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matteo salvini commenta la vittoria della lega alle europee da via bellerio 20
La crisi è servita e Salvini sa bene che deve capitalizzare il trionfo europeo con elezioni tra il 20 e il 30 settembre o rischia di perdere tutto con un voto politico nel marzo 2020 dopo la legge di Bilancio che prevede una somma mostruosa: 40 miliardi.
Il difficile per Salvini inizierà, appunto, al momento della finanziaria. Fino ad ora ha gestito la paura: immigrati, rom, sbarchi, decreti sicurezza, con alterne fortune ma comunque a costo zero. Una volta solo al comando, arriverà il momento di fare i conti coi conti. I suoi nemici non sono più dei derelitti che stanno antipatici al suo elettorato, ma i famigerati Mercati con la M maiuscola, tipini che non accettano schiaffi né sfide, perché possono rispondere con armi improprie.
Il Capitone ha una sola idea, e spera sia quella buona: dare la colpa delle disgrazie italiane all'euroburocrazia, sfidare le istituzioni, spingerle al limite della rottura, e poi portare a casa qualcosa, qualunque cosa. In realtà ha un'arma in meno: fino all'anno scorso poteva mettere sul tavolo il pistolone dell'Italexit. Oggi la scena della May in lacrime e l'esito tragicomico dell'uscita inglese farebbe desistere anche il più ardito scommettitore.
A livello personale e politico, non ha tante alternative. Se vivacchia, come i tre governi a guida Pd che si sono succeduti tra il 2013 e il 2018, fa la figura dell'euro-marionetta e perde comunque il grosso dei consensi conquistati, che un anno fa avevano scommesso in Di Maio come Don Chisciotte de' noantri (e abbiamo visto come gli è andata).
matteo salvini giancarlo giorgetti
Ovviamente per il resto degli italiani i rischi sono assai più grandi. Per portare a casa la Flat Tax e la sterilizzazione degli aumenti dell'Iva servono un sacco di soldi, ma proprio tanti. Bisogna indebitarsi ancora, sfondare la soglia del 3% del rapporto deficit/pil. L'operazione è pericolosa e lui non ha una classe dirigente in grado di trattare sui tavoli internazionali.
Il povero Giorgetti è andato a New York e Londra per incontrare investitori e stakeholders stranieri, peraltro con qualche problema di lingua, ma non può mica fare tutto da solo.
may macron merkel
Salvini si ritrova a ''spacciare'' principi sovranisti a un'Europa che alla fine è rimasta perlopiù europeista, con un fronte alleato (Orbàn, Kurz) che non ci pensa per niente a lasciare i conti italiani a briglia sciolta.
L'unico che lo potrebbe appoggiare in una campagna per cambiare gli "stupidi" (copyright Prodi) parametri di Maastricht è Macron, ma dopo tutti gli insulti e l'odio reciproco, non muoverebbe neanche uno dei suoi laccatissimi capelli per aiutare il compagno di danze di Marine Le Pen.
MERKEL E MACRON SGHIGNAZZANO
C'è rimasta solo una cosa che trova d'accordo Merkel e Macron: isolare l'Italia. Conte al summit di Bruxelles è stato rampognato da Angelona, che lo ha cancellato pure dalla seconda linea di quelli che contano in Europa. Per capirsi: prima Francia e Germania si incontravano a due, e il primo che veniva chiamato per comunicare le decisioni era il premier italiano. Adesso quel posto è stato preso da Sanchez, e l'Italia nella cabina di regia è scesa al livello dell'Estonia…
CLAUDIO BORGHI E ANTONIO MARIA RINALDI
Torniamo alla guerra contro gli eurocrati. I consiglieri economici di Salvini, soprattutto Rinaldi e Borghi, gli dicono che l'Italia è too big to fail, che i suoi fondamentali non sono poi così male, che il risparmio privato è una forza nascosta ma indiscutibile, e che una botta di vita spingendo sul deficit – tipo l'abbassamento delle tasse o un piano di investimenti massicci – è indispensabile per non morire di stagnazione, concorrenza cinese e decrescita infelice.
MERKEL MACRON SANCHEZ JUNCKER
Savona gli ricorda però che le istituzioni europee non sono ''I Mercati'', che Bruxelles può darti carta bianca o metterti la Troika fin dentro le mutande, ma se gli investitori istituzionali non si fidano dei tuoi titoli di Stato, non vai da nessuna parte.
Il fucile dello spread è sempre lì a pochi centimetri dagli occhi, e da quando questo governo è al timone, resta parecchio al di sopra del livello garantito al mite Gentiloni. Certo, nel frattempo si è chiuso il quantitative easing di Draghi, c'è una frenata delle economie europee e tante altre cause, ma sappiamo che certe fiammate sono legate anche all'instabile politica economica dei gialloverdi.
PAOLO SAVONA GIANCARLO GIORGETTI GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
La soglia dei 400 punti base funziona sempre come spauracchio, ormai usato anche da Di Maio in campagna elettorale per colpire il suo ''collega''. Bastò per cacciare Berlusconi, basta per cacciare qualunque premier: ora più di allora, visto che nel frattempo le banche si sono riempite di Btp.
Non a caso, Paragone oggi ha detto che Salvini dovrebbe andare a occupare il Ministero del Tesoro. Della serie: se ora comandi tu, è giusto che la faccia sui numeri ce la metta tu. Troppo comodo scaricare le rogne e la colpa dei ''no'' su Conte e Tria, due che l'elettorato non percepisce vicini alla Lega, anzi li ''appioppa'' ai grillini, al partito dei tecnici o al massimo al Quirinale.
A neanche tre giorni dalla vittoria alle urne, il leader leghista è stato randellato dalla letterina della Commissione europea sul debito e pure dalla Corte dei Conti. La scelta torna sempre al solito, esistenziale, quesito: meglio una fine spaventosa o uno spavento senza fine? Al momento, galvanizzato dal voto, Salvini propende più per la prima opzione. Ma potrebbe trovare ostacoli too big to face, troppo grandi da affrontare…
ANGELA MERKEL E MARITO IN SPAGNA CON PEDRO SANCHEZ E MOGLIE