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Cosa si sono detti davvero, nelle loro lunghe telefonate, Beppe Grillo e Mario Draghi? I due, da quando “Mariopio” si è insediato a palazzo Chigi, hanno preso la buona abitudine di sentirsi periodicamente.
Un filo diretto per fare il punto sull’azione di governo, le oscillazioni della maggioranza, il comportamento dei Cinquestelle nell’esecutivo. I due hanno simpatizzato: è stato facile amalgamare il cinismo romano di Draghi e le battute folgoranti di Grillo. In una delle tante chiacchierate “L’Elevato di torno” deve aver spinto sull’acceleratore sul suo “amministratore delegato” Giuseppe Conte.
MARIO DRAGHI E SERGIO MATTARELLA - FOTOMONTAGGIO DI BEPPE GRILLO
Lo scetticismo di BeppeMao per l’avvocato di Volturara Appula è di vecchia data e consolidato. In passato lo ha folgorato certificandolo come un “senza quid” (“Non ha visione politica né capacità manageriali”, “ha presentato uno statuto seicentesco”). La tensione tra i due arrivò alle stelle al punto che Di Maio e Fico furono costretti a correre a Genova per cercare di mettere pace tra i due, che tra un ‘vaffa’ e l’altro rischiavano di far deflagrare il Movimento Cinquestelle.
GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO
Lo scetticismo di Grillo verso Conte, mai superato, diventa una gag al limite del tormentone durante le chiacchierate con Draghi. Quelle esternazioni sapide, confezionate a mo’ di battuta, che un comico come Grillo spara senza pensarci troppo su.
Draghi, che come il fondatore del M5s non è un politico e non brilla certo per cautela, deve aver fatto eco all’ironia su Conte con una controbattuta romanesca. Della serie: “Ma se non ti piace proprio, se lo ritieni così inadeguato, perché te lo tieni? Perché non lo mandi via?”. Una di quelle salaci rispostacce che uno come Andreotti, ai tempi di palazzo Chigi, avrebbe evitato di sparare per non accendere eventuali rogne nella rissosa maggioranza di governo. Un botta e risposta, quello tra il comico e Mariopio, finito lì, tra risate complici.
fico grillo di maio
Quando Beppe Grillo, martedì scorso, ha avuto un confronto con Conte, due big del M5s e il sociologo De Masi, ha riportato la chiacchierata da bar avuta con Draghi, ma da gran paraculo girandola a suo merito: “Ma come, ti ho pure difeso da Draghi che voleva che ti cacciassi!”.
BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
Una spacconata da cazzaro che non solo non rispecchiava la verità ma che gli attribuiva la volontà di proteggere la “Pochette che cammina” che non ha mai avuto (il più inflessibile critico di Conte è stato proprio Grillo). In quel momento la “rivelazione” è rimasta sul tavolo, tra una birra e un caffè. Nessuno l’ha raccolta né rilanciata. Forse perché tutti i presenti l’hanno presa per quel che era: una fanfaronata.
Ci ha pensato quel vanesio di Domenico De Masi, vicino a Travaglio, a innescare la polemica con l’intervista, il 28 giugno, a “Un giorno da pecora”: “Grillo si è incontrato coi parlamentari, ha detto un sacco di cose, per esempio che Draghi gli telefona continuamente e gli parla pure male di Conte”.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Travaglio ha fiutato l’aria e ha capito di poter usare la bischerata tra Grillo e Draghi come grimaldello per spingere Conte e il M5s fuori dalla maggioranza e dal governo. Il 29 giugno, infatti, il “Fatto” ha soffiato sul fuoco e ha intervistato De Masi per fargli ripetere a pappagallo la versione più “utile”: “Secondo Grillo, Draghi gli ha chiesto di rimuoverlo dal M5S, perché inadeguato. Io sono insorto, mi sono messo a urlare: ‘È indecente, si parla del tuo presidente, con quale diritto Draghi vi chiede questo?’”.
domenico de masi
Insomma De Masi, da bravo napoletano, ha fatto il pazzariello indignato salvo poi riconoscere, sempre nell’intervista al “Fatto”, che “il rapporto di Grillo con Conte è conflittuale”: “Per come lo decodifico io. Penso che Beppe abbia paura di perdere il Movimento, il suo figlio politico. Teme che Conte gli tolga potere”. Insomma ha riconosciuto che il primo a voler silurare Peppiniello Appulo è proprio BeppeMao.
Conte s’è inviperito come non mai: dopo aver preso a schiaffi da Grillo, bastonate alle amministrative, dsubito la mega-scissione di Di Maio & friends, quando ha sentito che pure Draghi lo considera irrilevante, inadeguato, poco più di uno scatolone da dismettere, è andato su tutte le furie.
BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - LUIGI DI MAIO - BY MACONDO
E’ salito al Quirinale con passo marziale per comunicare a Mattarella tutta la sua frustrazione e per far trapelare le sue riflessioni, cioè l’intenzione di uscire dalla maggioranza. La Mummia Sicula, con fare sornione, ha ascoltato lo sfogo e poi ha messo Peppiniello Appulo davanti alla più amare delle verità: Caro Conte, se esci dal governo, in una fase così delicata per il Paese (pandemia, guerra e recessione alle porte), è solo una tua responsabilità.
Con la diaspora guidata da Di Maio, caro Conte, il governo ha i numeri per reggere anche senza quel che resta del M5s. Quindi per Draghi non ci sarebbe alcun problema. Ci sarebbe invece per i parlamentari cinquestelle che, uscendo dalla maggioranza e dal governo, dovrebbero lasciare gli incarichi di sottogoverno e nelle commissioni. Peggio andrebbe se saltasse la legislatura e si tornasse subito al voto: potrebbero dire addio al vitalizio, non ancora maturato (scatta a ottobre).
giuseppe conte mario draghi
Ma è questa la priorità politica di Conte? Peppiniello si ritrova un Movimento esanime nei sondaggi (7%), con una scissione parlamentare che ne ha quasi dimezzato le forze, con gli ultimi colonnelli fedeli (Taverna, Crimi, Fico) incazzati come bisce per il “no” di Grillo alla proroga al limite dei due mandati e con l’assenza di un candidato per le regionali in Sicilia dopo il passo indietro coatto di Giancarlo Cancelleri (anche lui ha raggiunto il limite dei due mandati).
BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE
Di tutta questa ridicola vicenda, resta però l’insipienza politica di Draghi. Non è un politico e si vede: costretto a tornare da Madrid nottetempo a Roma per metteree una pezza all'increscioso incidente.
Da presidente del Consiglio non può inanellare una gaffe dopo l’altra, con tale leggerezza. Già aveva avuto un pessimo impatto l’attacco a Erdogan (“Un dittatore di cui si ha bisogno”), poi ha rincarato la dose con il suo personale bando a Putin al prossimo G20 (“Non ci sarà”) che ha fatto incazzare Mosca (“Non decide lui”). Parole suonate come un maldestro attacco al Cremlino proprio in un momento in cui è necessario imbastire una trattativa per la pace.
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