando che si poteva essere diversi, interpretando un proprio personaggio». Perché l'eccentricità è sempre esistita, sì, ma appannaggio del «gruppo dirigente, che solo ai suoi figli ha sempre permesso di essere grandi eccentrici, da Krupp alla marchesa Casati». Finché la musica «il modo più semplice e profondo di cambiare le cose» non ha messo in atto la sua rivoluzione: «Con l'avvento del jazz anche i giovani della working class hanno potuto mettere in crisi la società».
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È per questo che nell'enciclopedia non troverete i Beatles, troppo perbenino per la causa in oggetto. In compenso c'è il singolo John Lennon, «nel momento in cui è diventato un problema per la band, e ha iniziato a usare il suo corpo in maniera psichedelica». A proposito: perché non ci sono i Pink Floyd? E nessuno della cricca della psichedelia, tema peraltro molto caro all'autore? «Ritengo che la rivoluzione sia arrivata prima. Loro si sono limitati ad alzare il volume su temi già affrontati» (E poi la P, spetta di diritto al Re Presley). Per la nuova rivoluzione però manca un messia: «Oggi non è facile trovare un abito di scena adatto. Da una parte è necessario creare il fenomeno, ma dall'altra è indispensabile avere il messaggio. È più difficile che attraverso gli abiti se ne possano mandare di decifrabili e leggibili».
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Cronologicamente allora gli ultimi due generi - e dunque stili - citati sono il grunge e l'hip hop perché tutto il resto, compreso il «gender fluid della moda di oggi», che nel rock arriva da Bowie e dagli abiti floreali da vecchia zia di Kurt Cobain, è già stato detto. Guarnaccia conclude: «Il Gucci di Alessandro Michele è la fine di quel mondo che racconto nel libro. Oltre, si dovrebbe tornare al frac dell'orchestrale: la moda funziona a grandi onde, dopo il caos arriva l'ordine».
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IL MOLLEGGIATO
O, per dirla con le parole di Mick Jagger, continua l'autore: «La gente non si veste più come una volta. Dire che mi manca quel modo di vestire normale potrebbe sembrare stupido, proprio perché sono stato io uno dei primi a sfidarlo e rompere le regole. Eppure è così». Un'ultima curiosità: italiani non ce ne sono. Lei chi ci avrebbe messo? Uno solo: «Celentano. Perché ancora oggi è tutt'uno con quello che indossa. Ha davvero inventato il soprabito, la camicia senza collo, i pantaloni bicolore, gli stivali di vacchetta. Ha avuto la capacità di elaborare un messaggio tipicamente americano - ha studiato Elvis, Jerry Lewis - e renderlo coerente in Italia». Però alla C c'era già Cher. Ubi maior, perfino il Molleggiato cessat.
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