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    DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - ARRIVA ANCHE SU PS4 E XBOX ONE L’ORRORE MUTANTE MADE IN ITALY DI “DAYMARE 1998”, ESORDIO SPAVENTOSO E SORPRENDENTE DI INVADER STUDIOS, UN PICCOLO TEAM INDIPENDENTE DI OLEVANO ROMANO CHE CON PASSIONE E SAPIENZA CI INDUCE A RIVIVERE I FASTI DEI CLASSICI DEL TERRORE ELETTRONICO - VIDEO


     
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    Federico Ercole per Dagospia

     

    daymare 1998 daymare 1998

    La doppia anima di Daymare 1998, un “survival horror” sviluppato da un team di dieci persone con base a Olevano Romano che ripristina il classicismo orripilante e la forma spietata del genere. C’è la dimensione spaventosa, il sentore apocalittico, l’angoscia di un contagio orribile, la disperazione della lotta per la sopravvivenza, l’obbrobrio nudo di corpi mutati e mostruosi.

     

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    Poi la storia fiabesca, il realismo incantato, della sua avventurosa realizzazione composta da passioni coltivate e infine appagate, sorprese e sogni che si realizzano: Michele Giannone e soci fondarono Invader Studios nel 2013 cominciando a lavorare ad un remake amatoriale di Resident Evil 2, le cui immagini furono visualizzate e apprezzate dai milioni che le videro in rete così che il video ormai celeberrimo non sfuggì alla Capcom, già al lavoro, allora in segretezza, sul rifacimento ufficiale dello stesso videogame uscito infine l’anno scorso. Ma  non ci furono cause, minacce o rimproveri per i giovani sviluppatori indipendenti, anzi i vertici di Capcom li invitarono ad Osaka e sebbene per ovvi motivi chiesero di interrompere il loro lavoro, proposero di mostrare qualcosa di originale.

     

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    Ecco quindi l’idea di Daymare 1998, che piacque così tanto a Capcom che durante i lunghi anni di sviluppo del gioco continuò a consigliare e supportare Invader Games con il talento e l’esperienza di maestri come Kazuhiro Aoyama (director di Resident Evil 3) e Satoshi Nakai (disegnatore delle creature della saga). Una storia ormai nota, ma che fa bene conoscere o ascoltare ancora una volta, come tutte le belle narrazioni.

     

    Già uscito per PC durante la fine dell’anno scorso, Daymare 1998 è ora disponibile anche per PlayStation 4 e XBox One. E chiunque conosca l’horror nella sua molteplicità di forme e lo ami come occasione consolatoria dall’orrore del reale, ritrovi la sotterranea  ma potente critica socio-politica, intraveda il bello nell’invenzione del brutto e legga una lezione di etica nel racconto del terribile, dovrebbe giocare e ammirare l’opera di Invader Studios , i cui pochi, inevitabili limiti, dimostrano la gloriosa “povertà” della sua nascita, esaltando al contempo la sua quasi impossibile, a tratti incredibile, vacillante ma ferma grandezza.

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    I LUOGHI DELL’ORRORE

    C’è un sottomarino giapponese ancorato negli abominevoli laboratori della Exacore, multinazionale dalle mire scientifiche e militari più laide di quelle dell’Umbrella Corporation di Resident Evil, l’incubo peggiore di ogni complottista. All’interno del sottomarino è ospitata un’arma biologica inviata negli Stati Uniti dai giapponesi sconfitti per vendicarsi delle stragi atomiche di Hiroshima e Nagasaki che avrebbe dovuto annientare la popolazione nord Americana.

     

    Ma il sommergibile naufraga e, ritrovato dopo qualche anno il suo mortale contenuto, diviene il fondamento di ricerche dagli esiti sconvolgenti che perdurano per decenni, coinvolgendo frattanto la popolazione ignara di un’intera cittadina. Il gioco comincia al sorgere di una crisi inevitabile che sboccerà in una ributtante e letale pandemia di pseudo-zombie sciolti e glabri.

     

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    Ci muoviamo dunque nei panni di tre personaggi, due soldati dell’esercito privato della Exacore di cui uno è più spietato dei mostri, e la sventurata, allucinata guardia forestale Samuel. Viaggiamo per i luoghi comuni e i panorami già conosciuti del terrore videoludico, ma rivisitati con talento, originalità e amore da Invader Studios. Oscuri laboratori animati solo dai suoni minacciosi di gemiti schifosi, selve piovose dove il buio è squarciato da lisergiche visioni di morte, le strade riarse di un paese devastato, un ospedale trasformato in scomposto e impietoso obitorio, interni di abitazioni sconciate dalla morte.

     

    C’è varietà di panorami e il deja-vu non affligge ma delizia nella tetra bellezza horror degli scenari, anche quando questa è vagamente penalizzata dalle sbavature tecniche di un’opera che può risultare troppo ambiziosa per i mezzi e le risorse a disposizione ma perciò  ancora più apprezzabile. C’è anche un eccellente senso della planimetria negli spazi di Daymare 1998 che rende l’esplorazione sorprendente, sempre alimentata dalla suspense, dalla volontà della scoperta e dal desiderio d’avventura per quanto macabra sia.

    E poi c’è la musica spintissima nello stile elettro-psicotico di un John Carpenter riletto dai Goblin che contribuisce ad alimentare un ambiente sonoro disperato e agghiacciante.

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    VARIAZIONI SU UN TEMA DI MIKAMI

    Ispirato con devozione e profonda conoscenza dalle opere di Shinji Mikami, inventore di Resident Evil, e dalle intuizioni di Hideki Kamiya, da Dead Space, persino da Silent Hill e Alan Wake, Daymare 1998 non è tuttavia solo un omaggio, sebbene trabocchi di squisite citazioni, perché possiede una sua originalità che ci fa sperare in un futuro brillante, forse entusiasmante, per gli artisti di Olevano Romano.

     

    C’è un sistema affascinante, doloroso e all’inizio ostico per ricaricare le armi con il rischio di smarrire il ricaricatore, è implementato un utilizzo sofisticato delle risorse curative, c’è una tensione al racconto attraverso i documenti che può sembrare squilibrata e prolissa ma favorisce invece un valido e coinvolgente substrato narrativo. I mostri sono disturbanti sebbene i modelli non siano molti e latitino i grandi boss, unico punto debole della progressione orrifica e ludica di Daymare 1998.

     

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    Diceva il grande regista Jean-Daniel Pollet, in una negazione di un vuoto e retorico nazionalismo, che egli si riteneva membro di ogni nazione in base ai poeti, ai filosofi e agli artisti di queste. Siamo ad esempio tedeschi per Goethe e Beethoven, francesi per Hugo e Beaudelaire, inglesi per Shakespeare e Tolkien. E se ci consideriamo italiani per Dante e Rossellini, per Vivaldi e Argento o per la Pimpa ed Elio, oggi è giusto sentirsi italiani anche per gli Invader Studios e la loro invenzione sulla paura, la loro sfrenata passione e per i loro limiti infranti dall’estro e dall’incrollabile volontà di esprimere un’arte. Survival horror assolutamente da giocare, Daymare 1998 non è un capolavoro, ma il sogno di un capolavoro, un’idea che talvolta fatica ad esprimersi fino a quasi oscurarsi ma sempre tentando con coraggio di brillare con la sua piccola luce tra gli infiniti astri dell’oceano stellare.

     

     

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