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    “L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE? MICA L’AVEVO LETTO. BASTAVA CITARE IL TITOLO” - DAGO RACCONTA COME HA FATTO DIVENTARE IL ROMANZO DI MILAN KUNDERA, SCOMPARSO OGGI A 94 ANNI, UN SUCCESSO POP COL CELEBRE TORMENTONE A “QUELLI DELLA NOTTE” – “COMINCIAI A TENERE CONFERENZE SU KUNDERA E IL SUO OSANNATO LIBRO. CONTINUANDO ANCHE LÌ A FARE IL CAZZARO. E CALASSO DI ADELPHI ERA CONTENTO DI QUESTA PUBBLICITÀ GRATUITA? "NON MI HA MAI FATTO NEANCHE UNA TELEFONATA. UNA VOLTA, ANNI DOPO, L’HO INCONTRATO SULLA SPIAGGIA DI SABAUDIA E…”


     
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    Estratto dell'articolo di Lara Crinò per repubblica.it

     

    milan kundera 9 milan kundera 9

    Correva l’anno 1985, e la sera la tv mandava su Rai2 Quelli della notte, il programma di Renzo Arbore che rivoluzionò la satira in tv. Fu in quel finto salotto, baciato nel momento di massima popolarità dal 50 per cento di share e popolato sera dopo sera dalle più strane bestie televisive, che il romanzo di un allora sconosciuto autore ceco immigrato in Francia, Milan Kundera, con un titolo misterioso e difficile, L’insostenibile leggerezza dell’essere, venne consacrato imprevedibilmente a romanzo di culto.

    dago dago

     

     

    Artefice della magia, in tempi in cui il rapporto tra libri e tv non era quello di oggi, né esisteva per i libri il volano dei social, fu Roberto D’Agostino, chiamato da Arbore a interpretare in trasmissione prima il lookologo e poi l’intellettuale “post-tutto e post-niente”.

     

    E fu in quelle vesti che grazie al tormentone di citare il titolo del libro senza mai raccontarne la trama D’Agostino contribuì a rendere il romanzo  dello scrittore scomparso un fenomeno di massa.

     

     

    dago arbore quelli della notte dago arbore quelli della notte

    D’Agostino, come andò che tra tutti i romanzi scelse proprio L’insostenibile leggerezza dell’essere per prendere in giro gli intellettuali?

    Arbore mi aveva chiesto di "interpretare" l'intellettuale post-tutto e ante-niente, così in auge in quella prima metà degli anni Ottanta. Consideri che eravamo un gruppo, ci piaceva lavorare insieme a ideare Quelli della notte, e avevamo questa cosa molto romana, cinica, di non prendere niente sul serio.

    insostenibile leggerezza dellessere insostenibile leggerezza dellessere

     

    Il mondo dei salotti, il mondo dell’intellighenzia ci faceva molto ridere e ci piaceva dimostrare che nel gioco tra “alto” e “basso” il basso era molto più perspicace dell’alto. Io facevo il “cazzaro”, ma nella consapevolezza che si era chiuso il ciclo degli anni Settanta, della politicizzazione. Volevo far vedere che tipo di formazione avevano gli intellettuali del momento, di cosa si nutrivano.

     

    Citavo il pensiero debole di Vattimo, che nessuno sapeva cos’era, dicevo “edonismo reganiano” e la sera, dopo la trasmissione, fuori da Teulada, la gente gridava “edonismo reganiano”; bastava una battuta per fare un partito, insomma, anche se in realtà quella cosa dell’edonismo descriveva perfettamente il momento storico. Insomma, il libro di Kundera era uscito da poco per Adelphi e mi divertiva l’idea di prendere in giro quelli che si davano un tono acquistando i libri azzurro polvere di Calasso, che ci andavano in giro. Tutto nacque perché c’era una recensione di Severino Cesari, compianto editor dei “cannibali” per Einaudi, al romanzo di Kundera sul Manifesto e pensai che era perfetta.

     

    Insomma, il libro non l’aveva letto, solo la recensione

    dago arbore quelli della notte dago arbore quelli della notte

    Io ero uno che leggeva, leggevo Albert Hirschmann e il suo Felicità privata e felicità pubblica, leggevo l'Estetica del brutto di Johann Karl Friedrich Rosenkranz, leggevo Bonito Oliva e il suo L'ideologia del traditore. Mi piaceva mostrare il meccanismo: erano gli anni di Eco, c’era stato il gruppo ’63, si parlava della fine della letteratura, però poi Eco scrisse Il nome della rosa e ne fece un successo da segretarie, il libro che tutti leggevano.

     

    Insomma, io in tv facevo il pupazzo prendendo in giro un mondo di pupazzi che però era molto paludato e si prendeva molto sul serio. Bastava mettere in fila indiana i titoli che le ho detto prima per ottenere il display del cambiamento, dell'ebbrezza del nuovo e del post-moderno.

     

    ROBERTO CALASSO VISTO DA TULLIO PERICOLI ROBERTO CALASSO VISTO DA TULLIO PERICOLI

    Ma mi mancava “il” titolo che racchiudesse lo spirito del tempo, di quegli anni "senza deposito", né ideologico né morale, che erano gli anni Ottanta. E non ci poteva essere titolo migliore de L’insostenibile leggerezza dell’essere. Sta agli anni Ottanta, come Il giovane Holden ai Cinquanta o Porci con le ali ai Settanta.

     

    Mica serviva leggere il romanzo, bastava citare il titolo e qualche paragrafo della recensione. In trasmissione Arbore la chiamava “la Milan”, come se Kundera fosse femmina…

    roberto calasso roberto calasso

     

    Ma insomma fu così che lo lanciai, perché la gente, la massa si incuriosì. Pensi che assediato da associazioni e librerie e Rotary vari, cominciai a tenere conferenze su Kundera e il suo osannato libro. Continuando anche lì a fare il cazzaro.

     

    E con Adelphi come andò, Calasso era contento di questa pubblicità gratuita?

    Non mi ha mai fatto neanche una telefonata. Calasso la soffriva questa cosa, anche se avrebbe dovuto essere contento. Una volta, anni dopo, l’ho incontrato sulla spiaggia di Sabaudia, l’ho riconosciuto dal riporto che con il vento s’alzava in verticale. Mi sono avvicinato e mi aspettavo un “grazie”, invece ha borbottato qualcosa e mi ha dribblato. Eppure gli ho fatto arrivare uno scrittore che nessuno conosceva sotto tutti gli ombrelloni d’Italia.

     

    Per curiosità, alla fine è andato mai oltre il titolo del libro?

    Ma certo, ho imparato la lettura veloce, a piombo, di traverso alla pagina, e così l’ho letto. E ho scoperto che il libro simbolo degli anni Ottanta parlava degli anni Settanta.

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