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SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

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DAGOREPORT

giovanbattista fazzolari giorgia meloni - foto lapresse

Se gli affari diplomatici degli Stati Uniti, dall’Ucraina a Israele trapassando l’Iran, lo psico-demente della Casa Bianca li ha affidati nelle mani di un suo amico immobiliarista, tale Steve Witkoff, che, pur essendo totalmente a digiuno di geopolitica e di diplomazia, ha in sostanza sfanculato il ruolo di segretario di Stato ricoperto da Marco Rubio, dall’altra parte dell’Oceano, Giorgia Meloni ha anticipato Trump con la nomina di Giovambattista Fazzolari a sottosegretario all’attuazione del programma del governo.

 

Pur essendo “senza portafoglio”, il potere accumulato sulla sua scrivania dall’ex dirigente di seconda fascia della Regione Lazio (2018), vale mezzo governo. Di più: la Ducetta considera Fazzo il suo “genio della lampada”: ogni dossier strategico, dalle banche alle nomine nelle partecipate, davanti a qualsiasi insidia di maggioranza, eccolo che arriva con la fatidica frase: “Me la vedo io!”.

 

Steve Witkoff e donald trump

Ringalluzzito dal fatto che la sua “gabbianella” di Colle Oppio diventata ‘’premier della Nazione” sia ritornata da Washington senza gli occhi neri (come Zelensky) e un dito al culo (come Netanyahu), l’Eminenza Nera della Fiamma è sbucato, dopo due anni di dominus all’ombra del low profile, tipico del gran burattinaio, è arrivato a cianciare di politica estera.

 

Così, alla faccia del ministro degli Esteri, l’imbelle Antonio Tajani, l’entusiasmo del Fazzo è stato virgolettato ieri da “Repubblica”: “Il vertice Ue-Usa potrebbe tenersi a Roma, a maggio, o anche prima, che dovrebbe essere allargato anche agli altri 27 leader degli Stati Ue’’, perché l’obiettivo di fondo è ’’evitare la frattura dell’Occidente’’, ha gongolato il braccio esecutivo (e teso) del governo Meloni, brindando ovviamente alla faccia di Macron e Starmer, immaginandoli già costretti a chiedere, col tovagliolo su braccio, alla ’’Giorgia, Pontiera dei Due Mondi” di ammansire il Demente di Mar-A-Dazio.

 

giorgia meloni e donald trump nello studio ovale 4 foto lapresse

Premesso intanto che i tre mesi di ‘’pausa dazi” annunciati obtorto collo da Trump, sotto la spinta del cataclisma che aveva e sta ancora sconquassando borse e mercati, scadono in data 30 giugno e saranno preceduti dal summit della Nato previsto a L’Aja dal 24 al 26 mattina (a cui prenderà parte il Caligola americano), perché a partire dal pomeriggio del 26 fino al 27 andrà in scena il Consiglio Europeo presieduto dal portoghese Antonio Costa, sul tema dei dazi e della guerra ucraina, la “robba” è tanta e i giorni sono contati.

 

Ma, secondo il “Kissinger” di Colle Oppio, bisogna stare tranquilli: ‘’King Donald” a maggio dovrebbe scapicollarsi a Roma dove la sua “fantastica premier” from Garbatella lo aspetta per apparecchiare, da brava diplomata all’Istituto Professionale Alberghiero Amerigo Vespucci (il ‘’bibitaro’’ Luigi Di Maio, almeno aveva conseguito il diploma di liceo scientifico), il fatidico negoziato per evitare la guerra commerciale tra Stati Uniti e i 27 paesi dell’UE.

 

JD VANCE - GIORGIA MELONI - ANTONIO TAJANI

‘’Con ogni probabilità né il presidente francese né il primo ministro spagnolo hanno intenzione di regalare tanto facilmente a Meloni il ruolo da co-protagonista (assieme a Von der Leyen) in un'eventuale trattativa con gli Stati Uniti”, scrive Francesco Malfetano su “La Stampa’’.

 

“Parigi e Madrid preferirebbero infatti che il vertice si tenesse a Bruxelles a giugno. […] L'Italia, invece, propone Roma, anche a costo di fare un nuovo sgarbo alla Turchia. Il 17 maggio il presidente americano terminerà la sua visita in Arabia Saudita e, stando a fonti americane, starebbe ragionando sulla possibilità di far tappa ad Ankara. Questa, però, se Meloni dovesse riuscire ad inserire una sosta in Italia nell'agenda del tycoon, potrebbe finire con il saltare”.

 

FEZ-ZOLARI - MEME BY DAGOSPIA

Continua il quotidiano torinese: “Non proprio un gesto distensivo nei confronti di Recep Tayyip Erdogan che già non ha particolarmente apprezzato lo slittamento del vertice intergovernativo tra Italia e Turchia (riprogrammato per il 29 aprile) dovuto alla scelta di Meloni di volare a Washington nei giorni scorsi. Per questo c'è chi non esclude che il vertice in Italia possa tenersi il 14 maggio, prima dell'arrivo nel Golfo del presidente Usa”.

 

Ma a parte l’agenda così inzeppata di summit, uno più strategico dell’altro, la questione delle “tariffe reciproche” è una partita di poker che scodella sul tavolo mille e complessi dilemmi che vanno preparati nei minimi dettagli e che non si risolvono con quattro fregnacce sparate davanti alle telecamere dello Studio Ovale, poi “passata la festa, gabbato lo santo”.

 

Una settimana fa il commissario europeo per il commercio, lo slovacco Maros Sefcovic è tornato dalla sua missione da Washington con la coda tra le gambe: “Non ho capito cosa vogliono gli Usa. E non è una questione linguistica”, ha sottolineato.

 

MEME SULL INCONTRO TRUMP MELONI - BY FAWOLLO

Del resto, dal 20 gennaio del 2025 stiamo assistendo basiti a una realtà politica che va al di là di “Black Mirror”: la Storia si ritrova per la prima volta davanti un presidente del fu Impero Americano che è del tutto irrazionale, quindi imprevedibile, dunque capacissimo di affermare una cosa per smentirla due ore dopo.

 

“Le sue politiche continueranno quasi certamente a essere un misto di idee deliberatamente pianificate e ben eseguite, e di altre improvvisate sul momento,” ha affermato Karl Rove, l’ex vice capo dello staff della Casa Bianca sotto la presidenza di George W. Bush. “Il presidente e i suoi consiglieri passano da una cosa all’altra, apparentemente in modo casuale,” aggiunge.

 

Ma, come avverte Claudio Tito nell’articolo a seguire, la strada per la gloria di “Io so’ Giorgia” è cosparsa di buche e di chiodi grossi così…

 

DA PARIGI A MADRID E VARSAVIA CRESCE L’ASSE DEL DISSENSO - AVVISO A URSULA: RESTIAMO UNITI

Articolo di Claudio Tito per “la Repubblica” - Estratti

 

von der leyen macron meloni

Il triangolo di Weimar allargato alla Spagna. Sulla strada che nei piani di Donald Trump e Giorgia Meloni dovrebbe condurre ad un summit Ue-Usa a Roma, si stanno mettendo di traverso i quattro Paesi principali dell’Unione europea: Francia, Germania, Polonia e Spagna. Con sfumature diverse, con accenti non marcati nello stesso modo. Ma tutti con diversi dubbi. Una “geografia” del dissenso che mette insieme gli Stati del Triangolo di Weimar (Parigi, Berlino e Varsavia) con l’iberica Madrid.

 

Il punto è che un vertice nella capitale italiana li convince davvero poco. Nel metodo e nel merito. E da ieri sono partiti dei messaggi chiari in questo senso anche alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

 

VERTICE A PARIGI - ELISEO

Si è allora subito formato un asse tra Emmanuel Macron e Pedro Sanchez. Entrambi considerano sbagliato offrire al presidente americano il palcoscenico che lui ha scelto.

Credono che convocare con queste modalità il primo incontro tra l’Unione europea e gli Stati Uniti equivalga a mettere l’Ue in una posizione di debolezza. Per di più l’idea che sia la presidente del consiglio italiana, ossia la più trumpiana dei leader europei, a gestire l’evento non li persuade affatto.

 

giovanbattista fazzolari e bruno vespa a saturnia

Nei contatti informali che nelle ultime ore hanno riguardato anche Berlino, sono emersi molto dubbi — anche se meno pressanti — da parte del futuro Cancelliere tedesco, Friedrich Merz. Per due motivi: battezzare di fatto il nuovo governo di Berlino con un summit organizzato da Meloni per favorire Trump non risulta pienamente persuasivo. In considerazione anche del fatto che tra i primi obiettivi della guerra commerciale mossa dalla Casa Bianca, sicuramente c’è la Germania.

 

Poi c’è la Polonia che si vedrebbe superare nel suo ruolo di presidente di turno dell’Ue. Il premier Tusk non sta apprezzando questa eventualità. Per non contare che le riunioni di questo tipo sono convocate dal presidente del consiglio europeo, Antonio Costa, che vede con sospetto l’ipotesi di discutere con il tycoon americano in Europa fuori dalle sedi istituzionali dell’Ue.

 

friedrich merz

Sarebbe l’accettazione delle critiche asperrime lanciate dalla nuova amministrazione statunitense contro il Vecchio Continente. Accuse che il vicepresidente Usa, J.D. Vance, ha rinnovato nelle ultime 48 ore durante gli incontri con il governo italiano. Insomma l’iniziativa di Palazzo Chigi per il momento ha un esito tutt’altro che scontato.

E infatti le stesse quattro capitali stanno trasmettendo a Ursula von der Leyen un messaggio ulteriore.

 

Se l’Europa — è il concetto di fondo — ritenesse di non accettare le condizioni poste dal presidente americano, allora lei non può correre il rischio di mostrare un’Unione spaccata recandosi in solitaria al summit romano. La preoccupazione, dunque, è che la responsabile dell’esecutivo comunitario decida di partecipare da sola alla riunione adducendo la motivazione che quella sul commercio è una competenza esclusiva della Commissione.

 

Una scelta del genere, è il timore emergente, è che si offrirebbe l’immagine di un’Ue debole e impaurita. E se poi si verificassero incidenti — eventualità certo non remota con The Donald — diventerebbe più difficile difendere il ruolo delle istituzioni europee.

GIORGIA MELONI STRETTA TRA SALVINI E TAJANI SU POLITICO

 

[…]  Le richieste del “Commander in chief” rappresentano un martello che si abbatte sull’incudine europea. Non è un caso che anche il recente incontro a Washington del Commissario al commercio, Maros Sefcovic, si sia risolto con un nulla di fatto.

 

Le pretese statunitensi erano al di sopra anche di una logica negoziale: dall’azzeramento unilaterale dei dazi alla cancellazione di iva e web tax (quindi anche la digital tax italiana), dai maggiori acquisti di gas liquido americano alla crescita degli investimenti di armi prodotte negli Stati Uniti a scapito quindi di tutte le industrie europee del settore. Tutti punti, dunque da risolvere prima del summit. Se possibile.

giorgia meloni emmanuel macron foto lapressegiovanbattista fazzolari giorgia meloni